Sebastian
È trascorso un mese da quando sono ritornato in Andalusia, ad Almendra... dalla mia amata Leonora. Scoprire di aver avuto un figlio da lei ha scatenato in me una valanga di emozioni: sorpresa, paura, rammarico, ma anche tanta gioia che tutt'oggi si sta riversando su di noi. Juanito non ha più avuto momenti di dubbio, al contrario, attende trepidante il mio rientro la sera.
Il direttore dell'ufficio postale, dopo quella giornata di prova, mi ha voluto testare per un mese prima di assumermi, eventualmente, con tutte le carte in regola. E tra qualche giorno avrò finalmente l'esito: saprò se continuerò a lavorare lì o dovrò mettermi alla ricerca di altro. I presupposti, però, sono buoni, sembra molto soddisfatto del lavoro che svolgo. Il mio impegno lo devo alle due persone che mi aspettano a casa ogni sera. È da quella notte tempestosa che vivo con loro, condividendo ogni momento con mio figlio e impegnandomi ad amare e proteggere quella donna speciale che mi ha reso un uomo migliore.
***
Rientro a casa non molto tardi, per fortuna il mio turno copre fino alle quattro del pomeriggio, anche se questo vuol dire svegliarmi all'alba. Ma va bene così, pur di passare più tempo possibile con i miei tesori.
«Papaaaà!» Come ogni volta, Juanito mi corre incontro non appena entro dalla porta, mentre io lo stringo forte e respiro il suo odore che mi dà un senso di serenità.
«Come sta il mio piccolo pirata?» gli domando.
«Bene. Oggi mamma voleva tagliarmi di nuovo tutti i capelli» dice sbuffando.
«E tu non hai voluto!» asserisco.
Scuote la testa in segno di diniego.
«Mamma è un po' arrabbiata, però.»
«Perché non hai voluto tagliare i capelli?»
«Non lo so. Però, le altre volte non si arrabbia» confessa.
«Stai tranquillo, sono sicuro che non ce l'abbia con te» lo rassicuro.
«Lo sai? Una signora cattiva non ha voluto farmi giocare con i miei amici» aggiunge poi.
«E perché?» chiedo curioso.
«Papà, cosa significa bastardo?» mi chiede, facendomi accigliare.
«Dove l'hai sentita questa parola?»
«L'ha detta la signora.»
«Fai così, adesso vai a giocare e dopo ti raggiungo. Va bene?»
Mi sollevo e avanzo verso Leonora, stampandole un bacio sulle labbra.
«Bentornato!» mi sorride.
«Juanito ha detto che sei arrabbiata» sentenzio, ammiccando al piccolo.
«No, non lo sono, anche se questa storia dei capelli lunghi dobbiamo rivederla» dice, guardando con cipiglio Juanito.
Il furbetto scappa via nella sua stanza facendo chiaramente intendere che non ne vuole sapere di rinunciare alla sua folta chioma. Mi viene da ridere.
Ritorno ad osservare Leonora; non sarà arrabbiata ma un'espressione mesta sul suo viso mi impensierisce. Le accarezzo le guance e punto il mio sguardo nel suo che non riesce a tenere nel mio più di pochi secondi.«Cosa ti turba?» le domando diretto, soprattutto dopo la parola che mi ha detto Juanito.
«Nulla. Perché me lo chiedi?»
«Perché ti si legge in viso.»
«No, va tutto bene. A te, piuttosto, com'è andata la giornata?» mi chiede sollevando la testa.