Capitolo 38

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Sebastian

Continuo a girare e rigirare questa busta tra le mani, sembra essere una lettera. Ma chi può mai scrivere alla mia Leonora? Resto sovrappensiero alcuni istanti quando nella mia mente si fa largo un sospetto… Cordova… Joachim… suo marito…
Cosa vorrà da lei? Perché scriverle una lettera? Il fastidio che sto provando in questo momento è palese sul mio viso, tant’è che il mio collega mi richiama più di una volta preoccupato.

«Ho bisogno di staccare qualche minuto» asserisco, allontanandomi
dall’ufficio e uscendo dalla porta di emergenza sul retro.

Inspiro profondamente poggiandomi alla parete. Non riesco, però, a non pensare. Tra le mani stringo la busta che sono riuscito a celare grazie alla disattenzione del mio collega. Vorrei aprirla e conoscerne il contenuto, ma farei un grande sbaglio nei confronti di Leonora. Mi fido di lei e so che qualsiasi cosa ci sia scritta non ci dividerà un’altra volta. La fortuna è che posso portare via la lettera con me, invece di smistarla e attendere la consegna che non andrebbe a buon fine dal momento che all’indirizzo di Almendra non la riceverebbe nessuno, per cui tornerebbe all’ufficio postale e verrebbe archiviata insieme a tutta la corrispondenza rientrata.

***

Ritorno a casa dove sento la voce di Leonora che rimprovera Juanito… Chissà cos’ha combinato stavolta! Vedo sfrecciarlo come un lampo da una stanza all’altra inseguito da sua madre; la scena sembrerebbe a dir poco comica se non fosse che sicuramente le avrà fatto perdere la pazienza.

Mi schiarisco la voce richiamando entrambi. Leonora è la prima ad affacciarsi per salutarmi e mi trattengo dal ridere quando noto il suo aspetto notevolmente scarmigliato: la lunga treccia che usa farsi per comodità è letteralmente scompigliata, sul viso sono presenti delle chiazze bianche, probabilmente farina, che noto anche sugli abiti, il grembiule da cucina le svolazza davanti liberamente non essendo legato.

«Papà, papà, sei tornato!» Juanito compare dopo un po’ gettandosi su di me e cingendomi le gambe. «Mamma vuole sculacciarmi.»

Continuo ad osservare Leonora che con mani sui fianchi e fronte corrucciata sembra pronta all’attacco, eppure noto che fa di tutto per ritrovare la calma e la pazienza facendo profondi respiri.

«Cos’hai combinato, piccola peste?» gli chiedo chinando il capo e accarezzandogli i capelli che oramai sono diventati un’immensa matassa ingestibile.

Solleva la testolina puntando i suoi occhi nei miei e stringendo le labbra, chiaro segno che davvero l’ha fatta grossa.

«Juanito, devi venire immediatamente qui!» sbotta sua madre. Il tono è talmente rigido che ho un fremito persino io.

Il piccolo cenna lievemente un “no” con la testa per poi cercare di nascondersi dietro le mie gambe. Leonora mi lancia uno sguardo truce e so già che se non rimprovererò nostro figlio avrò lei contro tutta la serata. E proprio questa sera vorrei evitarlo visto che dovrò consegnarle la lettera.

A malincuore sono costretto a riprendere Juanito pur non sapendo cos’abbia combinato ma da come è conciata Leonora immagino che la cucina sia sottosopra.

***

«Devo consegnarti una cosa» rivelo con un po’ di agitazione.

Ho atteso per l’intero pomeriggio il momento giusto ma sembrava non arrivare mai. E infatti abbiamo appena terminato di cenare e ho messo a letto Juanito.

Leonora mi guarda curiosa. Le porgo la busta sigillata e se la rigira tra le mani. Noto un lieve tremore mentre legge la provenienza della missiva.

«È arrivata oggi, avrei dovuto spedirtela ad Almendra ma sarebbe stato inutile» le spiego.

La zingara dell'AndalusiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora