Scott
Richiudo il portone di casa, sentendo un brivido gelido su per la schiena. Mi scordo sempre di accendere i riscaldamenti, infatti ora il mio appartamento ha le temperature dell'Antartide. Lascio le chiavi sullo scaffale di lato al portone, andando ad accendere la lampada sul tavolino del soggiorno. Dopo aver premuto il tasto, sento come un cambiamento d'aria dietro le mie spalle. Mi volto di scatto, tirando fuori dalla fondina la pistola d'ufficio. Assottiglio gli occhi, osservando l'uomo di fronte a me. Occhi color ghiaccio, alto, massiccio e dallo sguardo più sinistro che abbia mai visto. Non tenta neanche di togliermi l'arma dalla mano, mi guarda con espressione fredda e aspetta che io prema il grilletto. Nessuno dei due apre bocca, ci studiamo come due predatori. Alza un sopracciglio, guardandomi dall'alto al basso per poi fare una lieve smorfia pigra. «Sapevo saresti venuto» mi scappa dalla bocca. Buscema, l'uomo che è riuscito a scappare dal penitenziario di Jacksonville è davanti ai miei occhi finalmente. Un assassino spietato, crudele e affatto empatico. Lavoro da mesi sulla sua scomparsa, sul suo caso e adesso è a un passo da me.
«Avrei potuto farne a meno» commenta, annoiato.
«Sei qui per uccidermi, ti sono di intralcio» confermo.
Sorride, sembrando divertito dalla mia costatazione. Mi sembra di star nuotando in un aquario con dentro uno squalo affamato da mesi. «Sei perspicace, te ne do atto» mi indica, giocando con la mia mente.
Tengo la pistola puntata contro il suo petto, non sembra turbato da essa – anzi, sembra quasi sfidarmi a premere il grilletto. «Tuttavia, se sei qui è perché ti senti minacciato da me. Sono a un passo dallo scoprire la verità e tu, sei qui per levarmi di mezzo» nonostante suoni convincente, il mio cuore batte a mille e sembra volermi chiedere pietà. Stuzzicare un assassino di questa portata richiede pazienza e coraggio. Annuisce lievemente, guardandomi da capo a piedi con stizza. «Perché non mi uccidi allora?» ammicco. Gironzola per l'appartamento con non-calanche, sfiorando uno dei quadri appesi di lato al portone. «Oh, non preoccuparti lo farò a breve ma, intanto, sono curioso di capire cosa l'abbia attratta da te» fa una smorfia mentre io assimilo le sue parole.
«Di chi stai parlando?» corrugo la fronte.
Fa una smorfia eccentrica. «Dell'analista» asserisce, facendomi fermare il cuore. «Sai, la bionda dai ricci definiti e il corpo a clessidra» va nel dettaglio, facendo un'espressione compiaciuta.
Jackie?
Nella mia testa partono scenari del tutto incomprensibili, ma presto deglutisco intimorito.
«Cosa le hai fatto?» domando, stringendo la pistola.
Fa un gesto di stizza. «Ah, lei sta benissimo» sorride crudele, avvicinandosi lentamente in mia direzione. «Si trova a Chicago» aggiunge, arrivandomi a un soffio dal viso. Gli ripeto di starmi lontano, compio un passo indietro e lui inclina il viso di lato. «Temi per la sua incolumità, quanto sei patetico» mi sfotte, ridendomi in faccia come un pagliaccio.
«Se l'hai toccata giuro che ti ammazzo, qui, seduta stante» ringhio, mentre lui sposta con l'indice la punta della pistola. Ho come l'impressione che lui sappia qualcosa che io non so sul conto di Jackie, sembra troppo tranquillo e rilassato. Buscema poggia entrambe le mani sulle mie spalle, facendomi fremere incazzato dal suo tocco. «Mi fai quasi pena, tutto afflitto e preoccupato per una donna che in realtà, sta bene dove sta» commenta. Si avvicina al mio orecchio, sussurrando delle parole che mi fanno gelare: «Proveresti ancora affetto per lei se ti dicessi che scodinzola per me come un cagnolino?» domanda, spostandosi per guardarmi negli occhi. Scuoto il capo, sentendo paura e delusione dentro di me. Sto per dirgli che non è possibile, quando di colpo mi rifila una testata che mi fa retrocedere violentemente. La pistola cade a terra e lui la scalcia via con lo stivaletto, agguantandomi per il collo con furia. Finisco contro il muro, tento di difendermi con una gomitata piazzata sul suo viso e lui indietreggia appena lo colpisco. Ride rauco quando tento di prendere la pistola, mi rifila un calcio sul retro del ginocchio e io crollo a terra, perdendo l'equilibrio. «Povero Emilton, prima viene lasciato dalla donna per cui prova qualcosa e dopo perde l'opportunità di scoprire la verità sul caso per cui lavora da mesi» snocciola, mentre io ringhio frustrato. Si rigira la pistola tra le dita, guardandomi con disprezzo e una punta di sufficienza.
«Tutto questo ti diverte vero?» esordisco.
«Da morire» replica, curvando le labbra in un ghigno. Mi rialzo da terra con i palmi, intanto che lui si ferma dietro la mia schiena e mi tira dai capelli.
«Figlio di puttana» strido i denti, alzando il mento.
Sorride, sento che traffica con la sua giacca e, dopo poco, una lama affilata striscia violentemente lungo la mia gola. Sgrano gli occhi, sentendo il fiato mancarmi e la pelle bruciare. Del sangue gocciola sul pavimento, zampilla dalla carotide provocandomi ansia e fiato irregolare. «Questo non è il tuo giorno fortunato Emilton» sussurra contro il mio orecchio, lasciando la presa sui miei capelli con rabbia per poi farmi cadere di testa contro le mattonelle. Il sangue ormai macchia la mia camicia, il pavimento e tocco con le dita il liquido rossastro che gronda fuori dal mio collo. Tossisco, singhiozzo e so già che questo battito rallentato mi porterà alla fine. Buscema lascia la pistola di lato al mio viso, come ultimo saluto mentre si dirige verso il portone.
Ha concluso il suo lavoro.
Tossisco, mi sembra di non avere più forza all'interno del corpo. Riesco a prendere la pistola per miracolo, tento di mirare contro la sua gamba ma, proprio quando sto per premere il grilletto, il portone si chiude. Sbatto la testa a terra, affaticato e deluso dalla mia mancanza di forza fisica. Soffoco sul parquet freddo, pieno del mio sangue ormai sgorgato e ancora caldo. Non è così che immaginavo la mia fine, non credevo di morire per mano sua. Sapevo che prima o poi mi sarebbe accaduto qualcosa di brutto, ma non pensavo a nulla del genere. Tossisco un'ultima volta, sentendo la vita scivolarmi via dalle mani come una piuma.

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Il Male In Te
ChickLitIl penitenziario di Jacksonville appariva come un luogo austero, privo di vita. Dietro quelle sbarre di metallo si nascondevano uomini pericolosi, viziosi e condannati. Il direttore, ormai esausto e pronto alla pensione, cercava disperatamente una n...