20. Babysitter per un giorno [Parte 2]

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Forse giocare con le bambole e le bambine di due anni non era il mestiere adatto a Nico. Lasciò la piccola Emy da sola mentre si affrettava a preparare il pranzo, rischiando di bruciarsi più volte per tenere lo sguardo puntato sulla bambina.

Non c'erano finestre aperte, le porte del bagno, delle camere e quella di entrata erano chiuse a chiave, ma Emy poteva farsi male in qualche altro modo, ad esempio tirandosi addosso il televisore, cadendo sul tavolino di vetro, tirando la fila di dvd, o facendo cadere il vaso colmo di rose che Will aveva regalato a Nico un paio di giorni prima, al loro anniversario. In molte avevano già lasciato cadere i loro petali, tranne una, che Nico sospettò fosse di plastica. Era una cosa da Will.

Nico pensò di non essere affatto adatto a fare il genitore. Insomma, non poteva continuare a controllare la bambina mentre cucinava. E il solo pensiero di andare in bagno e di lasciarla sola per più di un minuto gli fece venire la pelle d'oca.

Quando ebbe finito di preparare il pranzo, Nico tornò da Emy. La sollevò, le lavò le mani, cercò un bavaglino nell'infinità di cose che Frank aveva stipato nella borsa e glielo legò malamente al collo. La sedette su un ginocchio e la fece mangiare, quasi a forza. Mentre Emy gettava a terra la prima forchetta, Nico si chiese se anche sua madre avesse scontrato tutti quei problemi per farlo mangiare.

Dopo più di un quarto d'ora, e una decina di forchette sparse attorno al tavolo, Nico andò a sedersi sul divano. Guardò altri cartoni con la nipotina e, quando lei si addormentò, Nico la stese sul divano con addosso una copertina.

Nico impiegò cinque minuti a finire il pranzo, ormai freddo, e a ripulire il disastro commesso dalla bambina, ricordandosi di dare gli avanzi a Zen, che lo guardava con soddisfazione. Nico pensò che, probabilmente, il gatto aveva leccato l'avanzo nella pentola e anche nel suo piatto. Si chiese come avesse fatto a trovarlo così tenero e carino, quel cosino che continuava a fargli i dispetti.

Quando ebbe finito di pulire, tornò sul divano, stanco. Cambiò canale, azzerando quasi il volume e guardò la replica del quarto episodio della terza stagione di Ghost Whisperer. Tenne una gamba allungata verso la bambina, per evitarle di cadere dal divano se si fosse rigirata. Provò ad immaginarsi come genitore. Quasi certamente, lui sarebbe stato quello cattivo, sempre presente, che vietava ai figli qualsiasi cosa di qualsiasi genere. Il padre che non gli permetteva di uscire la sera. Che non gli permetteva di invitare amici a casa. Che non gli permetteva di dire che i nonni paterni erano Ade e Apollo, sì, quelli dell'Olimpo. Invece Will sarebbe stato il padre buono, quello assente dalla vita dei ragazzi, ma che per ripagare questa mancanza donava ai figli tutto il possibile, e in gran quantità. Quello da cui si era sicuri di avere un sì per qualsiasi cosa.

Nico si ritrovò anche ad immaginare un bambino dai capelli neri e con gli occhi azzurri, la pelle abbronzata, un sorriso contagioso, già a due anni pratico con il surf e con la capacità di richiamare a sé i morti. Il volto di quel bambino immaginario somigliava sia al suo che a quello di Will. Ma a meno che la scienza non si fosse già spinta ad una gravidanza esclusivamente maschile, con tutti i possibili problemi, un bambino con il carattere genetico suo e di Will era impossibile. E se la scienza era già arrivata a quella svolta, Nico non intendeva saperne.

Nico pensò alle parole di Will di alcuni giorni prima. Forse poteva davvero fare un cambio di sesso, diventare Nicole di Angelo, o Nikki di Angelo, o... Nico rabbrividì. Se Will desiderava un giglio così tanto, che lo diventasse lui, la donna. Wilhelmina Solace. Anche se poi non era detto che sarebbe riuscito a mantenere una gravidanza.

Nico cambiò canale, frustrato. I suoi pensieri lo stavano spaventando. Da quando in qua si sentiva così... con quel sentimento così... così... materno?! Gli uomini covavano dentro di sé il sentimento di diventare mamme? Sperò di sì, e che non fosse l'unico ventiseienne strambo in quella città.

Un gioco di luce in un mondo di tenebreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora