42

1.5K 49 0
                                    

Scott

Questa ragazza mi sta distraendo.

Non riesco a capire se la cosa mi piaccia o meno, so solo che da quando Jackie è piombata nella mia vita mi sembra di star meglio da un certo punto di vista ma dall'altro mi sembra di star correndo in un tunnel senza fine. Non appena sbatte la portiera della mia auto le getto un'occhiata da dentro l'auto, sculetta indispettita verso il portone del penitenziario e io mi mordo il labbro inferiore.

Siamo entrambi problematici, ma io più di lei.

Sbuffo, togliendo le chiavi dal nottolino per poi uscire dalla Mustang nera. Quando metto piede in archivio ricontrollo tutte le riprese delle ultime settimane, andando a finire in quelle antecedenti alla morte di Nolan finalmente. Sembra tutto tranquillo, ma a un tratto scorgo un video in cui lui mette Jackie spalle contro il muro e le urla contro qualcosa. Le telecamere non hanno audio, quindi mi è difficile capire qualcosa. Mi mordo il labbro inferiore, osservandoli litigare per poi accorgermi di lei che se ne va via sparata e Nolan che entra nella cella di Buscema. Quando esce sembra più nervoso di prima, mi domando se quell'uomo l'avesse provocato o robe simili.

«Lavori sodo eh?» mi ridesta Nito.

Alzo gli occhi verso la sua figura sotto l'arco della porta, annuendo con occhi arrossati. «Sì, sto ricontrollando tutte le riprese, sono appena arrivato alla penultima settimana di ottobre» racconto. Annuisce, sciogliendo le braccia dal petto per poi raggiungermi.

«Che tipo di prove cerchi esattamente?» domanda.

«So che Buscema soffre di un disturbo dissociativo della personalità. Appena il suo cervello va in black-out, il suo alter-ego prende conoscenza e lui torna a dormire. Temo però, che lasci prendere il controllo all'altro suo ospite solo quando un lavoro lo scocci in particolar modo. In questo caso, deve aver lasciato il pieno controllo a Brett.» Nito alza le sopracciglia, chiedendomi come faccia a saperlo. «Ho letto la diagnosi del precedente neurologo» gesticolo, stravaccandomi meglio sulla poltrona girevole. «Credi quindi che abbia permesso a Brett di ucciderlo perché non voleva sporcarsi le mani?» domanda.

«No, credo ci fosse un altro motivo dietro ma devo ancora capire quale sia. Inoltre, non ho ancora scoperto chi sia stato ad aiutarlo a scappare. Quella sera eravate tutti fuori per Halloween, guarda caso è rimasto solo Nolan qui in ufficio. Chi si occupa dei turni?» domando.

«La centrale di polizia» corruga la fronte.

«Sì, ma chi dà la conferma?» riprovo, tentando di capirci qualcosa in più.

«Il direttore» non appena chiude bocca, sgrana gli occhi. «Amico mio tu sei pazzo, pensi che sia stato il direttore a orchestrare tutto?» esordisce, stordito.

No, questa è una sua considerazione.

«Non saprei, ma è una opzione da non cancellare.»

Nito scuote il capo rasato, grattandosi il collo. «Cazzo, sei bravo nel tuo lavoro» assottiglia gli occhi mentre io scuoto il capo, affatto contento del mio risultato. Per quel che mi riguarda, non sto dando neanche il cinque per cento. «Cosa hai intenzione di fare adesso?» chiede.

Gli dico che ancora non lo so, quando a un tratto mi tornano in mente le parole di Jackie. Ha detto che per ottenere la chiave della cella d'isolamento ha fatto un piccolo ricatto al direttore, mi domando quale sia. Credo che sappia più di quanto io immagini, Jackie non osa parlare di lavoro con me e se lo fa si incazza come poche. Ho da poco litigato e non mi va di mandare tutto a puttane, mi piace ma ho come una sorta di voce dentro me che urla di fregarmene delle conseguenze. Nito mi chiede se voglio un caffè e io nego, salutandolo con il mento quando esce dagli archivi. Controllo ancora le riprese delle telecamere, vedendo a un tratto una scena particolare. Boone entra in ufficio del direttore durante la settimana, ma entra spesso e volentieri sempre allo stesso orario e, quando richiude la porta dietro di sé, ha sempre un aspetto trasandato.

Sento puzza di segreti.

Richiudo l'icona, alzandomi dal computer per sgranchirmi le gambe. All'inizio poteva essere una coincidenza, ma se invece quei due facessero altro in quell'ufficio? Jackie sa della storia tra Boone e il direttore? Mi scoppia la testa a tutte queste domande a cui non trovo risposta. Non appena metto piede nel corridoio e svolto l'angolino per scendere le scale mi viene in mente un'altra ipotesi. Ritorno agli archivi, mi siedo alla sedia e poi apro di nuovo il portatile per ricontrollare le riprese delle telecamere. Invece che pescare i video di ottobre vado a pescare quelli di settembre, dei primi giorni in cui è arrivata Jackie al penitenziario. Ancora lei non aveva idea della presenza di Buscema, infatti trovo solo una piccola ripresa dei sotterranei in cui c'è Boone.

Ha la chiave della cella d'isolamento, la rigira nella serratura e poi entra guardandosi intorno per il corridoio vuoto, come se avesse il timore che qualcuno lo stesse seguendo. L'atteggiamento e il corpo sottolineano la sua agitazione, interessante. Purtroppo non so di cosa parla con Buscema, ma quando esce risulta sempre tranquillo.

E se invece fosse Boone il collaboratore?

Il direttore non rinuncerebbe mai alla sua carriera per un detenuto, ma d'altronde perché mai un agente dovrebbe aiutare un pazzo del genere? Cosa ci ricava in cambio? Un bel niente. Gli occhi iniziano a bruciare, perciò mi alzo dalla sedia e chiudo il computer una volta per tutte. Minuti dopo, decido di andare da Jackie per chiarire una volta per tutte questa situazione. Se non le parlo rischio di farmi venire una crisi di nervi.

Busso alla porta, sentendo presto un "avanti".

Appena sporgo il viso, mi nota e prende un respiro afflitto. «Possiamo parlare?» le chiedo, per fortuna annuisce. Chiude lo schermo del suo portatile, ha dei documenti sparpagliati sulla scrivania e un taccuino aperto. «Non voglio litigare con te Jackie, so che a volte posso sembrare troppo pesante ma è perché sono stressato per via del mio lavoro» scuoto il capo richiudendo la porta. «Il problema non è il tuo lavoro ma quello che hai detto a proposito di noi due. Ci stiamo frequentando da pochissimo, ma già stiamo litigando e questo mi preoccupa» si gratta il cuoio capelluto, nervosamente. «Vuoi la verità?» domando e lei annuisce. «Non mi sento completamente sicuro dei tuoi sentimenti nei miei confronti» confesso, stringendo la cintura dei pantaloni.

Ora le metterò in una posizione scomoda sicuramente. Purtroppo però, è la verità, sento che qualcosa la blocca dall'aprirsi completamente con me e questo mi intimorisce. Jackie si alza dalla sedia girevole, girando la scrivania per poi venire in mia direzione. Nei suoi occhi brilla una luce colpevole, dispiaciuta ma anche speranzosa. «Temo tu abbia ragione, non sono molto romantica e magari non ti ho fatto sentire tutto l'affetto che avrei dovuto darti» si morde il labbro inferiore, guardandomi da sotto le lunghe ciglia. Sa benissimo che con l'aspetto che si ritrova potrebbe mettermi in ginocchio. Fin dalla prima volta che l'ho vista ho subito sentito delle farfalle nello stomaco per quanto è attraente. «Ti prometto, che d'ora in poi ci proverò seriamente» conferma, accarezzandomi i pettorali da sopra la camicia.

«Davvero?» domando calando la voce.

Conferma con il capo, guardandomi negli occhi e poi sulle labbra. D'improvviso il suo sguardo diventa sensuale. Penso che voglia baciarmi quando si avvicina, tuttavia un bussare alla porta la distrae e questo mi fa imprecare di lato al suo collo. Ridacchia, lasciandomi un bacio sulla guancia. «Scusate, non volevo interrompervi ma dovrei portare il resoconto delle sedute al direttore» alza le mani Rachel mentre io le regalo un sorriso di circostanza. Le due donne iniziano a chiacchierare e io mi passo una mano tra i capelli, sperando di non dover attendere troppo prima di poter mettere le mani addosso a questa splendida biondina dai ricci definiti.

Il Male In TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora