33 Kaos

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Per le strade di Kaos, il fumo aleggiava nell'aria come una nebbia claustrofobica. 

Le stradine strette e dissestate erano pervase da una breccia rovente che si rotolava insieme alle polveri provenienti dalla grande miniera. Arken De Laròw non era mai stato in quella terra desolata e dimenticata da tutti. Mentre avanzava, incappucciato nella sua tenuta scura e aderente, si premeva l'avambraccio sulla bocca per non respirare l'aria tossica. Si rese conto che anche i suoi anfibi neri non erano adatti a quel posto per il calore che pulsava sotto le dita dei piedi. Poco dopo, superate le nubi di fumo, alzò lo sguardo e vide sbucare tra la grigia atmosfera un bagliore rosso: era arrivato.

In lontananza, terra bruciata, alberi secchi ed erba essiccata coprivano una collina formando un variopinto manto di colori caldi. Una caverna infuocata si delineava sotto di essa, mentre sulla parte superiore si ergeva un'imponente torre a spirale. A mano a mano che la torre si stringeva verso la punta, estesi rampicanti le si intrecciavano attorno ricoprendo l'intera facciata.

Arrivato sotto la miniera, Arken osservò gli uomini, le donne e bambini che lavoravano senza sosta maneggiando il ferro infuocato. Nessuno di loro sembrava essersi accorto della sua presenza e non erano intenzionati ad alzare lo sguardo. Proseguì passando tra loro, in cerca di un modo per raggiungere la vetta. È lì che doveva andare. Attraversando la navata si guardò intorno. Armi di ogni genere sotto i suoi occhi. Quella miniera era un vero pozzo d'oro per chi amava l'armeria. Ecco che l'arco e le frecce agganciati al gran dorsale tutt'a un tratto non gli sembravano più così appaganti. Fu tentato di fermarsi per sfiorarle e studiarle come faceva da bambino al mercato nero, insieme a suo padre, fin quando un Angelo in carica non l'aveva ucciso mozzandogli la testa con una spada affilata. Di colpo smise di venerarli. Erano passati dodici anni ormai e quell'Angelo poltriva all'inferno per mano sua. Almeno secondo lui era lì a essere finito per i suoi peccati commessi. Certo era che se avesse accettato l'incarico anche lui sarebbe potuto finire nello stesso posto, ma la ricompensa valeva ogni rischio.

Un uomo vestito di stracci si avvicinò e osservandolo nella sua veste sinuosa e attillata sembrò quasi volergliela rubare.

«Cosa la porta a Kaos?» gli chiese. L'occhio destro a tratti sembrava puntare nella direzione opposta alla loro posizione, mentre il sinistro non lo mollava un attimo.

«Ho un invito. È da parte di Viraha. Come raggiungo la vetta?» chiese in tono pacato.

«Arken De Laròw. L'aspetta in cima alla torre... Cacciatore» l'avvertì mentre la bava gli colava dal lato destro della bocca. «Di qua» gli indicò la strada poco più avanti.

Arken lo seguì senza fare altre domande. Attraversò un'arcata e salì delle scale a chiocciola. Passò in un antro buio prima di ritrovarsi in una grandissima loggia vuota. Imponenti archi decorati con motivi greci si susseguivano uno dopo l'altro sul lato esterno della torre e maestosi quadri erano esposti lungo le pareti interne. In ogni dipinto era raffigurato il ritratto di un esponente del mondo Alfano. Le lunghe tuniche chiare e il simbolo del rombo rovesciato su due mani li rendeva impossibili da confondere.

Circa quaranta minuti dopo, Arken era arrivato in cima alle scale. Era sbucato su un pianerottolo senza finestre, piccolo e cupo. Oltre al tanfo di muffa sentiva anche il bruciore dei polpacci che gli andavano a fuoco dopo quasi quattrocento scalini. Un'arcata al centro dell'antro precedeva un'altra scalinata stretta. Questa volta erano solo pochi gradini e, in cima, una serratura massiccia giaceva davanti a una grata traforata. Dietro di essa, un uomo anziano dai tratti spigolosi con gli occhi di ghiaccio e la pelle spettrale.

«Identificati» mugugnò. Il colletto rigido della tunica porpora gli copriva la bocca.

«Arken De Laròw» rispose il cacciatore salendo quegli ultimi gradini.

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