Capitolo 28

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India, 1910

Stringo a me il taccuino come fosse lei... Come la strinsi quel pomeriggio di cinque anni fa dopo aver fatto l'amore.
Rimanemmo distesi, abbracciati, avvolti da un leggero lenzuolo. Sorrido al ricordo di quanto si vergognasse a farsi vedere nuda, nonostante in così poco tempo avessi memorizzato ogni centimetro del suo corpo, ogni tratto della sua pelle. Ancora adesso, se chiudo gli occhi, posso avvertire il calore che emanavano i nostri corpi intrecciati, aggrovigliati l'uno all'altro come a volersi fondere in un unico insieme. Ricordo il suo viso dolcemente arrossato, i suoi occhi profondi perdersi nei miei, le sue labbra gonfie socchiuse in un sorriso soddisfatto. Un suo braccio mi circondava l'addome, mentre il suo capo era poggiato sul mio petto. Io la stringevo a me e con una mano percorrevo delicatamente la sua pelle che, al mio tocco, non smetteva di fremere.
Riesco ancora a sentire il suo profumo, quell'odore di fiori di pesco impregnato sulla sua pelle. Odo quei lievi sospiri che ritrasformai in gemiti quando poco dopo la riportai sotto di me per amarla di nuovo, ancora.

🌺

«Posso farti una domanda?» mi chiede il Guru.

Siamo di nuovo fuori, in giardino, a quello che sembra essere diventato il posto perfetto per raccontare la mia storia. Non so perché ma qui sono riuscito finalmente a liberare ciò che ho tenuto chiuso nel cuore in questi lunghi cinque anni.

«Certo!» annuisco.

In realtà sono in silenzio da un bel po', ho un groppo in gola che mi blocca le parole. Saprei benissimo come continuare ma il ricordo degli eventi che accaddero dopo è come una ferita ancora fresca... una ferita che mai è riuscita a rimarginarsi.

«Lei disse di poter vivere con la consapevolezza di essere stata amata, che non ti eri preso ANCHE TU gioco di lei... A cosa si riferiva?»

A queste parole mi irrigidisco. Non mi aspettavo che avesse prestato così tanta attenzione.

«Perché me lo chiedete?»

So che quella del Guru non è curiosità. Dal suo sguardo mirato nel mio capisco che non posso omettergli quella verità. E so che non mi giudicherà per la decisione che presi.

«Per altri potrebbe sembrare una cosa irrilevante, una presenza appartenente al passato, un primo amore senza alcuna importanza... ed è stato così, ne sono certo, ma... nelle sue parole, le stesse che tu mi hai riportato, io ci ho visto qualcuno... qualcuno che, inconsapevolmente, stava tornando nella tua vita... qualcuno a cui tu non pensavi più.» Il Guru parla molto lentamente, ma con cognizione. «Forse non te ne sarai accorto, preso dai ricordi, ma ogni volta che la tua bocca ha pronunciato quelle che erano le parole che lei disse a te, su quell'uomo di cui lei credeva di essersi
innamorata, tu ti sei irrigidito.»

Lo guardo sbigottito. Al che mi fa cenno di proseguire.
Faccio un bel respiro.

«Le chiesi proprio quello; avevo intuito che c'era stato qualcuno nel suo passato. Mi osservò stupita, per poi ridere della mia gelosia. Ma subito tornò seria. Mi disse che aveva incontrato quell'uomo poco prima di conoscere Joachim. Era un forestiero, come me. Era un uomo al quale nessuna donna poteva resistere, ed anche lei ne subì il fascino. Per lui non fu difficile conquistarla, cioè, conquistare la Flamencita. Leonora cadde nella sua rete; era inesperta, per la prima volta qualcuno le prestava delle attenzioni e lei credette di essersi innamorata.
Quando lui cominciò a farle pressione, volendo di più, lei non se la sentì. Le promise che l'avrebbe sposata, che l'amava più di qualsiasi cosa al mondo. Ciò, però, non bastò e Leonora cominciò a sospettare che per lui era soltanto un gioco.
Una sera che Pablito non c'era, dopo un'esibizione, stava tornando a casa quando lui le sbarrò il cammino e la costrinse a seguirlo. Provò in tutti i modi a divincolarsi. Non c'era nessuno in quel momento per strada e la paura che succedesse qualcosa di brutto la indusse ad urlare. Lui rideva, voleva il suo "bottino". Non servirono le lacrime di Leonora a fermarlo, continuava a trascinarla con sé. Ma da qualche parte, qualcuno riuscì a sentire le urla e prontamente intervenne, salvandola dall'orrore. Era Joachim, lo stesso uomo che più tardi suo padre le presentò. E fu anche per gratitudine che lei accettò di frequentarlo.»

La zingara dell'AndalusiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora