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Jackie

Nei giorni seguenti ho la testa fra le nuvole.

C'è qualcosa in Beltran che mi spaventa, mi inquieta in modo smisurato. Una vocina nella testa mi ricorda che forse la paura non è l'unica emozione che sento in sua vicinanza, ma la scaccio subito perché non posso essere così malata da provare attrazione per quell'uomo. Scuoto il capo, gettando un'occhiata al computer chiuso sulla mia scrivania. Mi alzo dal letto, dirigendomi verso la postazione. Voglio capire perché quell'uomo sia dentro il penitenziario, perciò apro la pagina d'internet e cerco dei fatti di cronaca nera accaduti a Little Italy. Non trovo niente, cambio e volto pagine almeno sette volte finché non trovo qualcosa che attira la mia attenzione. Assottiglio gli occhi, sentendo il collo sudare dalla paura. Le parole si accavallano, il grassetto non mente e pronuncia un nome che non ho mai sentito prima. «The Crucifer» mormoro sentendo le spalle tremolanti. I giornali, il web riportano diversi omicidi e massacri accaduti esattamente sette anni fa, quando Beltran è entrato nel penitenziario. Il crocifissore, è così che viene chiamato l'assassino di queste persone. Abbasso gli occhi, leggendo nella mente l'articolo scritto anni fa. "L'ennesimo attentato, il Crocifissore colpisce ancora e, stavolta, le vittime sono ben sette ragazze della confraternita femminile del Baruch College." Mi passo una mano in viso, sentendo l'ansia montare al passo dei miei battiti del cuore.

"Le sue vittime, a quanto pare, sono tutte quante sgozzate e prive di sangue oltre che posizionate come il Cristo sulla croce. Non si sa ancora il volto dell'uomo, perciò invitiamo tutti i cittadini a tenere gli occhi aperti." Oltre ai sette omicidi, ci sono anche altri elencati in fondo alla pagina: Aurora e Daniel, una coppia di amorosi che è stata bruciata in auto il giorno di San Valentino. Chiudo il portatile, non riuscendo a leggere oltre. Mi alzo dalla poltrona, passandomi una mano in viso con agitazione.

Con chi diavolo ho a che fare?

Il giorno dopo, a lavoro, ho la testa completamente in subbuglio. Eseguo alcune sedute con altri detenuti, ma sono distratta e non credo di sentirmi neanche bene. All'ora di pranzo, qualcuno bussa alla porta del mio ufficio. «Ehi, stai bene?» corruga la fronte Nolan. Annuisco, ma quando mi alzo per fare il giro della scrivania ho un mancamento. Mi aggrappo all'angolo e Nolan viene in mio soccorso, mostrandomi la sua preoccupazione. «Non stai affatto bene, hai mangiato?» domanda ma io nego con il capo e lui mi fa sedere sulla poltrona. «Non devi saltare i pasti Jackie, se sei preoccupata per qualcosa puoi dirmelo» fa spallucce, chinandosi sulle ginocchia. Sorrido intenerita, è davvero un bravo ragazzo. «Ho solo bisogno di mangiare qualcosa, ho la testa che scoppia.» Nolan mi chiede di rimanere qui, intanto va a prendermi due ciambelle che sono rimaste stamattina e un caffè. Quando ritorna in ufficio lo ringrazio, accettando il piattino con le ciambelle e il caffè a parte. Bevo un sorso, sentendo un groppo alla gola.

Vorrei parlargli di quello che ho letto, ma ho paura. Temo una rimproverata per aver curiosato sul passato di quell'uomo, temo la verità e anche la mia reazione a essa. Quando dissi a Beltran di essere diventata una psicologa per me stessa non scherzai affatto: volevo capire la mente delle persone, ma soprattutto riprendere in mano la mia vita e darmi un contegno. A seguito dell'aborto non ebbi più contatti con Jesse e neanche con Amelia. Ero caduta in depressione, leggevo parecchi libri sulla psiche e sul linguaggio del corpo. A furia di voltare pagina, iniziai ad analizzarmi e a ritrovare me stessa finché non decisi di iscrivermi all'università. Da allora le cose sono cambiate ma, per qualche strano motivo, inizio a sentirmi di nuovo irrequieta come all'ora. «Va meglio?» domanda Nolan, appena finisco di mangiare una delle ciambelle.

«Sì, un po'.»

«Mi vuoi dire cosa ti è successo?» domanda, sedendosi sul bordo della scrivania mentre io distolgo lo sguardo e mi inumidisco le labbra. «So perché Beltran si trova dentro il penitenziario, ieri sera ho cercato su internet dei casi di cronaca nera accaduti a Little Italy e credo di aver capito che sia lui il famoso Crocifissore di cui tutti parlavano.»

Alla fine sono esplosa.

Nolan non dice niente, tuttavia scuote il capo.

«Mi dispiace.»

«Non devi scusarti Jackie, ti sei informata a seguito della vostra seduta e quello che hai scoperto ti mette in agitazione adesso» mi stringe le mani nelle sue. «Tuttavia non devi preoccuparti, ci siamo noi a tenerlo d'occhio qui. Il penitenziario è pieno di agenti addestrati.»

Temo che non basti.

Ho come l'impressione che Beltran stia solo attendendo. Un uomo crudele come lui, sveglio e preciso sa pazientare anche a lungo. «Se non vuoi più vederlo devi solo dirmelo e io non lo porterò più alle tue sedute» conviene. Scuoto il capo, dicendogli che devo andare in fondo a questa storia. Cosa lo ha spinto a uccidere quegli innocenti? Aveva un movente o è semplicemente stato un passatempo crudele il suo? «No, voglio che mi accompagni alla sua cella: ho altre domande da porgli.» Mi alzo dalla sedia, sentendo la coda alta ondeggiare contro la schiena. Liscio l'abito nero modellante e dalle maniche corte, ricevendo un cenno d'assenso da parte di Nolan. Prima di aprire la porta, la mano dell'agente si posa sul mio polso e io mi volto in sua direzione perplessa. Nei suoi occhi c'è serietà, non credo di averlo mai visto così deciso. «Non sai tutto su Beltran» afferma convinto. «Se vuoi andare fino in fondo a questa storia devi conoscerlo meglio» mi spiega. Si guarda intorno per il corridoio, dicendomi di seguirlo nell'area archivi. Naturalmente i miei passi affiancano i suoi, saliamo presto le altre scale e getto un'occhiata distratta a Simonette che ci fissa incuriosita. Le sorrido, per poi sparire dalla sua vista nel corridoio. Nolan apre la porta degli archivi, dicendomi che attualmente la telecamera è spenta.

Qualcosa mi dice che l'abbia spente tutte il direttore.

Chissà come mai...

Diversi scaffali di metallo si stagliano ai miei lati, intanto Nolan mi fa segno di seguirlo nella sala dei computer.

Sono già stata qui, ma di nascosto.

Nolan, raggira la prima scrivania a sinistra e tira fuori dalla sua tasca un mazzo di chiavi. Mette quella giusta e poi apre il primo cassetto, sbirciando prima di tirare fuori un dossier dalla copertina blu con gli anelli. «Non posso dartelo, ma per adesso ti conviene dargli un'occhiata.» Annuisco, aprendolo con il cuore palpitante per poi girare la prima pagina. La foto di Beltran risulta in alto a destra, indossa già la divisa bianca dei detenuti e guarda l'obiettivo con apatia. Scopro che è alto un metro e novantadue centimetri; sul suo corpo sono presenti dei tatuaggi. Nel documento c'è scritto anche che ha una cicatrice sul retro del polpaccio sinistro. Sospiro, cambiando pagina fin quando non mi salta all'occhio un paragrafo in particolare. «Siete riusciti a rintracciarlo tramite la sua ultima vittima» constato, gettando un'occhiata a Nolan che ora è appoggiato alla scrivania. «Sì, Adelia Sanchez: aveva diciotto anni all'epoca. Credo che lui l'avesse adescata per poterla uccidere subito dopo in appartamento. Beltran l'aveva corteggiata a dovere, anche se per finta. Non sapeva però, che la donna nascondesse in casa una telecamera a forma di sfera: sai quelle che si comprano sotto il periodo di Natale?» ammicca e io rispondo di sì. «Ecco, la telecamera era in una di quelle: abbiamo visto l'intero video dell'omicidio ed è stato orribile, credimi Jackie: quell'uomo non è così calmo come appare» esordisce. «C'è altro non è vero?» Annuisce, girando la pagina al posto mio. Appena poso gli occhi sulla diagnosi del neurologo, realizzo che il caso è più tosto di quanto immaginassi. 


Angolo autrice:

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Un bacio.

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