Jackie
Questa mattina non ho proprio voglia di alzarmi.
Sospiro, rigirandomi più volte sul letto per poi passarmi una mano tra i capelli. Ho già spento una volta la sveglia, non voglio doverla spegnere di nuovo quindi mi costringo ad alzarmi in piedi per andare in bagno a farmi una breve doccia. Oggi è sabato, stasera dovrei andare a casa di Scott ma la mia mente è tutta quanta rivolta a quel mostruoso ragazzo dagli occhi ghiaccio. Il suo silenzio, a volte, mi fa più paura della sua boccaccia scorbutica. Scuoto il capo, insaponandomi il corpo sotto la doccia per poi mettere lo shampoo sul cuoio capelluto. Quando ho finito, mi dirigo verso il lavabo per poi tirare fuori dall'armadietto il phon. Preferisco farmeli ricci oggi, quindi uso la piastra dopo. Quando finisco la mia solita routine, mi dirigo in camera per scegliere cosa mettere. Frugo nella cabina armadio, tirando fuori una gonna a tubino nera e una camicetta bianca, piuttosto professionale. Ai piedi infilo i tacchi a spillo, perciò non sono proprio comoda. Inspiro, dirigendomi verso la scrivania per prendere la tracolla e le chiavi. Quando arrivo al penitenziario è Simonette ad aprirmi con uno splendido sorriso, chiedendomi se io voglia le ciambelle. Ne prendo una al cioccolato fondente, ringraziandola per poi addentarne un pezzo.
«Allora, come va con Emilton?» domanda curiosa.
«Bene, è un ragazzo davvero interessante.»
"Ti piace, ma non abbastanza."
Perché deve venirmi in mente proprio adesso?
Sbatto le palpebre, mentre Simonette sembra essere contenta del mio "uomo". Non stiamo insieme, ma lo sto frequentando e mi sembra la scelta più giusta al momento. Scott è sveglio, sicuro di sé e non è di certo noioso come qualcun altro pensa. «Bene, ora ritorno al lavoro» la saluto, facendole l'occhiolino. Salgo le scale, aggrappandomi al corrimano per poi dirigermi al mio ufficio. Minuti dopo, a seguito delle mie sedute mattiniere, ricevo la visita di Scott. Sorrido, lasciandogli un bacio sulla guancia appena fa il giro della scrivania e si china sul mio volto. Mi alzo, poggiando le mani sulle sue spalle con un broncio addolcito. «Sai che ti dona questa camicia nera?» lo osservo dall'alto al basso mentre lui sorride divertito e scuote il capo.
«Grazie, ma tu sei assolutamente più bella» afferma.
«Dunque stasera vieni da me?» chiede, ammiccando.
«Sì, devo solo preparare il borsone e poi verrò all'indirizzo che mi hai inviato» gli picchietto la spalla mentre lui mi stringe i fianchi con le sue dita lunghe. Mi lascia un bacio sulla fronte a poi annuisce, staccandosi lentamente quando sente il telefono vibrare in tasca. Mi fa segno di aspettare un attimo, a quanto pare lo stanno chiamando dalla centrale. Compio un passo indietro, lasciandogli il dovuto spazio per poi incrociare le braccia al petto. Al contrario di quanto pensassi, Scott non resta in ufficio, anzi, cerca di mettere distanza da me e questo mi fa insospettire un po', ma tento di non farglielo notare.
Non si parla di lavoro, è la nostra regola.
Appena Scott esce dal mio studio mi risiedo sulla poltrona, sentendo il mio telefono squillare.
Il numero non lo conosco, credo sia anonimo. Rispondo, sentendo silenzio per i primi cinque secondi. «Pronto?» riprovo.
«Ormai è quasi ora di pranzo, a quest'ora i bambini della scuola elementare dovrebbero uscire o sbaglio?» Capisco chi è a farmi la domanda e io sbianco, aggrappandomi alla scrivania con le dita. Inizio a tremare, respiro a fatica e scuoto il capo. È Beltran, come ha fatto a ottenere il mio numero di telefono? «Rispondi, Jackie.» «No, ti prego... dimmi che non sei dove penso» mi trema la voce. La sua risata sarcastica e crudele mi scuote dalla testa ai piedi. «Beltran, dimmi che non sei a scuola di Judith, ti scongiuro» scuoto il capo, sentendo gli occhi lucidi. «Sono proprio davanti al cancello – oh, sembra che sia appena suonata la campanella» decanta, infatti sento il trillo anche io.
«Lascia stare Judith, non scherzare...» stringo i denti.
«Se vuoi che non torci neanche un capello alla tua nipotina allora fa' saltare tutti i tuoi piani con Scott Emilton, altrimenti la rapisco» mi minaccia con zero pietà o cuore. Non credevo potesse arrivare a tanto, rapire mia nipote per avere me è un colpo passo. Mi mordo il labbro inferiore, sapendo già cosa devo fare per farlo calmare. «D'accordo, non andrò da nessuna parte ma tu allontanati dal cancello» parlo velocemente, sperando che cambi idea.
«Oh, la piccola Judith mi ha appena visto» parla.
«Beltran dacci un taglio!» strepito.
«Datti una calmata, la sto solo salutando con la mano.»
Aspetto trepidantemente che lui si allontani, dopo qualche secondo la porta del mio ufficio si apre. Scott non poteva scegliere momento meno opportuno per entrare, maledizione. «Ehi, devo ritornare in archivio allora ci vediamo stasera?» domanda, alzando gli occhi dal suo telefono. Mi manca il fiato in gola, non vorrei rifiutare il suo invito ma non ho altra scelta perché Beltran toccherebbe mia nipote e qua si parla della mia famiglia.
«Menti» sussurra tetramente al telefono.
«Sì, a proposito, credo di dover rimandare» mi lecco il labbro inferiore, mentre lui alza un sopracciglio scuro, piuttosto confuso. «Ecco, mia nipote ha la febbre e mio fratello ha bisogno di qualcuno che badi a lei perché deve lavorare, quindi non posso proprio rifiutare» nego, sentendo un magone. Non so neanche io da dove mi sia uscita questa bugia fenomenale, ma capisco che regge perché lui annuisce e posa il telefono in tasca. «Mi sembra comprensibile, d'accordo allora ci sentiamo?» riprova, sperando di non sentirsi dire di no. Annuisco, mentre Beltran dall'altro lato del telefono mantiene il silenzio. Scott esce dal mio ufficio con parecchi dubbi e io mi passo una mano tra i capelli, sentendo un fischio all'orecchio.
«Niente male, una bugia dalle gambe solide» decanta.
«Non puoi minacciarmi continuamente Beltran, non posso andare avanti così» sento come un buco nel petto.
«A tutto questo c'è una soluzione» mi informa atono.
«Quale sarebbe?» chiedo, arricciando le labbra ormai esasperata. Prende una pausa di pochi secondi, il mio cuore batte più veloce nell'attesa della sua risposta.
«Vieni via con me.»
STAI LEGGENDO
Il Male In Te
Chick-LitIl penitenziario di Jacksonville appariva come un luogo austero, privo di vita. Dietro quelle sbarre di metallo si nascondevano uomini pericolosi, viziosi e condannati. Il direttore, ormai esausto e pronto alla pensione, cercava disperatamente una n...