Dormii poco e niente quella notte. Mi girai e rigirai nel letto e per poco non mi venne un colpo. Accanto a me mi parve di vedere il corpo rilassato e seminudo di Juanita. Sì, era proprio lei e mi chiesi cosa ci facesse lì. Non ricordavo di essere salito in camera con lei, la sera prima. Come poteva essere finita nel mio letto?
Poi mi resi conto di un'altra presenza all'altro lato. Mi voltai lentamente scorgendo solamente il volto di una donna, anch'essa addormentata, ma coperta interamente dalle lenzuola... Leonora. Era bellissima. Il mio sguardo si posò sul suo volto dolce e innocente, le sue labbra appena appena schiuse, per respirare meglio, erano morbide e invitanti. Avrei tanto voluto lasciarle un casto bacio per sentirne il calore, per respirare quel poco di fiato che usciva dalla sua bocca rosea. Non smettevo di guardarla e di sorridere. Non mi chiesi, invece, come lei fosse finita lì nel mio letto. Sembrava tutto così normale, per quanto fossi consapevole dell'irrealtà della sua presenza. Leonora non era una delle frequentatrici della locanda, non lo sarebbe mai stata. Glielo avevo letto negli occhi, in quegli occhi che improvvisamente mi fissavano sconcertati e intimiditi. Avrei voluto accarezzarle il viso delicato, sfiorarle il naso con il mio, sussurrarle parole che sentivo esplodere nel cuore.
Mi ricordai improvvisamente di Juanita distesa all'altro lato. Mi voltai cercando di nascondere la sua presenza a Leonora; non volevo che credesse che io e Juanita avessimo passato la notte insieme, perché non era vero. E quando mi girai, due occhi arrossati, colmi di rabbia, si conficcarono nei miei facendomi trasalire.
Mi svegliai in un mare di sudore, col cuore che batteva all'impazzata. Mi resi conto che era stato tutto un sogno e mi portai una mano sul cuore, mentre con l'altra sfiorai le lenzuola alla mia sinistra dove poco prima, nella parte più dolce del sogno, c'era Leonora. Strinsi le lenzuola quasi immaginando fosse la sua mano e pian piano gli effetti angoscianti della parte finale del sogno svanirono.
Mi lasciai cullare dalla visione del dolce volto di Leonora fino a riaddormentarmi.
***
Preferii non fare colazione alla locanda, non avevo voglia di ascoltare le allusioni di Gonzalo sulla mia passeggiata del giorno prima con Juanita. Mi stavo rendendo conto che forse avevo esagerato, usandola solo per un mio intento personale.
Uscii rapidamente e mi diressi in piazza, poggiandomi al muretto intorno alla fontana e osservando la chiesa poco distante. Attesi. Attesi finché il solito gruppetto di donne uscì da lì come ogni mattina. E tra loro vidi la mia Leonora. Si soffermò sulla scalinata solamente pochi attimi, guardandosi intorno, per poi porgere il braccio ad una donna anziana e avanzare con lei chiacchierando.
Trascorsi la mattina in giro, pensando al sogno... pensando a Leonora.
Ritornai alla locanda per pranzo. Gonzalo mi rivolse uno sguardo sornione. Capii immediatamente cosa gli passasse per la mente. Parlò più volte della mia passeggiata a braccetto con Juanita, alludendo poi a chissà quali follie avrei sicuramente trascorso quella notte con lei. Fu inutile dirgli che non era successo niente di ciò che immaginava. Non volle credermi, o forse volle credere che io non volessi ammettere la verità perché non aggiunse altro. Solo una cosa mi mise in allerta...
«Se può ancora interessarti, lo spettacolo della Flamencita è stato anticipato a questa sera e a quanto ho sentito ci sarà il flamenco apasionado» disse ammiccando, per poi aprire la bocca solo per mangiare.
***
La mia consueta passeggiata pomeridiana, quel giorno, fu quasi un calvario. Volevo arrivare fuori casa di Leonora, cercare in qualche modo di vederla e capire, ancora una volta, quale fosse il suo vero volto. Quella sera, si sarebbe esibita mostrandosi a tutti quale non era. O forse era la Flamencita la sua vera natura che avrebbe esposto senza esitazione? Con quel dubbio, che ancora una volta si insinuò in me, non mi resi conto di arrivare proprio dinanzi al suo giardino. Il via vai di gente, però, non mi permise di rimanere lì fuori ad aspettare, qualcuno avrebbe potuto pensare che avessi cattive intenzioni. E prima che gli sguardi attenti di alcuni passanti si fissassero su di me, fui costretto a tornare indietro fingendo di passeggiare serenamente.