2 Oracolo

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Oceano Atlantico Settentrionale

21.12.2001

Era notte.

Era buio.

Mi ero incamminato lungo il deserto sentiero Alfa che conduce alla torre di controllo. Mentre salivo le interminabili scale a chiocciola, mi resi conto di quanto fossero molto più alte di come le ricordavo. Di solito non esco dalle mie stanze senza una scorta, ma quella sera dovevo essere solo, dovevo andare incontro al mio destino senza oppormi. Erano anni che attendevo questo momento, il giorno in cui sarei stato rapito, l'inizio di un calvario che – anche per un re vecchio quanto me, ancora in vita all'età di 890 anni – durerà un'eternità. Posso dire di essere Re Unico, di nome e di fatto.

Dalla nostra torre riuscivo a vedere attraverso un binocolo speciale, che fungeva da quadrante di riduzione, il riflesso di quello che accadeva a circa ottomila metri sulla superficie dell'oceano. La tempesta di fulmini e saette imperversava sulle acque agitate, bagliori alternati si riflettevano oltre la grande cupola opaca che avvolgeva Zeon, proteggendola dalle acque gelide. Trovarsi così vicini al mare, troppo vicini, può avere degli svantaggi. Ero nervoso, ansioso, continuavo a toccarmi la barba. Ripensavo alla mia intera esistenza, fatta di previsioni, attese, speranze e letture, non solo di manuali e testi. Il più delle volte preferisco decifrare le verità negli specchi. È pur vero che un Re che ha il privilegio di essere anche un oracolo, dovrebbe consultare di continuo le sfere di cristallo; ma io le ho sempre trovate antiquate, poco chiare e senza profondità. Gli specchi, al contrario, rivelano tutto: tutto quello che sei destinato a vedere; e mai quello che vorresti sapere. Parlano in continuazione. Ti svelano ciò che sei, la vera natura degli altri, quello che forse accadrà. In questo caso, mi ero allontanato di proposito dal mio stesso specchio che sarebbe stato usato di lì a pochi minuti come transfert per entrare nella mia fortezza. Così avevo predetto e così sarebbe accaduto.

Ogni volta che predico un evento che mi riguarda, sento i brividi su tutto il corpo, un fastidio nello stomaco, come un bambino che, caduto in mare senza saper nuotare, viene travolto da un tragico epilogo. Poggiai di nuovo gli occhi sul bordo del binocolo e vidi un galeone attraccare al valico più vicino. Attendeva solo me, nonostante io non avessi mai voluto intraprendere quel viaggio. Immaginavo il rumore delle onde, che con violenza battevano contro di esso offuscando qualsiasi suono, qualsiasi voce. Perfetto per coprire i lamenti di colui che di lì a poco sarebbe stato rapito. Ignoravo quello che mi sarebbe accaduto, ma sapevo che sarebbero stati gli ultimi minuti nella mia dimora. Poi udii dei passi sulle scale della torre che mi stavano raggiungendo svelti.

«Eccoli!» esclamai chiudendo gli occhi, respirando un'ultima volta l'aria di casa. Dentro di me speravo solo di aver ben istruito chi avrebbe fatto le mie veci. Ero consapevole della mia uscita di scena, non potevo oppormi; al contrario, avevo già interferito troppo con il futuro lasciando ai miei discepoli velate istruzioni per far sì che gli eventi seguissero precise dinamiche.

Il destino non può essere eluso, ti aspetterà sempre alla fine di qualunque sentiero tu abbia scelto di percorrere.

Due uomini entrarono. Il primo era alto e forzuto, e mi diede un pugno nello stomaco; il secondo, un tipetto secco e insignificante, rimase a guardare. Non opposi resistenza, sperando di limitare i traumi che, ne ero certo, avrei subito quella notte. Fui caricato sulle spalle del primo mentre l'altro saliva su una sedia e afferrava la lanterna luminescente sospesa al centro della mia stanza. In quell'istante qualcuno entrò a passo lento, me ne accorsi dalla penombra che provocò la lanterna. Mi agitai per alcuni istanti cercando di voltarmi, volevo soddisfare l'esasperata necessità di sapere quello che il mio stesso specchio non era riuscito a mostrarmi.

Empowerment, Blank Slate SagaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora