Andalusia, 1910
Il cuore batte forte ora che son di nuovo qui, nella terra che mi vide nascere, dalla quale fuggii e dove riapprodai per uno strano caso voluto dal destino, o dal volere di una mano divina che giace, come leggenda vuole, sui fondali del mare della Costa de la Luz.
Il cuore batte forte, qui in questa terra dalla quale andai via una seconda volta non per dimenticare, ma per non soffrire.
Il mio cuore, che finora ha battuto fievole, ora sembra volermi uscire dal petto straziato, dilaniato… mai cicatrizzato. Sento quasi mancarmi l’aria, come se, improvvisamente, i miei polmoni non riuscissero più ad incamerarla. Eppure, sotto questo cielo, da qualche parte, c’è l’aria mia, il mio respiro, la vita mia.***
Siviglia è rimasta più o meno come la ricordavo, con le sue piazze affollate, le stradine caotiche, viva e colorata dalla gioia dei suoi abitanti e da chi la esplora in un viaggio di piacere. Il cielo sereno, l’aria mite e profumata mi scaldano il cuore, nonostante mille emozioni siano esplose nell’attimo in cui le suole delle mie scarpe hanno calpestato il ventre di questa città.
Raggiungo l’indirizzo che oramai conosco a memoria; l’ansia, che mi ha tenuto compagnia per il lungo viaggio, si mostra più forte quando busso alla porta. Una donna di bell’aspetto, semplice e dall’aria allegra, mi apre. Immediatamente le si affaccia tra le gambe un bimbetto coi capelli arruffati e due occhioni curiosi: è l’esatta copia di Gonzalo. Sorrido.«Buongiorno. Voi dovete essere María» dico alla donna, salutandola. «E tu devi essere Seba» continuo, chinandomi leggermente verso il piccolo che sgrana gli occhi nel momento in cui pronuncio il suo nome.
«Chi siete?» chiede guardinga colei che dovrebbe essere la moglie di Gonzalo.
«Avete ragione, vi chiedo scusa se non mi sono presentato» esclamo mortificato. «Io sono Sebastian, un amico di…»
«Oh, bentornato! Gonzalo vi aspettava, era così sicuro che sareste ritornato.» La donna torna a sorridere.
«Era?» chiedo, rimanendo impalato e pervaso da un senso di smarrimento che speravo di non dover provare… non ancora perlomeno.
«Sì, mi ha tanto parlato di voi. Un amico, un fratello… Siete stato la sua guida, la sua salvezza. L’affetto che ha sempre provato per voi non lo ha mai nascosto, al punto da chiamare nostro figlio proprio come voi» spiega María, dando una carezza al piccolo Seba che continua a fissarmi.
Resto senza parole, non so cosa dire. Il pensiero di essere arrivato troppo tardi mi piomba addosso lasciandomi un nodo alla gola.
«Ma non restate lì. Prego, accomodatevi.» La donna mi fa segno di entrare.
«Io non… non vorrei disturbare» dico soltanto. Non riesco davvero a parlare, ma lascio che la porta si chiuda alle mie spalle.
«Voi non disturbate affatto. Siete di famiglia, in un certo senso» esclama sincera. «Venite, venite, vi offro qualcosa. Mettetevi comodo, sarete stanco per il lungo viaggio.»