Capitolo 20

403 77 37
                                    

Quella notte fu davvero insonne, mi agitai di continuo. Il mio unico pensiero era Leonora. La sua vicinanza, il giorno prima, aveva acceso in me emozioni che non avevo mai conosciuto. Dovetti ammettere a me stesso che erano bastati pochi giorni, pochi attimi, pochi sguardi per innamorarmi di lei. E non avrei dovuto. Sarei andato via, era quella la mia vita: andare in giro per il mondo e ricominciare a navigare.
Stranamente, però, mi resi conto che non pensavo più al motivo per il quale quella mia vagabonda esistenza era iniziata; la sete di vendetta si era in qualche modo placata. Seppure, a volte, ripensando a mia sorella, e al fatto che non avessi nulla da perdere, mi assaliva la smania di tornare a bordo e raggiungere le coste africane. Quella stessa smania, però, moriva nell'istante in cui nei miei pensieri compariva Leonora, che era, oramai, diventata un pensiero costante, prepotente, indispensabile.

***

«Che ne dici se domani andiamo via?»

«Domani?!» chiesi come se non ne avessimo già parlato.

«Per me potremmo partire anche oggi… adesso.»

«Domani andrà bene, Gonzalo… Domani» risposi, mentre mi attanagliarono emozioni contrastanti.

Non avrei più rivisto Leonora, ma non avrei potuto, in ogni caso, chiederle di più, dal momento, peraltro, che stava per sposarsi. Quel pensiero mi bloccò il respiro per un attimo, mi sentii raggelare come era accaduto nel momento in cui me l’aveva confessato. Non avevo potuto fare altro che riaccompagnarla alla stradina, oltre la siepe, per poi lasciarla andare. Non potevo permettermi di starle accanto, né di chiederle altro. Dovevo soltanto capacitarmi che tra noi non ci sarebbe stato mai alcun futuro.

***

Distrattamente mi diressi al fiume. Ripensai alle sue parole; andava lì per riflettere, per non pensare. Ed io non volevo più pensare, dovevo lasciar andare ciò che avevo rischiato di far nascere nel mio cuore.
Osservavo l’acqua scorrere dinanzi a me. Un lieve scalpiccio mi indusse a voltarmi. Il mio cuore prese a battere veloce contro la mia volontà. Ancora non si era accorta di me; Leonora avanzava con lo sguardo chino stando attenta a dove mettere i piedi e quando fu sicura di trovarsi sulla ghiaia sollevò gli occhi rimanendo pietrificata. Ci guardammo per qualche lungo istante rimanendo in silenzio, ascoltando solamente lo scorrere lento del fiume.

«Cosa ci fai tu qui?» mormorò.

Non parve arrabbiata.

«Volevo starmene un po’ da solo prima di…» La guardai, col cuore che sembrava voler rompersi in mille pezzi. «Prima di andarmene» conclusi.

I suoi occhi parvero diventare due abissi nei quali vi sprofondai senza ritegno. La vidi tremare leggermente.

«Quando?» sussurrò.

«Domani.»

Volse lo sguardo al fiume mentre molto lentamente mi si avvicinò. Si sedette sulla sponda immergendo i piedi nell’acqua dopo essersi tolta le scarpe, lasciando, però, che l’orlo della gonna le scoprisse solamente le caviglie.

«Posso?» le chiesi, indicando di sedermi accanto a lei.

Accennò di sì.
L’acqua era gelida ma a lei non parve farle effetto. Sembrava anestetizzata.

«Quando ti sposerai?» le chiesi, consapevole che la sua risposta mi avrebbe lacerato ulteriormente.

«Tra qualche settimana, quando Joachim tornerà da Cordova. È già tutto deciso» disse sospirando.

«Perché non mi sembri felice?»

I suoi occhi erano puntati incantati su uno scoglio.

«Chi ti dice che non lo sia?»

La zingara dell'AndalusiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora