Capitolo 34

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Sebastian

Dinanzi all’abitazione di Leonora, seminascosto dal vecchio albero, attendo il suo ritorno con una certa tensione. Ho lasciato che andasse da sola a riprendere Juanito, non è ancora opportuno farci vedere insieme, nonostante io muoia dalla voglia di poter passeggiare con lei alla luce del sole, ma dobbiamo procedere con cautela soprattutto nei confronti di nostro figlio. Ed è per lui che sono in ansia, per questo secondo incontro. È consapevole che io sono suo padre ma probabilmente ha bisogno di tempo per accettarlo.
Sento delle voci farsi sempre più vicine e quando intuisco che sono le loro mi paleso cercando di rilassarmi e sorridere.
Non appena mi vede, Juanito si ferma, mentre Leonora è intenta ad aprire il cancelletto. Non oso muovermi, quasi non oso nemmeno respirare. Non so cosa aspettarmi. Il mio cuore accelera i battiti mentre i secondi passano in un’attesa sempre più snervante.

«Ciao!» Il saluto di mio figlio mi scioglie.

«Ciao!» Ricambio sorridendo e chinandomi alla sua altezza. «Come stai?» gli chiedo per rompere il ghiaccio.

«Bene!» risponde, continuando a fissarmi. Sembra che mi stia studiando e provo quasi un certo imbarazzo.

«Ti ho portato una cosa. Vuoi vederla?» Cerco un varco per guadagnarmi una piccola possibilità di cominciare ad entrare nel suo cuore.

Annuisce subito.
Mi sollevo e dal muretto prendo un pacco avvolto in una carta marrone, intorno alla quale ho fatto realizzare con un nastrino un fiocco. Gli occhi di Juanito diventano curiosi. Gli porgo il regalo e da bambino ben educato mi ringrazia.

«Che ne dici se prima entriamo in casa e poi lo scarti?» esclama Leonora sul cui volto intravedo la stessa ansia che provo io.

«Mangi con noi?» mi chiede, poi, quella vocina che vorrei mi parlasse un po’ di più.

«Molto volentieri» rispondo, contento di aver fatto un primo passo.

Superiamo il cancelletto. Lascio che Leonora mi preceda, mentre Juanito le porge il pacco forse un po’ ingombrante nelle sue piccole braccia. Ma resto sbalordito quando torna indietro e mi prende per mano, lasciando attonita anche sua madre.

«Ti va di vedere la mia camera?» mi chiede, sollevando completamente la testa e fissandomi.

«Certo che mi va!» rispondo, mentre il cuore mi scoppia dentro per la gioia.

Entriamo in casa. L’effetto avuto questo pomeriggio sembra rimanere accantonato in un angolino. Seguo Juanito che mi conduce in una camera, ad una prima vista, semivuota; addossato ad una parete scorgo un vecchio secrétaire con molteplici cassettini, accanto, sotto ad una finestra sulla quale spiccano delle tende un tempo candide ed ora leggermente scolorite, una poltrona a dondolo. Un armadio non molto grande giace sul lato opposto della camera, nella quale vi sono poi alcuni giochini sparsi.

«Mamma, ora lo posso aprire?» La voce di Juanito mi desta dai miei pensieri: “Come mai non vi è un letto qui?”

Leonora porge il pacco al piccolo che, trepidante, comincia a strapparne la carta finché non esplora l’interno della scatola.

«Ooooh! Guarda, mamma, una nave!» esclama davvero sorpreso.

«In realtà, è un vascello pirata» gli spiego.

«Davvero?!» mi chiede, mentre i suoi occhi sembrano illuminarsi. «Anche il tuo era così?» mi domanda poi, continuando ad ispezionare l’oggetto di dimensioni abbastanza grandi rispetto ai giochi presenti nella stanza.

«Più o meno» rispondo.

«Hai mai trovato un tesoro?»

«Sì, una volta» ammetto, portando il mio sguardo su Leonora che è rimasta a fissarci addossata alla parete.

La zingara dell'AndalusiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora