22. Will, io... No, aspetta... Cosa?!

6.3K 460 303
                                    

Nico scattò giù dal letto come un pupazzo a molla e raggiunse la cucina, rischiando di inciampare su Zen e il suo orsacchiotto. Si avvicinò al lavandino, ignorò la pila di piatti sporchi e cercò la bottiglia di succo d'arancia nel frigo. Gli tremavano le mani mentre svitava il tappo.

«Nico?»

Will lo seguì fino in cucina. Nico lo ignorò. Bevve a lungo, direttamente dalla bottiglia, cercando di darsi un contegno, di riprendere almeno un po' della sua aria da duro e menefreghista. Aveva ventisei anni, doveva affrontare gli ultimi mesi per ottenere la laurea e il brevetto, ed era sposato con una persona stupenda che gli aveva appena proposto di adottare un figlio, dopo aver passato un'intera giornata ad immaginarsi come padre.

«Ti faccio un massaggio?» si offrì Will. Spesso Will aveva risolto delle grandi lite con dei massaggi.

Nico scosse la testa e si posò le mani sui gomiti, riflettendo. Il figlio di Apollo, nudo e perfetto come un Adone, gli stava creando dei problemi di concentrazione.

«Scherzi?» domandò infine, con voce molto più flebile di quanto immaginasse.

Will scosse la testa. «Immagino che raggiungere la cucina per bere del succo d'arancia sia il tuo modo di capire che non stavo affatto scherzando.» mormorò Will.

«Will, io... No, aspetta... Cosa?!»

Nico continuò a farfugliare alla ricerca di parole di senso compiuto, ma alla fine scosse la testa e tornò in camera. Si infilò un pantalone abbandonato sulla scrivania, e alle sue spalle Will si coricò sul letto.

«Dobbiamo fare una chiacchierata.» disse Nico, senza guardarlo. «Mettiti qualcosa addosso.»

«Ah, giusto, ti distraggo.» Will infilò un paio di boxer e si coprì fino all'ombelico con il lenzuolo. Nico si sedette a gambe incrociate sul resto del letto, più o meno a distanza.

«Bene, ora...» mormorò Nico, prendendo fiato. «Ora possiamo avere una conversazione normale. Fatti avanti.»

Will lo scrutò e deglutì. «Nico, amore, che ne pensi di adottare un bambino?» ripeté, cauto.

Nico si massaggiò le tempie. La giornata era stata lunga e stancante. Aveva badato alla nipotina, si era fatto assalire dal panico, aveva giocato con lei proprio come un tempo faceva con sua sorella. Aveva pensato a come sarebbe stato da genitore, e non si era ben visto in quei panni.

«Okay, riflettiamo su ogni particolare.» disse Nico, come gli avevano insegnato a scuola. «Perché vuoi adottare un bambino?»

Will fece una smorfia. «Perché io e te non potremo mai averne uno nostro.»

«Le scienze moderne non ci permettono di averne uno nostro?»

«Sì, ma... sinceramente vorrei dare a mio figlio una vita normale, non segnata continuamente dai mostri. Oggi in ospedale è entrato un uomo che ha tentato di ferire una bambina, una piccola figlia di Demetra, che ha seguito per miglia e miglia.»

«Come sta?» si preoccupò all'istante Nico. La vita dei semidei non era semplice. Non era rosa e fiori.

«Per fortuna bene. Ho chiamato Angel, è venuto subito a prenderla. L'ha portata al Campo Mezzosangue.»

«Bene.»

«Ma se tu vuoi avere un figlio tuo, con i tuoi stupendi tratti genetici, io non ne sarei per niente offeso, o contrario.»

«No, va bene.» annuì Nico. «La penso anch'io come te. Noi stiamo cercando di avere una vita normale, e nemmeno io desidero un figlio che rischi la vita ogni giorno. Non lo sopporterei.»

Un gioco di luce in un mondo di tenebreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora