44. Bentornato al Campo Mezzosangue [Parte 2]

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Will non si guardò attorno mentre usciva rapidamente dalla cabina di Ade, gli occhi puntati sulla sua. Non voleva incrociare gli occhi di nessuno, tantomeno dei suoi fratelli, ma se si fosse preso la briga di guardarsi attorno, si sarebbe accorto che non c'era assolutamente nessuno di cui incrociare gli occhi. Era già tutti in spiaggia, in attesa della festa, e del festeggiato.

Will spinse la porta della cabina e si fermò confuso. La sua cabina era vuota. Non era mai stata così vuota, nemmeno quando erano tutti in spiaggia a prendersi il sole. Controllò i letti uno ad uno, e annuì. Nella cabina non c'era proprio nessuno.

Recuperò alcuni vestiti dal suo cassetto e li lasciò sul letto, poi si diresse in bagno. Tenne la porta chiusa, perché i piccoli figli di Apollo erano curiosi quanto gli adulti.

Si svestì e si infilò nella doccia. Quando il getto caldo gli bagnò le spalle, Will si accorse dei piccoli graffi che Nico gli aveva provocato sulle braccia. Avvampò, e cercò di ricordare tutta la dolcezza possibile di quei momenti. Quello sarebbe stato uno dei ricordi che non avrebbe mai eliminato dalla sua testa.

Passò più di mezz'ora sotto il getto della doccia, girando la manopola dell'acqua da calda a fredda in intermittenza. Calda quando i suoi pensieri erano puri, fredda quando i suoi pensieri si spostavano anche solo per un secondo su Nico di Angelo. Alla fine, quando girò la manopola in modo definitivo per spegnerla, si rese conto di aver fatto una doccia molto più fredda di quanto non fosse calda.

Will recuperò un asciugamano pulito, e si osservò allo specchio. La pelle del viso era ancora ricoperta di chiazze. Si domandò quando quel rossore più o meno verginale lo avrebbe abbandonato per sempre.

«Will, sei in bagno?»

Will sussultò per la sorpresa, e scivolò sui propri piedi bagnati, cadendo in avanti, dritto nella vasca. Sbatté la fronte contro il muro, e sentì il proprio sangue colargli sul volto.

«Oh!»

Will si rimise in piedi, mentre Angel - chi altri poteva essere? - si affrettava a bloccargli il sangue con un incantesimo. Will si lavò il viso, cancellando le tracce di sangue. Osservandosi allo specchio, notò che le sue guance erano solo più abbronzate. Angel era servito a qualcosa, dopotutto.

«Scusa, non volevo spaventarti.» bofonchiò Angel, tendendogli l'asciugamano bianco. Will se lo legò alla vita, mentre i capelli gli si asciugavano da soli. La nudità nella cabina di Apollo era considerata del tutto normale, a qualunque età.

«Sono stato stupido io.» disse Will, strofinandosi le dita sulle guance. Sì, finalmente non era più paonazzo. «Avrei dovuto immaginare che sarebbe arrivato qualcuno.»

Angel non rispose, gli occhi puntati su di lui. Will si ravvivò i capelli, e lanciò un'occhiata al fratello, giusto in tempo per capire quello che l'altro stava guardando. Il rossore sulle guance tornò, come per salutarlo, per chiedergli se gli fosse mancato.

«Come ti sei fatto questi graffi?» domandò Angel, curioso, ma i suoi occhi non erano colmi di curiosità. Era come se... se lui già lo sapesse.

Will emise un gemito. Angel Garner. Il detective più arguto che avesse mai incontrato.

«Io... io mi sono fatto male oggi durante gli allenamenti.» mentì sfacciato Will, uscendo di corsa dal bagno.

Angel lo seguì senza una parola, e rimase qualche passo dietro a lui mentre si vestiva. Will desiderò lasciare subito quella cabina. Si sentiva così confuso e felice, e non voleva che Angel rendesse il tutto ancora più fastidioso.

«So cosa hai fatto.»

Will deglutì e guardò Angel. «E cosa avrei fatto?»

Angel fece spallucce. «Lo sai.»

Un gioco di luce in un mondo di tenebreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora