Capitolo 21

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«Non possiamo... Non posso!» disse, allontanandosi dal mio viso.

«Perché?» le chiesi con occhi supplichevoli e tormentando le nostre mani ancora intrecciate.

«Perché dopo sarebbe straziante.»

«Ma io voglio restare con te, voglio rimanere qui, voglio...»

«Basta, ti prego, Sebastian! Io non posso legarmi a nessun altro.»

«Perché? Perché non puoi? Io voglio prendermi cura di te. Verrò a parlare con tua madre, le dirò che ho intenzioni serie con te, che voglio fare le cose per bene.»

Le accarezzavo il viso mentre cercavo di farle capire che con lei non stavo giocando, che ero serio. Era da folli, lo sapevo, ma io oramai avevo perso la testa per lei e se solo lo avesse voluto ero pronto ad abbandonare la mia vita incerta e dissoluta. Un sorriso, seppure avvolto da una profonda tristezza, le illuminò il volto.

«Questo sarebbe un sogno, ma non è possibile. Ho giurato di sposare Joachim, mia madre non aspetta altro ed io non posso deluderla, non posso mettere a rischio la sua vita.»

Le sue parole erano forti, intrise di un dolore che non poteva purtroppo evitare.

«Ascoltami, Leonora, le faremo capire che non appena sarà trascorso un po' di tempo io ti sposerò, che non puoi passare il resto della tua vita insieme ad un uomo che non ami.»

«Tu non capisci. Mia madre ne morirebbe ed io non me lo perdonerei mai.»

«Ma è la tua vita!»

«Mi dispiace, Sebastian! Non posso... non posso farlo. Per questo ho cercato di allontanarti ed è quello che dovrei continuare a fare. Dimenticati di questo bacio. Va' via e dimenticati di me!»

Nonostante la freddezza delle sue parole, la sua voce incrinata non ammetteva repliche. Sapevo che insistere era inutile. Avrei potuto, magari, dimostrarle diversamente quanto davvero fossi sincero; avrei potuto stabilirmi lì, trovarmi un degno lavoro e corteggiarla come si conveniva, ma mi resi conto che non sarebbe bastato. C'era una realtà alla quale, purtroppo, non poteva sottrarsi. E mentre riflettevo su come potevo cambiare la mia vita, nonostante la quasi vana speranza di un futuro con lei, Leonora si alzò e in un attimo corse via lasciandomi da solo con mille lame che mi si stavano conficcando nelle membra, come l'acqua gelida che sembrò bloccarmi la circolazione del sangue nelle vene provocandomi un nascente malessere che mi indusse a rimanere a letto, febbricitante, per tutto il pomeriggio e la mattina seguente.

***

Nel primo pomeriggio del giorno successivo a quel bacio, che avevo sognato e ricordato ogni istante, delirando e chiamando ripetutamente il nome di Leonora, dissi a Gonzalo di volerla vedere. Mi ripeteva continuamente che non era possibile, che lei non avrebbe mai accettato di entrare alla locanda e venire nella mia camera. Lo pregai, lo implorai fino allo sfinimento dicendogli di cercare Pablito.

Tornò in compagnia di quel ragazzo buffo a cui chiesi di trovare un modo per far sì che Leonora scendesse al fiume. L'avrei aspettata lì. Avevo un disperato bisogno di vederla, di sentire la sua voce.

Pablito mi disse di sapere quello che era successo; Leonora gli aveva confessato tutto, tremante, tra le lacrime. Mi si strinse il cuore. Forse fu la mia insistenza, la poca lucidità che avevo a causa della febbre alta, ma lo convinsi, mentre Gonzalo mi accompagnò al fiume. Lungo la strada incrociammo Juanita, dapprima il suo sguardo deluso, furioso, mi incenerì, ma non appena si rese conto del mio stato di salute si preoccupò, consigliandomi di tornare alla locanda. Non ricordo cosa le dissi, le chiesi però scusa per come mi ero comportato con lei.

Pablito e Leonora ci raggiunsero poco dopo. Lei era ignara del perché l'amico l'avesse condotta fin lì. Sentii la sua voce prima ancora che raggiungessero la ghiaia.

La zingara dell'AndalusiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora