CAPITOLO 1

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Sono le sette del mattino e sento la sveglia suonare. Mi rigiro più volte nel letto sperando che questo suono smetta di farmi esplodere le orecchie. Non accade. Mi alzo, faccio tacere quel vecchio ferro e inizio a prepararmi per il primo giorno di scuola del quarto anno di liceo. Ho diciassette anni.

Mi sono trasferita a Beacon Hills da un piccolo paesino un paio di mesi fa. Sono venuta qui con mia zia Grace, la sorella minore di mio padre, che si prende cura di me da quando i miei genitori sono morti circa sei anni fa.

Mi lavo, mi vesto e poi scendo al piano di sotto per fare colazione. Dalle scale sento un profumo dolce e invitante che non potrei mai confondere: biscotti alle gocce di cioccolato fondente. Arrivo in cucina.

"Buongiorno zia."

Sorrido.

ZIA: "Buongiorno a te Amber!"

Ricambia il sorriso e finisce di sistemare in tavola le ultime cose per la colazione.

ZIA: "Come hai dormito? Sei in ansia per il primo giorno?"

"Ho dormito bene e sì sono un po' spaventata per la nuova scuola, lo ammetto..."

ZIA: "Sono sicura che andrà benissimo!"

Avevo già affrontato parecchi primi giorni di scuola nella mia vita. Avevo undici anni quando i miei sono morti e da quel momento quasi ogni anno io e la zia ci spostiamo in un posto diverso. Mi fido ciecamente di lei e quindi non le ho mai fatto troppe domande anche se ne avrei parecchie. Ma questa volta ho come la sensazione che sarà diverso, mi sento più positiva del solito.

Mangiamo parlando del più e del meno e quando finisco torno in camera a prendere lo zaino, saluto zia Grace e ci abbracciamo.

ZIA: "So che è difficile però cerca di farti dei nuovi amici, parla con qualcuno..."

"Va bene ci proverò..."

ZIA: "Brava! Ci vediamo dopo scuola così mi racconti tutto."

Non sono per niente una persona socievole. Parlo con qualcuno solo se è strettamente necessario. E poi che senso ha farsi degli amici se poi dopo un anno dovrai andartene e non rivederli più?

Mi incammino e durante il tragitto decido di prefissarmi degli obiettivi per questa giornata.

Punto numero uno: ovviamente, per far contenta la zia, parlare con almeno una persona.

Punto numero due: non fare figuracce con la persona con cui inizierò un dialogo.

Punto numero tre: trovare un passatempo che dia un po' di colore alle mie giornate che finora sono state monotone, quasi tristi.

Dopo poco arrivo davanti scuola. Faccio un respiro profondo ed entro lasciando che la porta si chiuda alle mie spalle.

POV DI UN PERSONAGGIO DELLA STORIA:

Mi sveglio in preda allo sgomento dopo una notte tormentata da un sogno che non riesco a capire.

È un ambiente aperto, vuoto, freddo, buio. Delle candele accese con una luce fioca, flebile come se stessero morendo sono disposte a formare un cerchio intorno a me.

Mi guardo meglio intorno: sembra un cimitero. Sulla tomba all'interno del perimetro di candele ci sono scritti due nomi che però non riesco a leggere.

Guardo ai piedi della lapide e noto un luccichio tra le foglie secche. Con cautela distendo la mano per toccarlo: è un oggetto di metallo. È un pugnale con la lama lucida ma con la punta insanguinata.

Mi spavento e lo lancio lontano da me oltre le deboli candele. Questo appena tocca terra produce un suono forte, rauco, gutturale, che mi mette i brividi. Sembra il ringhio di un animale.

Mi perdo a guardare la luce di una delle candele che tra tutte è quella che sembra prossima a spengersi. Non so perché ma il mio istinto mi dice di ricercare quel pugnale che tanto mi mette terrore e di far bruciare il sangue di cui la lama è bagnata sulla fiamma.

Tremando come le poche foglie quasi morte rimaste attaccate ad un albero del cimitero, cammino con passi lenti e incerti. Rientro nel cerchio di candele con l'arma ritrovata e seguo ciò che il mio subconscio mi indica.

Non appena il pugnale entra in contatto con la fiamma questa riprende vita, si accende di più, sembra un fuoco senza controllo, come di un incendio. Mi scotto ma non rimane il segno sulla mia pelle.

L'ALTRO LATODove le storie prendono vita. Scoprilo ora