Giornate nere.

2K 136 32
                                    

TW: ansia

Simone lo sa che non passerà mai.

Che pure se i giorni buoni sono, gradualmente, aumentati, arriverà, prima o poi, un giorno ad azzerarli.

Che pure se durante i giorni buoni quelle terribili sensazioni sembrano lontane, dimenticate, in realtà sono sempre lì in agguato, pronte a ritornare a galla.

Che basta un niente per scatenarle, per risvegliare.

E ritornano il soffocamento, la mano immaginaria intorno alla gola, i polmoni troppo piccoli per contenere abbastanza aria da permettergli di respirare in modo normale.

Ritorna il buco allo stomaco, le mani che tremano, la tachicardia.

Ritorna la voce spezzata, tremolante, bassa.

Lo sguardo spento, i suoni ovattati, il mondo intorno che si muove lentamente mentre il suo cervello inizia ad andare in iper ventilazione, muovendosi molto più veloce di quanto dovrebbe mandandolo in confusione.

E gli dà fastidio tutto, tutto lo disturba, qualsiasi rumore, qualsiasi suono.

Improvvisamente la voglia di fare la qualsiasi cosa si azzera e vorrebbe solo confinarsi in camera sua, restare sotto le coperte e tenere gli occhi chiusi sperando di addormentarsi e risvegliarsi quando quel giorno si sarà trasformato e sarà diventato un giorno buono.

La sveglia gli è suonata da un pezzo e il cellulare è abbandonato sulle lenzuola e sembra mettergli fretta, sembra urlargli che deve sbrigarsi, che ha da fare, che si sta facendo tardi e che, se non si alza in quel momento, sprecherà una giornata.

E l'idea di sprecare il tempo, di non fare nulla invece che portare a termine i suoi doveri non fa altro che far stringere ancora di più quella presa intorno al suo collo e togliergli l'aria ancora di più.

Più pensa di doversi dare una mossa e fare cose più vuole restare a letto. Ma più resta a letto più la sua ansia gli ricorda che, invece, deve alzarsi.

Ed è un circolo vizioso a cui vorrebbe porre fine senza, però, riuscirci.

Perché ha le forze a zero, perché si sente prosciugato dai pensieri e dai doveri.

Che poi, nessuno gli impone di fare quelle cose e di finirle entro una certa data.
È lui ad imporselo.
E razionalmente sa che potrebbe fare un'eccezione per una volta e restarsene a casa.
Ma c'è quella piccola parte di lui che ama tormentarlo, che ama sgonfiare i suoi polmoni, camuffata da senso del dovere, che gli urla che non può, che non deve. Categoricamente. Come se dalla sua decisione di non fare nulla dipendessero le sorti del mondo.

E gli viene da piangere ma non riesce a fare nemmeno quello, non ha la forza nemmeno per quello.

Così resta inerme sul letto, la faccia in giù sul cuscino e la voce della sua coscienza a fargli da compagna indesiderata.

Sente il cellulare vibrare ma lo ignora, non ha voglia di vedere chi sia, non ha voglia di parlare con nessuno, dovrebbe dare spiegazioni sul perché è ancora a letto, sul perché non vuole alzarsi e non ce la fa.

Ci sono solo due opzioni su chi possa essere a chiamarlo a quell'ora: suo padre o il suo ragazzo Manuel.
E nonostante, solitamente, loro siano gli unici con cui parlerebbe sempre, in quel momento non ne ha voglia.

Ma il cellulare continua a vibrare, vibrare, vibrare.

E pure quel rumore gli dà un fastidio immenso.
Infatti, decide di rispondere pur di farlo smettere, sicuro che la persona dall'altro capo del telefono non si sarebbe arresa facilmente.

In ogni universo || Simone x Manuel || Raccolta di OSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora