Capitolo 6

980 79 5
                                    

Era sempre lo stesso sogno, ma stavolta riuscivo a vedere di più la scena e a sentire quello che dicevano.

#Mi svegliai durante il sonno sentendo i soliti urli di mia madre. Mi alzai velocemente per andare a vedere che cosa succedeva e stavolta riuscivo a vedere la porta della stanza in fondo al corridoio. Era socchiusa quindi la aprii leggermente senza farmi sentire e vidi le due persone che urlavano furiosi: è mia madre con mio padre in una violenta lite.

"Smettila di comportarti così sei un uomo non più un ragazzino e hai una famiglia sulle spalle! Sto facendo del mio meglio per salvare questa famiglia ma tu così non mi aiuti! Sopporto tutti i tuoi urli da pazzo, i tuoi tradimenti e addirittura gli schiaffi ora basta non ce la faccio più io non sono un giocattolo!" Urlò mia madre furibonda. Non sapevo che mio padre la torturasse in questo modo. Sentii una rabbia accendersi nel mio corpo che venne subito sostituita dalla paura dopo il gesto che stava per fare mio padre: aveva caricato la pistola senza esitare un secondo e l'aveva puntata sulla tempia di mia madre dicendo:

"Ti sei stancata? Non vuoi più fare il giocattolo, non vuoi più essere picchiata e urlata contro da un pazzo? Sai che io sono capace di premere il grilletto e non mi importa di ucciderti lo sai che non mi importa niente di te e di tutta questa famiglia, basta che io sto bene. Del resto non mi importa!" Mia madre era paralizzata dal terrore e nei suoi occhi leggevo un enorme paura e sapeva che sarebbe stato capace di ucciderla. Vedevo le sue lacrime agli occhi pronte a inondarle il viso ma il suo autocontrollo era più forte di quanto immaginassi. Non voleva farsi vedere debole da lui ma non poteva evitarlo in una situazione del genere... una lacrima le rigò il viso.

"Dammi un buon motivo per non ucciderti ora!" E mia madre rispose subito:

"Perché ci sono le tue due figlie, anzi le nostre figlie che stanno dormendo nella loro camera e non puoi lasciarle senza una madre e un padre! Loro meritano la felicità non ti hanno fatto niente, non c'entrano niente in tutto questo, sono delle bambine innocenti!" Disse urlando e singhiozzando. Iniziai a piangere anche io. Pregai Dio che non premesse quel grilletto o sarei morta insieme a mia madre. Nel momento in cui pensai che non potrebbe fare una cosa del genere disse questa frase:

"Non è un buon motivo, mi dispiace, anzi non mi dispiace affatto!"

Tutto si fermò.

Per un secondo, in quel secondo volevo buttarmi davanti a mia madre prendendomi il proiettile al suo posto. Ma non riuscii a muovermi ero paralizzata dalla paura e dal dolore in ogni millesimo di quel secondo che passava. E all'improvviso, lui sparò senza rifletterci un istante...

HA SPARATO!, pensai, HA UCCISO MIA MADRE SENZA UN MINIMO DI VERGOGNA! Sentii solo rabbia invadermi il corpo e quando feci per entrare nella camera, mio padre uscì e dalla sua espressione capì che io avevo sentito tutto e avevo visto tutto. Il dolore che provavo era atroce, così forte da potermi uccidere e la rabbia verso mio padre che mi portò ad andargli addosso, sapendo che non gli avrei fatto niente piccola com'ero confronto a lui. Mi diede uno spintone e mi fece cadere per terra dando una forte botta alla nuca e poi vidi tutto nero come se mi fossi addormentata.#

La sveglia suonò facendomi saltare e io mi svegliai dall'incubo, chiaramente troppo strano.

Perché continuavo a fare quel sogno? I miei genitori morirono in un incidente stradale e invece avevo sognato che mio padre aveva ucciso mia madre, mi aveva strattonato per terra ed era scappato. Solo al pensiero mi salii una rabbia dentro da voler buttar giù la camera intera, ma era solo un incubo (dicevo tra me e me) quindi dovevo calmarmi. Poi dovevo essere rilassata, era il mio primo giorno di prova al lavoro. Ero ansiosa ma anche molto eccitata all'idea che mi avrebbero assunto e che avrei potuto aiutare i miei nonni con le bollette e pagare le cure per il nonno. All'idea di vivere senza nonno il mio cuore affonda in una tristezza che mi invase tutto il corpo, riuscii a riprendermi dal brutto pensiero e mi sbrigai a prepararmi con la paura di fare tardi.

Quando ebbi finito presi la borsa, mi abbassai per staccare il telefono dal caricatore e li portai entrambi con me. Uscii di casa e cominciai a guidare, con le farfalle allo stomaco, verso l'azienda Venere.

Tu sei la mia musica [IN REVISIONE] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora