Jackie
«Mamma, mi stai ascoltando?» domando ancora, sentendo dall'altro lato del telefono dei rumori sconnessi. Chiacchierare con mia madre è a volte impossibile, non sa usare benissimo il cellulare e il più delle volte mette per sbaglio il muto o la chiamata in attesa.
«Jackie, questo affare non funziona» sbuffa.
«Devi solo alzare il volume, mamma» alzo gli occhi al cielo, tenendo il telefono di lato alla ciotola che ho posizionato sulla penisola. Vorrei fare una torta al limone, ma mia madre continua a distrarmi con i suoi lamenti sconnessi. Intanto Beltran chiude il frigo, gettandomi un'occhiata da sopra la spalla mentre mi supera per uscire dalla cucina.
«Jackie, ti richiamo dopo» decide di arrendersi.
La saluto, passando il dito sullo schermo per poi continuare a sbattere l'impasto con la frusta. Oggi è domenica, quindi ho intenzione di preparare un pranzo con i fiocchi oltre che il dessert. Beltran a malapena tocca i fornelli, non ne vuole sapere niente dei piatti fatti in casa: se li mangerebbe con gusto, ma non li preparerebbe neanche morto. Finisco di usare le fruste proprio nel momento in cui Beltran si ferma sotto l'arco della cucina, annoiato. «Perché non mi dai una mano?» chiedo, tentando di distrarlo. Credo che si annoi a restare in casa, lo vedo gironzolare come una trottola senza meta. Magari, proprio perché è troppo annoiato, decide di accontentarmi.
Si mette affianco a me, mentre io gli porgo la teglia rotonda in alluminio.
«Metti il burro ai lati e dopo aggiungi l'impasto» dico.
«So come si fa una torta» arriccia le labbra, ma fa come gli ho detto. Sorrido, andando a controllare nel forno le lasagne che ho preparato: non ho fatto la ricetta classica, queste hanno la besciamella e gli spinaci.
«Stavo pensando che potremmo uscire pomeriggio» dice d'improvviso, stupendomi. Richiudo l'anta del forno, girando il capo per guardarlo. «Hai in mente qualcosa?»
«Ora ho la macchina, perciò potremmo fare un giro per Chicago» fa spallucce, continuando a sistemare l'impasto.
«D'accordo» annuisco, sorridente.
Mi getta una breve occhiata, per poi ritornare a occuparsi della torta. Mi piace quest'atmosfera, tra noi le cose sembrano procedere bene e c'è una tranquillità che prima neanche sentivo. Passiamo una mattinata perfetta, non litighiamo e sembra andare tutto per il verso giusto. Nel pomeriggio usciamo entrambi vestiti in modo casual. Beltran indossa dei jeans blu, una maglietta nera, la giacca di pelle e degli anfibi di pelle. Io invece, ho optato per una gonna di jeans lunga fino ai polpacci e una magliettina a mezze maniche rosa chiaro infilata dentro. Calpesto il marciapiede con i miei stivaletti neri, sfiorando per sbaglio la sua mano più di una volta.
Se tentassi di stringerla mi rifiuterebbe?
All'esterno potremmo sembrare una coppia, più di una ragazza si è voltata a guardarlo per poi rimanerci male alla mia vista. Mi mordo il labbro inferiore, avvicinando le dita al suo palmo della mano.
Ci sono prossima, ma presto lo vedo alzare la mano e passarsi le dita tra i ciuffi scomposti, quindi sfuma via la mia occasione. Per distrarmi, gli chiedo dove stiamo andando e presto mi fa segno di seguirlo lungo le strisce pedonali. Abbiamo lasciato l'auto più indietro, è da ben quindici minuti che camminiamo ma ancora non so dove stiamo andando. Presto svoltiamo un angolo e, in fondo alla strada, scorgo subito il cartello con su scritto Lincoln Park Zoo. Schiudo le labbra, aggrappandomi al suo gomito con euforia. «Non ci credo!» esclamo, quasi impazzita. Non sono mai stata in uno zoo, ma ci sono sempre voluta andare. «Attenta a non farti sbranare dai leoni» ammicca, mentre io alzo gli occhi al cielo. Camminiamo ancora un po', ma presto passiamo l'ingresso dello zoo e Beltran paga i due biglietti. Lo zoo è enorme, ma anche pieno di gente e infatti resto aggrappata al gomito di Beltran per non perdermi. Prima visitiamo le scimmiette: sono tutte piccoline e si aggrappano agli alberi con così tanta agilità che mi fanno impressione. In seguito andiamo dalle zebre, poi visitiamo le iene e infine passiamo dai leoni.
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Il Male In Te
ChickLitIl penitenziario di Jacksonville appariva come un luogo austero, privo di vita. Dietro quelle sbarre di metallo si nascondevano uomini pericolosi, viziosi e condannati. Il direttore, ormai esausto e pronto alla pensione, cercava disperatamente una n...