19. Babysitter per un giorno [Parte 1]

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Da quando viveva nel mondo umano, Nico aveva scoperto di provare un profondo odio verso alcuni suoni. Uno di questi, agli inizi della sua carriera scolastica, quando per lui alzarsi alle sei del mattino era una vera tortura, era lo squillo penetrante della sveglia, subito seguito dal campanello e il clacson.

A questi, si aggiungevano le risate stridule delle sue compagne di classe, gli insegnanti che urlavano, i compagni che battibeccavano per decidere se era o meno un fallo quello appena subito, il vicepreside che lo richiamava nei corridoi almeno due volte al giorno per ricordargli che «Questa è una scuola, signor di Angelo, deve adeguarsi ad un certo tipo di comportamento!» e solo perché mostrava i suoi diversi piercing. Per fortuna, nascondeva bene il tatuaggio.

Un pomeriggio, mentre usciva dal cinema con Will, Nico aveva anche visto un incidente, ma per fortuna non si era fatto male nessuno, grazie all'intervento tempestivo di Will, che attirava feriti come calamità naturale. Il rumore dello schianto e delle urla continuavano a rimbombare nelle orecchie del figlio di Ade, nonostante il tempo trascorso.

Nel corso degli anni, i suoni erano cambiati. Ora, nella sua lista privata, si potevano contare: le sirene della polizia nel cuore della notte; le strilla dei figlioletti di Gideon, che ogni tanto li chiamavano per telefono - Janet aveva partorito il sesto, Alaric, tre mesi fa, e Gideon aveva deciso di darci un taglio, in tutti i sensi; e i miagolii insistenti di Zen alle tre del mattino.

Poi era arrivato il suono insopportabile che era giunto in vetta alla classifica di Nico sin dal primo momento che lo udì. Il suono che gli faceva venire voglia di lanciare il colpevole fuori dalla finestra, e legare Will a letto.

«No.» borbottò Nico, mettendosi seduto, intontito dal sonno, e guardandosi attorno. Sperò che si trattasse di un sogno. «Will, no.»

Il marito si mise seduto senza una parola e afferrò il cercapersone. I suoi occhi celesti erano più stanchi di quelli dell'altro.

«Mi dispiace.» mormorò Will, passandosi le dita tra i capelli e voltandosi a guardarlo. «Devo andare. Un'urgenza.»

Nico accettò il bacio di Will, ma lo trattenne per un braccio. «Anche qui tra poco ci sarà un'urgenza!» esclamò Nico, con voce strozzata. «Emily! Io non posso guardarla da solo!»

«Sì che puoi.» annuì Will, scendendo dal letto. Come negli ultimi due giorni, era nudo. Si passò le dita sulla barba non fatta, osservando Nico. Peccato, la routine di quei giorni - che comprendeva letto, frigo, bagno, letto - gli era piaciuta parecchio.

Will si rifugiò in bagno mentre Nico, raccogliendo vestiti a casaccio e infilandoseli senza guardarli, lo seguiva borbottando. Erano le sette e venti del mattino. Da un momento all'altro Hazel sarebbe arrivata.

«Non puoi dire che sei partito in Italia, o qualcosa di simile?» domandò Nico, teso, osservando Will scomparire sotto il getto dell'acqua.

«No, non posso.» sbuffò Will, trattenendo una risatina. «Ho promesso loro di chiamarmi in caso di bisogno.»

«Non puoi... cavoli, non puoi dirgli che tuo marito soffre di cancro e vorresti passare con lui qualche minuto in più?»

«Mi direbbero di ricoverarlo in ospedale.»

Nico imprecò. «Dai, Will! Sei in ferie per quindici giorni!»

«Mi dispiace.»

«Ah, ti dispiace? Bene. Allora mettiamola così: se oggi esci di casa, chiederò il divorzio.»

Will spense l'acqua calda e aprì il divisorio del box doccia. Nico si godette la scena di Will tutto nudo e bagnato, vittima continua dei suoi sogni ad occhi aperti, poi si costrinse a passargli un asciugamano.

Un gioco di luce in un mondo di tenebreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora