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48 ore alla Nomina

Il taxi di Denise si fermò proprio davanti al 450 Golden Gate Avenue. Uscita dall'auto si guardò intorno. Le mani le tremavano e la foschia le smuoveva i capelli. Il Phillip Burton le era già noto come Palazzo di Giustizia della città, e non di certo come accesso a un mondo sovrannaturale di cui lei era preda. Alzò lo sguardo: ventuno piani. In città esistevano edifici molto più alti, ma da quell'altezza nessuno si sarebbe salvato. Si incamminò sul marciapiede per attraversare le aiuole che separavano la strada dal porticato centrale sotto il quale si ergeva il portone di ingresso.

"Le aiuole sono viola."

Se Norma aveva ragione su questo, era sicura che avrebbe avuto ragione anche sul resto. Era dunque nella zona viola così come le aveva spiegato il suo mentore.

Entrò all'interno dell'edificio, aspettandosi di trovare mostri e scimmie urlanti. Invece si imbatté in una reception ben allestita, persone vestite eleganti che andavano avanti e indietro e telecamere sospese negli angoli del piano. Niente di bizzarro.

Un operaio su di una scala era piazzato al centro della reception e stava riparando il grande lampadario sospeso a mezz'aria. Denise afferrò il cellulare e guardò lo schermo luminoso: mancavano ancora due minuti e poi avrebbe avuto l'ennesima prova del potere di Norma.

Come da programma, mentre l'operaio scendeva dalla scala, poggiò il piede nel vuoto. Perdendo l'equilibrio si aggrappò al lampadario sradicandolo dal soffitto. Il caos e il panico si propagarono nell'edificio. Tutti accorsero verso quella direzione. Per un attimo Denise restò immobile a fissare l'operaio schiacciato dal peso di quel grande lume da sala, probabilmente messo male. Un addetto alla sicurezza le passò accanto urtandole la spalla e capì che quello era il momento adatto per intrufolarsi in ascensore. I secondi di attesa furono interminabili. Pregò che quell'assurda giornata volgesse presto al termine. Le porte si aprirono davanti ai suoi occhi increduli e una volta dentro premette il pulsante PH tre volte sperando che nessuno la vedesse salire.

Denise era convinta che sarebbe sbucata direttamente sul tetto ma, pochi minuti dopo, l'ascensore si aprì su un piano coperto senza luci.

Una volta fuori, utilizzò la torcia del suo iPhone per scrutare meglio gli angoli più scuri. Avanzando le sembrò di notare scaffali e scatoloni, forse era nel magazzino. A un tratto sentì un lamento provenire dalla sua sinistra e voltandosi in quella direzione vide del sangue sparso sul pavimento. Una striscia rosso scuro si prolungava nel buio. La seguì e vide un uomo mal ridotto strisciare sul pavimento.

"È il medico della visione di Norma."

La ragazza bionda era accanto a lui, chinata di spalle. Con ogni probabilità era arrivata tardi, l'aveva ucciso e la sua vecchia vita sarebbe rimasta solo un desiderio lontano.

«Ehi!!» gridò.

La ragazza scattò in piedi e scappò. Denise gridò ancora: «Fermati, fermati!». Arrivò ai piedi dell'uomo, era ancora vivo. Aveva una ferita allo stomaco e perso molto sangue, ma forse c'era speranza per lui e forse anche per lei.

«Fermala!» gemette lui.

«Se ti lascio morirai dissanguato, non posso permetterlo!»

«Me la caverò, muoviti» gridò.

Lei tentennò ancora qualche secondo.

«Ho detto va!» urlò ancora l'alchimista.

Denise si alzò in piedi e corse verso la porta antincendio. La aprì e corse su per la rampa di scalini che portava al tetto dell'edificio. Sapeva che la ragazza sarebbe andata lì.

Empowerment, Blank Slate SagaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora