Capitolo 33.

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Torno a casa fumante di rabbia e urlo: "Stella! Andiamo all'ospedale così tu potrai vedere Josh ed io andrò da quello stronzo di Carlisle!"

Stella è assente, ma annuisce e mette la giacca. Ha gli occhi gonfi di lacrime, non è giusto. Tutto questo sta succedendo per causa sua ed io gliela farò pagare con le buone o con e cattive. Mi avvicino a mia sorella e gli prendo il viso tra le mani. Gli bacio la fronte e sussurrò: "Hey, piccola... Andrà tutto bene vedrai". Lei mi guarda tristemente e annuisce di nuovo uscendo di casa. Faccio per seguirla ma mio padre mi blocca per un braccio.

"Bella, è troppo rischioso andare da lui. E se ti facesse qualcosa?" Dice impaurito.

"Papà, voglio sistemare questa situazione. Prima ho visto Edward e non voglio rivederlo così, in quel luogo per il resto della vita ingiustamente! Carlisle non la farà franca e giuro che, cascasse il mondo, io sistemerò tutto renderò giustizia a mia madre". Dico tutto d'un fiato. Lui mi guarda intensamente nel gli occhi. Non riesco a capire realmente la sua espressione. Sembra stupito dalle mie parole.

"Va bene, ma permettimi di venire con te". Annuisco e salutiamo i nonni con un gesto della mano. Stella ha spiegato loro tutto quanto, ma non sapevano che io mi stavo muovendo per risolvere le cose. Li avrebbe sicuramente fatti preoccupare e adesso non c'è tempo per quella.

Entrai in macchina nel posto del guidatore e parto a tutta velocità sotto i richiami impauriti di papà. Stella se ne sta al sedile posteriore con lo sguardo perso. I miei pensieri balzano subito al viso di Edward, a quanto fosse frustrato, si sente in colpa lo so. Ma realmente la colpa è mia. Se avessi ricordato prima chi fosse l'assassino di mia madre adesso staremmo tutti tranquilli a guardare la TV e a ridere e scherzare tra di noi. Invece Edward è in prigione, Carlisle e Josh all'ospedale e quest'ultimo, per di più, in coma. Evito di pensare a quanto Esme stia soffrendo ora, avere un figlio in coma, non è certo una bella cosa. Anzi è terribile... quella donna è davvero forte. Quel povero ragazzo innocente che adesso si trova in quel lettino senza sorriso per causa di suo padre. Come fanno ad essere così maligne le persone? Così fredde e menefreghiste anche di fronte ai propri cari, sì proprio figli? Creano dolore così facilmente che non si rendono conto delle conseguenze, di quello che potrebbe succedere. Di come potrebbero reagire le persone al dolore. Il dolore è l'emozione più forte secondo me. Ed è più forte perché è quello che dura di più, e potresti sopravvivere, oppure continuare a viverci, oppure la tua anima non ce può fare e rinuncia a lottare. Muore.

Arrivò davanti all'ospedale e, praticamente, corro verso il centro informazioni. "Sto cercando Carlisle e Josh Cullen". Dico nervosamente. La ragazza con gli occhiali guarda su una cartellina e poi mi guarda con tristemente sussurrando un "mi dispiace" riferendosi al come di Josh. Le sorrisi amaramente poi lei annuncia: "Josh è al secondo piano, stanza 42. E Carlisle è al terzo piano, stanza 85". La ringrazio e ci avviamo agli ascensori.

"Sei ancora sicura, Bells?" Chiede papà.

"Mai stata più sicura di così". Rispondo.

Guardo Stella che è quasi sul punto di piangere di nuovo. "Forse è meglio se vai con lei, io appena ho finito vi raggiungo". Accarezzo i capelli di Stella, ma lei non fa un fiato. Mi fa male vederla così, ci tiene davvero tanto a Josh e si vedeva da come sorrideva quando era con lui.

"Va bene, ma sta attenta. Mi raccomando!" L'ascensore arriva al secondo piano e loro scendono. Premo il pulsante con scritto "3" e guardai i loro volti finché le porte non si chiusero. All'improvviso il battito cardiaco aumenta e l'ansia comincia a salire, ma non mi faccio sopraffare perché so che appena vedrò il suo volto la rabbia comparirà come per magia.

Le porte del l'ascensore si aprono ed io scatto fuori mettendomi subito alla ricerca della stanza.

"71... 73... 75..." Leggo i numeri a mente, mentre correvo per il corridoio. Le persone mi guardano come infastidita dalla mia velocità e i dottori mi trucidano con lo sguardo, ma poco importa. Di certo non saranno loro a fermarmi. "81... 83... 85!" Esclamo nella mia testa. Fuori dalla sua porta non c'è nessuno, niente dottori e niente infermiere, meglio così. Prima di entrare prendo il cellulare e attivo la registrazione vocale silenziando l'audio. Sicuramente avrebbe detto qualcosa e io al momento del processo sarò pronta a sputtanarlo davanti a tutti avvocati e giudici. Metto in mano sulla maniglia e senza bussare entro nella stanza.

Tu sei la mia musica [IN REVISIONE] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora