Almendra, (Siviglia)
5 anni primaNon ero mai stato a Siviglia, quella era l’unica città di tutta l’Andalusia che ancora non avevo visitato. Fu nel momento in cui misi piede alle porte della città che inspiegabilmente mi chiesi il perché… ma una spiegazione logica non c’era. Semplicemente non vi ero mai stato. Avevo visitato Granada, Malaga, Cordova e altre città minori dell’entroterra e della costa. Ciò che mi affascinava ogni volta erano i colori delle case, la vivacità della gente che, seppure conduceva una vita misera, sprizzava gioia. Persone accoglienti che mi facevano sentire a casa. Principalmente erano loro, per me, l’Andalusia. Per non parlare poi delle donne, belle, meravigliose… forse alcune un po’ troppo disponibili ma che allietavano spesso alcune notti durante i miei viaggi. Ero un uomo libero e non mi lasciavo di certo sfuggire l’occasione; le amavo tutte in linea generale, ma il mio cuore non si era mai innamorato, non avevo mai sentito l’esigenza di legarmi ad una di loro. E vivevo così di avventure ma mai prendendole controvoglia; se erano lì a mia disposizione allora non rifiutavo certo di unirmi ad un corpo ben tornito e dalle forme abbondanti. Erano belle, sì, le donne andaluse, ma nessuna mi era mai rimasta impressa dentro.
«Vedrete, capitano, qui a Siviglia conoscerete le donne più belle mai viste.»
«Addirittura, Gonzalo? Allora è stato un bene ritrovarci qui» risposi ridendo.
«E poi, se saremo fortunati, potremo incontrare la più brava ballerina di
flamenco di tutta l’Andalusia. Chiunque resta folgorato da lei, è bellissima ma inavvicinabile. Ma dovremmo recarci ad Almendra, a circa un'ora da qui.»«Per me nulla è irraggiungibile» asserii convinto.
«Ah, fidatevi, capitano, lei lo è davvero. Non lascia avvicinare nessuno, eccetto quando balla. Se la memoria non mi inganna, almeno una volta alla settimana si esibisce nel flamenco apasionado.»
«Flamenco apasionado? Cos’è?» chiesi curioso.
«Vedete, capitano, il flamenco è di per sé un ballo nel quale si esprimono tutte le emozioni, dalla gioia al dolore, l’amore, il tormento, la rabbia, la solitudine, la passione…»
«Lo so, lo so, conosco il suo significato, ma…»
«Volete sapere cos’è il flamenco apasionado. In realtà, non so se davvero esista o è un’invenzione della bella sivigliana, fatto sta che nessuno, durante quell’esibizione, le può resistere. E allora lei sceglie a caso un ammiratore e lo coinvolge in quella danza che diventa molto più sensuale di quanto già non lo sia. Ma, ripeto, a nessuno consente di avvicinarsi, a meno che non sia lei a scegliere il fortunato.»
Continuammo a camminare mentre già immaginavo di sfidare la reticenza della ballerina. Ero talmente testardo che, se davvero era così bella, niente e nessuno mi avrebbe fermato per avvicinarla.
«E tu sai quando si esibirà?»
«Basterà chiedere in giro quando arriveremo. Speriamo che, però, non abbia smesso. L’ultima volta che l’ho vista esibirsi è stato un anno fa, quindi…»
«Ah, Gonzalo, non puoi mettermi in testa un’idea senza averne la certezza!» lo redarguii, ma bonariamente.
«Mi dispiace, capitano, ma…»
«E basta con questo “capitano”, te l’ho già detto, quando siamo soli per te sono solamente Sebastian.»
«Va bene, capi… Sebastian!»
Annuii. Gonzalo era l’unico componente dell’equipaggio con cui di tanto in tanto mi confidavo, e viceversa, lui mi aveva raccontato di sé, del suo passato. Era nata un’alchimia tra di noi che era sfociata in quella che poteva definirsi una vera amicizia e spesso, quando toccavamo terra, ce ne andavamo in giro insieme divertendoci.
***
Raggiungemmo il borgo di Almendra nel pomeriggio, lasciai che Gonzalo si riposasse presso la locanda nella quale avevamo preso due stanze per qualche giorno. Volevo visitare il posto senza fretta, godermi le passeggiate attraverso i suoi vicoli caratteristici, conoscerne gli abitanti. Della ballerina di flamenco, in verità, poco m’importava. Ero solo curioso di vedere se davvero era così bella come si diceva, ma di sicuro non sarebbe stata nulla di diverso da quante belle donne avevo incontrato.
Le strade non erano affollate, incrociavo donne anziane che portavano con sé sporte di cibo, coppie di fidanzati che passeggiavano castamente sfiorandosi a stento le mani, bambini che giocavano e uomini che chiacchieravano. Mentre osservavo la vita di quel piccolo paesino sivigliano, lo sguardo di una donna piuttosto anziana si puntò su di me al punto da turbarmi. Avrei scommesso, dal suo modo di vestire, che poteva benissimo essere una veggente. Il suo sguardo mi bruciava, sembrava volesse ammonirmi. Rimasi qualche istante con gli occhi incatenati nei suoi, più per sfida che per quella che poteva sembrare una strana attrazione, anche perché i suoi occhi vennero improvvisamente avvolti da un velo di tristezza. Mi allontanai con una strana sensazione che, però, subito scacciai, non credevo nel potere occulto e di certo non volevo lasciarmi influenzare da una vecchia gitana.
La mia passeggiata proseguì serenamente per le viuzze di quel paesino fino a quando un canto melodioso mi bloccò. Proveniva da uno dei giardini delle piccole case arroccate in quel punto. La voce era certamente di una fanciulla e il suono che emetteva la sua ugola mi fece immaginare il canto ammaliante di una sirena. Mi fermai in ascolto e cercai da che punto esatto provenisse la voce. Mi avvicinai a quel giardino circondato da siepi, dalle quali potevo ben vedere oltre. Una figura snella era di spalle e stendeva alcuni indumenti su delle funi arrangiate tra un albero e l’altro… e cantava. Mi beai di quella voce finché la ragazza non si voltò e i suoi occhi incrociarono i miei.
Quella fu la mia fine!