13 Manifestazioni

19 2 7
                                    

Erano passate sei ore dalla morte di Alfred. Il buio iniziava a svanire con estrema gentilezza, nascondendosi tra le sagome delle case. Un taxi accostò al 298 di Chestnut Street, dopo aver sfrecciato lungo le strade della città. La portiera posteriore si aprì e un décolleté nero si fece strada seguito poco dopo dal suo gemello. Una ragazza scese dall'auto accompagnata da due adulti che la seguirono al portone di Villa Highborn.

La ragazza dai capelli neri, vestita dello stesso colore, guardava un punto fisso quasi come se stesse cercando qualcuno.

«Tutto bene, Martine? Che ti prende?» le chiese l'uomo.

«Già, che ti prende?» rispose subito agitata l'altra donna, sfiorandole una spalla.

Martine sbuffò. «Non è niente. Non trattatemi sempre come una bambina.»

In realtà stava guardando l'albero di magnolia piantato poco più in là nel giardino. Le aveva riportato alla mente uno dei ricordi più belli dello zio, il momento in cui da bambina era inciampata tra le sue radici e lo zio le aveva raccontato della magia per la prima volta, facendole dimenticare il dolore. Quel luogo le era mancato, vi era molto affezionata ed era quasi un anno che non ci tornava.

La grande porta di legno venne aperta da zia Hellen. Non l'aveva mai vista con uno sguardo così perso. Si fissarono. La bocca di Hellen vibrò e Martine si gettò tra le sue braccia.

«Non è vero, dimmi che non è vero» farfugliò stringendola più forte che poteva.

La zia le accarezzò i capelli con entrambe le mani: «Venite dentro».

«Abbiamo preso il primo volo disponibile da Boston» commentò l'uomo mentre Hellen li faceva accomodare.

«Grazie, Tom! Siete arrivati prima di quanto osassi sperare.»

Martine vide subito le strane creature dall'aspetto biancastro. Si lanciavano occhiate come se non avessero mai visto un essere umano.

«Papà, sono davvero chi penso che siano?» mormorò.

«Ignorali» rispose lui dandole le spalle. La sua famiglia non era abituata al soprannaturale e dopo quello che era successo, suo padre le sembrava ancora più rigido.

Martine guardò sua madre stringersi alla zia, e per un attimo il suo cuore sembrò lacerarsi. Lo sguardo di Lana urlava disperazione, era a pezzi per la perdita di suo fratello, anche se stava cercando di trattenersi non avrebbe retto più di qualche istante prima di cedere alle lacrime.

Sua zia indicò a Lana di seguirla mentre Tom la tratteneva per un braccio. Quando Lana si affacciò nella sala comune si portò una mano alla bocca, iniziando a singhiozzare disperata.

Martine tremava come una foglia, non aveva mai visto la madre così vulnerabile. Si dimenò e suo padre la lasciò andare. Non avrebbe mai immaginato di vedere zio Alfred in quello stato, non lui: la persona che stimava di più in famiglia, il suo idolo, era stato fatto a brandelli. Abbassò subito lo sguardo e si chinò all'orecchio di sua zia.

«Dov'è Nicole?» sussurrò.

«Di sopra. È stata lei a trovarlo. Ho tentato di parlarle, ma... provaci tu, magari ti ascolterà» le rispose, mentre accarezzava Lana accasciata in ginocchio.

Martine le guardò ancora per qualche secondo, poi come violata da quell'immagine disse con voce spezzata: «Vado di sopra».

Si lasciò alle spalle la sala comune e cominciò a salire le grandi scale bianche; mentre procedeva, non riusciva a staccare gli occhi dai messaggeri: si sentiva attratta da quelle figure, su cui aveva imparato molto da un vecchio libro che le aveva regalato lo zio. Erano inquietanti così come li aveva sempre immaginati e l'affascinava l'idea che si presentassero ogniqualvolta l'ordine delle cose veniva alterato. Aveva anche letto che la comunità magica li aveva ribattezzati "Bruti" per la loro capacità di sradicare un albero dal suolo a mani nude. Studiare era la sua passione, ma si era sempre ridotta a farlo di nascosto e chiedere a zio Alfred tutto quello che sapeva quando aveva avuto l'occasione di vederlo e stare insieme a lui, di solito al Ringraziamento.

Empowerment, Blank Slate SagaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora