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Jackie

Mi risveglio di soprassalto, agguantandomi il collo con le dita quasi per riflesso. Sono nella mia camera da letto, le tende sono semi-aperte, inoltre entra poca luce dalla finestra. Sposto gli occhi verso l'angolo della stanza, notando una figura massiccia seduta sulla poltrona. Assottiglio gli occhi, ricordandomi di ieri notte: il risveglio di Brett, lui che mi soffoca e io che svengo. Credo sia successo altro ma non riesco a memorizzarlo alla perfezione.

«Finalmente, ce ne hai messo di tempo» decanta.

Sbatto le palpebre, guardandolo di traverso mentre respiro velocemente. «Mi hai soffocato...» mormoro in accusa. Arriccia le labbra, restandosene seduto sulla poltrona a gambe larghe. «Avrei potuto fare di peggio, ma mi sono trattenuto» snocciola, in un sospiro annoiato.

E questo sarebbe un modo per rasserenarmi?

«Cosa hai fatto a Beltran?» scuoto il capo.

«Diciamo che si sta facendo una piccola vacanza» inclina il viso di lato, studiandomi con le sue iridi azzurre.

Scuoto il capo, più che altro infastidita dal suo atteggiamento. «Non ti credo» strido i denti.

Assottiglia gli occhi, divenendo serio. «Sei ancora più fastidiosa di quanto ricordassi» commenta. Trovo tutto questo assurdo, proprio quando stavo per portare la nostra relazione su un altro piano tutto va in malora. Beltran e il suo alter-ego sono due persone completamente differenti, se con il primo riesco a parlarci, il secondo mi ignora.

Brett è sinistro, narcisista e per niente empatico.

Non so neanche come comportarmi con lui, temo di fare sempre il passo più lungo della gamba in sua compagnia. «Sei ritornato per uccidermi?» domando, dopo un lungo momento di silenzio impiegato a guardarci. Sorride malignamente, tamburellando le dita sul bracciolo della poltrona bianca. «L'idea mi alletta, molto anche...» si lecca il labbro inferiore. «Ma no, ho altro di cui occuparmi» dichiara, prima di alzarsi dalla poltrona con pigrizia. Gli chiedo dove stia andando, ma lui mi dà le spalle e abbassa la maniglia della porta.

«Brett, cosa vuoi fare?» domando.

Si volta a guardarmi brevemente, prima di tirar fuori dalla tasca una chiave d'orata. Capisco subito cosa ha intenzione di fare, infatti mi fiondo verso la porta che chiude di scatto. «Brett, non ti azzardare!» alzo il tono. «Fammi uscire da qui immediatamente» ringhio, sentendo almeno due scatti alla porta.

Mi ha chiusa in camera, non posso crederci.

Continuo ad abbassare più volte la maniglia ma niente, non si apre. I passi risuonano sulle scale e presto sento il portone sbattere, è persino uscito di casa! Ringhio frustrata, tirandomi i capelli per poi sedermi sul letto con rabbia. Mi volto a cercare il telefono, ma poi mi ricordo che me l'ha distrutto con il suo stivale. Mia madre sarà preoccupata per i miei silenzi, ora cosa mi invento?

Me ne resto seduta sul letto per non so quanti minuti, tento anche di dormire ma non ci riesco. Sbuffo, gironzolando fra queste mura con nervosismo. Nella mente mi si presentano degli sprazzi di ieri sera.

Non mi ha solo soffocata, mi ha anche iniettato qualcosa quando mi ha messa a letto. Ricordo l'ago che mi ha perforato la pelle del collo, ho persino tentato di rifilargli un calcio nello stomaco, ma mi ha bloccato le gambe, sedendosi sul mio busto. Sbatto le palpebre, passandomi una mano tra i capelli. Li conosco gli affari di Brett, se si è svegliato non è per noia ma perché vuole commettere uno dei suoi soliti crimini. Una vocina nella testa mi ricorda che anche Beltran ne ha commessi, ma io non ho voglia di ascoltarla adesso. Scuoto il capo, gettando un'occhiata al prato del giardino. L'idea di uscire dalla finestra mi passa per la testa ma, appena vedo quanto è alto, mi tiro indietro spaventata. Brontolo delle imprecazioni, continuando a gironzolare in camera per non so quanto tempo.

Dovrei anche andare in bagno.

Ore dopo, finalmente sento il portone del piano di sotto richiudersi. I primi due scatti nella serratura mi fanno alzare dal letto, in allerta. Sporgo il capo, notando il volto apatico dell'alter-ego di Beltran.

«Esci» intima, senza delicatezza.

«Non c'è bisogno che me lo dica tu» ribatto acida, superandolo con passo svelto. Pochi minuti dopo esco dal bagno e non lo trovo più in corridoio, ma in camera sua: sembra cercare qualcosa. Lancia i cuscini in aria, apre cassetti con furia e io incrocio le braccia al petto mentre lo osservo. «Cosa stai cercando?» domando.

«Niente che ti riguardi» risponde piccato, aprendo l'armadio per tirare fuori la valigia. Alzo il mento, osservandolo mentre fruga al suo interno, scocciato. «Bene, farò a modo mio» parla solo, lasciando il disordine che ha creato per poi superarmi indaffarato. «Cosa vuoi fare Brett?» tentenno, seguendolo a distanza. Entra in cucina e, appena metto piede sotto l'arco, perdo un battito quando lo trovo con in mano un coltello da cucina – uno di quelli affilati per la carne.

«No...» scuoto il capo. Osserva la lama, l'acciaio e poi annuisce con un lieve sorriso sinistro che mi inquieta – e non poco. «A cosa ti serve quel coltello?» deglutisco.

«A nulla che ti debba riguardare» conviene, nascondendolo all'interno della sua giacca di pelle.

«Non ti azzardare a uscire da quella porta mi hai capito? Non puoi andare in giro a uccidere le persone, non capisci che è sbagliato!» mi trema la voce, sconvolta dalla freddezza che sta usando. Perché quando lo guardo non vedo neanche un briciolo di compassione, di rimpianto? In Beltran leggo diverse emozioni nascoste, ma in lui non leggo niente. Inclina il viso di lato, studiandomi con freddezza. «Mi fai pena, pensi seriamente che io venga impietosito dalle tue lacrime?» ammicca, senza empatia. «Non sono Beltran» assottiglia gli occhi.

«Non farlo, ti prego...» lo scongiuro.

È impassibile, niente lo tocca. «Tu non mi renderai debole» intima, a un soffio dal mio viso. Nello stesso istante in cui una lacrima solca la mia guancia, Brett mi dà una spallata. Apre presto il portone, lo sbatte con violenza e sento che richiude di nuovo a chiave per non farmi scappare.

Sono di nuovo in trappola.

Il Male In TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora