Epilogo🌺

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Sebastian

Oggi il cielo su Siviglia è di un azzurro intenso e il sole riscalda questa meravigliosa giornata di metà ottobre. La piccola chiesa che abbiamo scelto per celebrare il matrimonio è addobbata con fiori bianchi e rosa. È stata Leonora a sceglierli, sicura del fatto che questa volta nel suo grembo ci sia una bambina. Ovviamente se sarà un altro maschietto andrà bene lo stesso, tanto le ho già detto che, nel caso, ci riproveremo ancora e ancora finché non nascerà anche una femmina. È scoppiata a ridere, ammonendomi sul fatto che per me si tratta solo di pochi minuti, mentre chi deve lievitare per nove mesi è lei.

Juanito cammina avanti e indietro per la navata, dando l’impressione di essere più agitato di me. Mi ha già chiesto quattro volte quando arriva la mamma.

Questa mattina ci siamo preparati prima noi, per poi uscire di casa e raggiungere Gonzalo e Pablito, mentre María e Candela sono rimaste ad aiutare Leonora.
È da appena un’ora che non la vedo ma so che a momenti arriverà.

Afferro Juanito quando noto un brusio all’ingresso della chiesa. I pochi invitati entrano per prendere posto, segno che la sposa è arrivata. Infatti, le note di un'Ave María provenienti dall’organo accolgono la donna che tra poco diventerà davvero mia moglie e che a passo lento percorre la navata al braccio di Pablito.
Il suo abito avorio, lungo, semplice, la rende splendente. Tra i capelli le scivola un velo che le copre di poco il viso, ma quel tanto che non mi impedisce di notare l’emozione che la illumina.
I suoi occhi vagano da me a Juanito che la fissa perplesso, come se non l’avesse riconosciuta.

«La mia mamma!» esclama, infatti, nell’attimo in cui sollevo il velo scoprendo il volto raggiante di Leonora. Entrambi sorridiamo.

Le lascio un bacio sulla fronte, per poi accomodarci dinanzi all’altare e scambiarci quelle promesse che questa volta sono ufficiali.

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Mesi dopo

Passeggio avanti e indietro, l’ansia e la paura mi assalgono ogni volta che sento Leonora lamentarsi. Di là con lei ci sono María, Juanita e una levatrice. Non riesco a trovare pace. Avrei voluto chiamare un medico ma mi è stato severamente impedito quando sono iniziate le doglie.
Leonora aveva già deciso che ad aiutarla a partorire doveva essere di nuovo Juanita, che ora vive con suo marito a pochi isolati da noi. Si è poi aggiunta María quando le ho portato di corsa Juanito, rimasto in
compagnia di Seba sotto la sorveglianza di Gonzalo e Pablito, lì presente con la sua futura moglie, Candela, alla quale non ho esitato ad affidare mio figlio, sotto gli sguardi accigliati di quei due.

Un altro lamento arriva dalla camera da letto e d’istinto mi precipito alla porta ma, come se già sapessero della mia reazione, mi impediscono di entrare; è María ad uscire qualche istante per rassicurarmi. La sua pacatezza mi tranquillizza, solo per qualche minuto, però, perché poi ricomincio a consumare il pavimento e a lasciarmi corrodere dall’ansia.

Quando ormai sembra non provenire più alcun lamento, sento come un pianto disperato, un pianto irrequieto, insistente, un suono nuovo che pian piano pare sempre più vicino. Mi fermo e resto immobile.

La porta della camera si apre e Juanita mi rivolge un gran sorriso. «È nata. Tua figlia è nata, Sebastian!»

Non attendo un istante di più e mi precipito dalla mia Leonora. È visibilmente sfinita, adagiata su più cuscini ha gli occhi chiusi e il respiro leggermente affannato.
Mi avvicino e le prendo la mano. Al mio tocco apre lievemente gli occhi e mi sorride. Mi siedo sul bordo del letto accanto a lei cercando di fare attenzione.

«Te l’avevo detto che sarebbe stata femmina» mormora con un filo di voce.

Le sorrido. «Come ti senti?» le chiedo preoccupato.

La zingara dell'AndalusiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora