CAPITOLO 20

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POV AMBER:

È passato un altro giorno. Klaus mi ha concesso di poter fare un giro della casa quando avrei preferito e così non stare sempre chiusa nella stessa stanza...

È l'alba e sono nella grande villa da sola insieme a tre ibridi. Il quarto è uscito insieme all'originale per fare non so cosa.

Prendo coraggio. So già che è una pazzia provare a scappare, ma i cagnolini di Klaus non possono uccidermi, non secondo gli ultimi ordini ricevuti...

Mi avvicino e busso alla porta per attirare l'attenzione dell'uomo lì fuori.

"Vorrei uscire di qui..."

Dopo qualche istante il chiavaccio della porta scatta e questa si apre leggermente.

"Allora?"

X: "Hai dieci minuti."

Ovvio, quanto mai mi avrebbe potuto concedere quello psicopatico? Mi dovrò far bastare il tempo dato...

Prendo una felpa ed esco dalla camera.

Scendo una lunga gradinata con il corrimano tutto rifinito impeccabilmente e arrivo nel grande salone principale. Mi guardo intorno. È tutto arredato con un certo stile classico, molto raffinato, quasi principesco: i mobili artigianali, i tappeti ricamati a mano, i colori tutti coordinati tra loro sui toni del neutro, fiori freschi in vasi di cristallo e una particolare attenzione per l'arte.

Alzo lo sguardo e vedo proprio la distrazione che cercavo: un enorme lampadario settecentesco provvisto ancora di candele.

Faccio un profondo respiro e mi preparo ad essere il più veloce possibile.

Lascio cadere la felpa che ho portato con me. Mi trasformo. Con un salto urto il grande lampadario al centro della stanza che cade fragorosamente. Il tappeto si incendia e un ibrido prende fuoco.

Gli altri due scattano verso di me. Il primo si approccia frontalmente e non esito a staccargli la testa con un morso. Il secondo invece mi spinge lateralmente con violenza contro la parete che si frantuma, questo ha fatto male. Al successivo attacco però lo precedo: lo atterro e con tutto il mio peso il collo si spezza. Non è morto, tra un po' si riprenderà, ma ho il tempo necessario per andarmene.

Recupero la felpa con le fauci e corro nell'unica stanza visibile che ha la porta abbastanza grande da farmi entrare. Ho poco tempo per rompere una finestra e scappare via.

Qualcosa però attira la mia attenzione. Ritorno umana e indosso la felpa. Nella stanza insieme a me ci sono cinque bare, tutte chiuse.

Mi avvicino a una di queste. Scosto leggermente la parte superiore e con cautela dò un'occhiata dentro. Ho un sussulto.

Apro completamente la bara.

All'interno si trova un uomo, sembra pietrificato e ha un pugnale nel cuore. È lo stesso pugnale della visione di Lydia, lei lo aveva disegnato più volte durante molte delle lezioni. 

Non ho tempo però per pensare a questo. Mi dirigo verso la finestra ma qualcosa mi trattiene. Torno indietro e senza pensarci due volte, solo seguendo il mio istinto, estraggo il pugnale dal petto dell'uomo sconosciuto.

Non accade nulla. Non posso rimanere lì ancora per molto. Lascio l'arma nella bara, prendo una sedia, rompo il vetro, salto fuori e corro il più velocemente possibile.

Sono nel bosco, ma è una parte in cui non sono mai stata. Mi guardo intorno e cerco di capire dove potrei andare. Il sole sorge e il buio della notte sta scomparendo.

Sono in confusione. Sono stanca. In queste ultime notti non ho dormito molto, ero sempre sul chi va là.

Faccio un passo e sento una fitta dolorosa al fianco. Appoggio le ginocchia a terra. Sento odore di sangue nell'aria, il mio sangue.

KLAUS: "Ah tesoro, perché mi costringi a usare le maniere forti? Pugnalarti non era nei miei piani..."

"K-Klaus..."

Il dolore aumenta. Sta girando il pugnale nella ferita. Le cime degli alberi si fanno offuscate e sembra che il tempo si stia riavvolgendo invece di andare avanti: le tenebre stanno tornando e il sole non sorge più. Adesso è tutto completamente buio.

Piano piano e con fatica riapro gli occhi, questa luce intensa dà fastidio. Sono adagiata sul divano di un piccolo salotto con lo stesso stile della stanza in cui è bruciato il tappeto. Di nuovo, ancora in questa casa. Scuoto la testa e mi siedo.

Alzo la felpa e tiro un sospiro di sollievo quando vedo che la ferita è quasi guarita del tutto. 

Dei passi veloci e pesanti si avvicinano. Mi alzo in piedi velocemente e arretro di qualche passo. La porta si spalanca con un frastuono.

"Klaus-"

In meno di un secondo mi ritrovo con le spalle al muro e la sua mano ferrea che stringe la gola.

"N-Non respiro..."

KLAUS: "Hai ucciso due miei ibridi e hai dato fuoco al mio salotto. Dammi solo un buon motivo per non strapparti il cuore dal petto in questo preciso istante."

"K-Klaus l-lasciami ti-ti prego... N-Non respiro..."

La sua espressione è furiosa. Non ha intenzione di allentare la presa, anzi stringe ancora di più. Le immagini tornano offuscate e ho di nuovo l'atroce sensazione di mancanza d'aria come quando Peter aveva cercato di affogarmi.

Un leggero grido mi fa tornare alla realtà. Guardo oltre Klaus. Due corpi sono a terra, non si muovono. L'ibrido lascia la presa e si gira. Cado a terra appoggiata al muro, qualche colpo di tosse ma non distolgo lo sguardo dalla scena.

Un uomo distinto, dal buon gusto nel vestire è in piedi davanti agli ibridi uccisi con entrambi i loro cuori nelle sue mani. Li lascia cadere, prende il fazzoletto dal taschino della giacca e si pulisce con una classe che non avrei mai associato ad un vampiro. Sì, anche lui lo è: il suo odore è inconfondibile.

X: "Niklaus non è così che si trattano gli ospiti."

La sua voce è solenne. Scende i gradini del salotto e si avvicina a noi. Mi alzo in piedi di scatto.

KLAUS: "Elijah, fratello mio. Come ti sei svegliato?"

Guardo meglio la nuova figura e capisco che è l'uomo a cui ho estratto il pugnale dal petto. Non ci posso credere.

L'ibrido si gira verso di me con sguardo di accusa.

Una fitta al petto mi fa urlare con tutta la voce che mi è rimasta in corpo. Tutto quello che avevo provato fino ad adesso non sembrava nulla in confronto a questo dolore, forse solo la prima trasformazione poteva superarlo...

Sento la pelle raffreddarsi, le lacrime scendere da sole. Per la prima volta dopo qualche tempo ho freddo. Sbatto i denti e tutto il mio corpo trema. Sento una morsa che mi paralizza. Mi inizia a mancare il respiro, la testa gira e sembra esplodere.

Abbasso gli occhi. Un grido strozzato di paura mi esce dalla gola quando realizzo la situazione. Klaus ha una mano nel mio petto e stringe il cuore. Respiro pesantemente. Tossisco. Sento il sapore del sangue in bocca. Vorrei parlare ma le lettere non si articolano tra loro.

Non voglio morire.

ELIJAH: "Niklaus adesso basta! Lasciala andare!"

L'ibrido ha un momento di esitazione. Respiro ancora più affannosamente, tossisco più forte. Un po' di sangue mi cola dal labbro inferiore, sul mento e crea una linea irregolare sul collo.

Klaus con le dita dell'altra mano raccoglie qualche goccia e con interesse se le porta alla bocca.

KLAUS: "Hai il sangue dolce come quello di tua madre..."

In quel momento anche quelle parole non riesco a sopportarle. Muoio internamente, come se tutto quello di cui fossi costituita si sgretolasse, diventasse cenere e volasse via nell'aria per una folata di vento.

Con velocità soprannaturale l'ibrido estrae la mano e se ne va. Leggero sollievo. Le gambe non reggono e cado. Due braccia mi afferrano e di nuovo ritorna il buio delle tenebre.

L'ALTRO LATODove le storie prendono vita. Scoprilo ora