Sebastian
Trascorro la mattina in giro per Siviglia alla ricerca di un lavoro, non immaginavo fosse tanto difficile. Mi sto proponendo per fatiche perlopiù manuali, non avendo alcuna qualifica. Ho chiesto persino al cantiere dove lavorano Gonzalo e Pablito ma anche lì sono al completo, nonostante il mio amico abbia cercato di mettere una buona parola per me. Sono oramai tre ore che percorro le strade di questa città che sembra non volermi ospitare; se non trovo nulla dovrò spostarmi altrove. Non mi arrenderò così facilmente.
È quasi ora di pranzo e mi avvio verso casa di Gonzalo. María è molto ospitale e, in attesa che rientri il marito, mi chiede della mia giornata di ieri. Si vede che la sua non è semplice curiosità ma interesse, non è una donna che ama spettegolare e l’ho capito da come non si sia intromessa l’altra sera, al mio arrivo, nella discussione con i miei due amici. Decido così di raccontarle tutto, soprattutto della reazione di Juanito; essendo mamma magari può darmi qualche consiglio e, non standoci dentro come Leonora, sicuramente ha un punto di vista più obiettivo. I suoi consigli mi rincuorano, anche secondo lei mio figlio ha solo bisogno di tempo per accettare la realtà, ma già che mi abbia accettato in casa sua è un buon passo avanti. Mi sento davvero più sollevato, la sua dolce voce calmerebbe qualsiasi animo e sono sicuro, ancora una volta, che Leonora si troverebbe davvero bene con lei.
Dopo pranzo, comunico che questa sera non tornerò. Prenoterò una stanza alla locanda per trovarmi già l’indomani ad Almendra e passare più tempo con i miei due tesori.
Prima di arrivare nella piazza nella quale sostano le corriere, passo dinanzi all’ufficio postale e così, per un motivo non preciso, qualcosa mi spinge a leggere alcuni avvisi affissi sulle vetrate. Tra le varie comunicazioni ce n’è una che subito mi salta all’occhio: cercano uno smistatore di lettere. Non vi è scritto altro e senza pensarci due volte entro nella struttura dove in fila vi sono appena tre persone. Attendo il mio turno e chiedo all’operatore informazioni sull’avviso di lavoro. Mi dice di attendere qualche istante e dopo un paio di minuti un uomo avvolto in un completo formale si presenta come il direttore. Mi fa accomodare in quello che dev’essere il suo ufficio e mi pone una serie di domande sulla mia vita privata, alle quali rispondo tralasciando molti particolari, e su eventuali esperienze lavorative. Il colloquio dura forse una decina di minuti, al termine del quale il direttore mi congeda dicendomi di presentarmi fra due giorni per una prova. Lo ringrazio e vado via con una nuova speranza. Farò di tutto per farmi assumere.Il viaggio in corriera sembra durare meno del solito, forse perché mi lascio andare a pensieri positivi, alla possibilità di poter lavorare e garantire una vita onesta e umile alla mia Leonora, un presente sicuro al mio piccolo Juanito.
Mi incammino per le stradine del borgo che oggi sembrano sorridermi, gli alberi che germogliano donano serenità, le voci dei bambini mettono allegria. Mi fermo ad un chiosco che vende fiori e ne compro un mazzetto variopinto e dal profumo inebriante, mentre più avanti acquisto anche un album da disegno e delle matite colorate.
Col cuore che galoppa, ma col sorriso sulle labbra, giungo davanti al cancelletto verde. Esito qualche istante per poi battere le mani, dopo aver adagiato sul muretto alle mie spalle i vari doni. Solo al secondo tentativo vedo Leonora affacciarsi alla porta. Quando nota la mia presenza, un sorriso le illumina il volto e corre ad aprire il cancelletto. Ci salutiamo con un semplice "ciao" e m’invita ad entrare in casa. Recupero i miei acquisti e la seguo.«Juanito è di là, sta giocando» mi dice. Ed infatti odo la sua vocina provenire dall’altra stanza.
«Questi sono per te» esclamo, porgendole i fiori.
Li annusa e li ammira per poi ringraziarmi. Azzardo ad avvicinarmi a lei per stamparle un bacio sulle labbra. Ovviamente non mi espongo troppo nel caso in cui Juanito dovesse palesarsi.