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Jackie

La mia famiglia ha deciso di organizzare una cena questa sera. Dovrei presentarmi a casa loro tra circa venti minuti ma sono ancora in camera mia, con l'accappatoio addosso e la mente in subbuglio per via dell'incontro con Beltran. Non mi aspettavo di trovarlo nel mio appartamento ieri. Averlo rivisto mi ha destabilizzata ma anche rincuorata, in qualche modo, nella mia testa, credevo di non incontrarlo più. Mi alzo a metà busto dal letto, gettando un'occhiata alla mia figura allo specchio. Mi ricadono i capelli bagnati sulle spalle, perciò vado in bagno per asciugarli. Dopo averli stirati, finalmente entro nella cabina armadio e indosso l'intimo bianco coordinato. Infilo un jeans a zampa di elefante, un top bianco dalla scollatura a cuore e le maniche trasparenti e ai piedi calzo delle scarpe con il tacco quadrato senza cinturino. Prendo una pochette in tono con il top, ci infilo dentro le chiavi e il telefono per poi spegnere le luci della camera da letto.

Quando arrivo di fronte al vialetto dei miei lascio l'auto dietro quella di mio padre, tiro il freno a mano e poi scendo. Suono al portone, dopo pochi secondi mi apre mia madre. «Come mai sei così elegante?» domando stranita.

«Avremo un ospite a cena stasera, ora entra.»

Mi tira dal gomito e io sbatto le palpebre confusa.

Sto per togliermi i tacchi, ma lei nega con il capo. «No, non toglierli per oggi: dobbiamo sembrare delle persone normali.»

«Noi siamo persone normali» le ricordo divertita.

Mi fa segno di tacere, entrando poi in cucina sculettando. Mia madre si è data da fare, sulla penisola trovo un'insalata piccante, delle uova ripiene e delle fettine di manzo già cotte ma deliziose con la salsina. Mugugno in apprezzamento, mentre mia madre mi punta addosso l'indice. «No, non ci pensare neanche» scuote il capo. Sorrido, alzando le mani in difesa. Mio padre entra in cucina proprio adesso, ma al contrario di mia madre non si è messo in tiro: ha sempre la sua solita camicia stile boscaiolo e i jeans. «Tutto allettante» mi volto a guardarlo, scoprendo che in realtà parla di mia madre. Arriccio le labbra, mentre mia mamma si tocca i boccoli biondi con orgoglio e si liscia la gonna grigio perla lunga fino al pavimento.

«D'accordo, questo è troppo» sospiro.

Un tintinnio di chiavi mi ridesta da questo momento imbarazzante tra i miei genitori, volto il capo e incrocio le braccia al petto vedendo presto mia nipote entrare in cucina. «Ciao piccola peste» sorrido, prendendola in braccio. Sorride, lasciandomi un bacio sulla guancia mentre io osservo la sua nuova salopette tutta rosa. «Anche questo è un regalo di nonna?» domando curiosa.

«Sì, ti piace?» ammicca.

«Molto bella» confermo. Gli chiedo dove sia suo padre e lei mi dice che sta parcheggiando fuori. «Sta venendo insieme a un altro signore» dice, mentre io le chiedo di chi si tratti. «Non lo so, ma è davvero bello» sussurra come se fosse un segreto. Ridacchio, rimettendola a terra per poi farmi trascinare da lei nel corridoio.

Mi tira dalla mano e, appena sporgo il capo, perdo un battito. Il sudore permea la mia schiena, il terrore prende possesso del mio corpo alla vista dell'uomo in compagnia di mio fratello. Deglutisco, mentre osservo la scena come se fossi una spettatrice. «Ah, Jackie: lui è il ragazzo che mi ha dato una mano con il motore dell'auto la scorsa volta» dice Glenn, indicando l'uomo dagli occhi ghiaccio che già conosco benissimo. «Si chiama Ben.»

Ben, davvero?

Resto indifferente, tentando di scacciare via il mio nervosismo. Questa è casa mia, la mia famiglia, il posto in cui sono cresciuta e lui è appena entrato nel mio territorio come se nulla fosse. Stringo i pugni, sentendo la rabbia montare. «Il piacere è tutto mio, Jackie giusto?» mi porge la mano Beltran, mentre io deglutisco e la stringo con un falso sorriso di circostanza. «Sì» annuisco, mentre lui continua a mantenere lo sguardo su di me anche mentre mio fratello parla. «Ben, vieni ti faccio vedere il resto della casa» mio fratello gli dà una pacca sulla spalla, inconsapevole di aver appena fatto entrare in casa un assassino fatto e finito. Beltran regge la recita ancora per molto, si presenta persino alla mia famiglia e ha tutta l'aria di essere un normale cittadino americano. Indossa una maglietta verde smeraldo, dei jeans azzurri e i suoi stivaletti di camoscio, si è calato nella parte.

Sta proprio fingendo di essere un'altra persona.

Lo osservo da sotto l'arco della cucina a braccia incrociate e sento una strana sensazione dentro di me.

Non è calore.

Neanche fastidio.

È un mix delle due emozioni e non so dargli alcun nome. Mia madre pende dalle sue labbra, mentre mio padre si mostra interessato ai suoi hobby. «Sì, amo andare a caccia» annuisce, guardandomi di sbieco. I miei non leggono la maliziosità dietro le sue parole, ma io sì. Scuoto il capo, mentre Judith va in sua direzione fermandosi di lato a Glenn. La piccola attira l'interesse di Beltran e io mi rimetto sugli attenti, mentre lui sposta gli occhi su Judith.

«Ancora non mi hai detto il tuo nome» sostiene, con un tono quasi amichevole.

«Judith» pronuncia, nascondendosi dietro Glenn.

Beltran curva le labbra in un sorrisetto, porgendole la mano virile per poi chinarsi sulle ginocchia. «Ben» pronuncia, mentre mio fratello incita Judith ad avvicinarsi. Questa scena mi irrita a dismisura, infatti mi schiarisco il tono della voce ed entro in cucina. «Ehm, che ne dite se andiamo a cenare?» esordisco, tossendo per poi lanciare un'occhiataccia al nostro ospite. Mia madre mi guarda in tralice mentre Glenn annuisce. Beltran si mostra tranquillo alla mia interruzione, tuttavia so che di nascosto sogghigna divertito dalla mia reazione. Ama mettermi a disagio, infastidirmi e rendermi le cose più complicate. Credevo tutto questo fosse finito, ma a quanto pare mi sbagliavo. Prendo la mano di Judith, invitandola a seguirmi verso la tavola ormai apparecchiata e pronta. «Andiamo a cenare, forza» incita nostro padre, più curioso di assaggiare i piatti di nostra madre che di conoscere la storia di Beltran.

Anzi, il caro Ben.

Mio fratello è troppo buono per accorgersi del mostro che gli siede di fianco, purtroppo. Durante la cena, i miei genitori non perdono tempo a porre domande a Beltran.

«Da dove provieni Ben?» domanda mia mamma.

«A dirla tutta, sono proprio di queste parti» le dice, ma so che sta mentendo. Non mi sembra che Little Italy sia fuori dalla porta. «Hai frequentato il college?» continua l'interrogatorio mia madre, mentre io vorrei sprofondare. «Sì, studiavo scienze fisiche, anatomia e tanto altro» guarda me adesso, assottigliando gli occhi. Reggo il suo sguardo, mentre mio fratello inizia a raccontare di come l'ha conosciuto. Mia madre si mostra stupita dalle tante qualità del famoso Ben. «Insomma, te ne intendi di caccia e anche di motori: sei l'uomo perfetto» ridacchia mia mamma, lanciandomi un'occhiata da "guarda che se non te lo prendi tu non sai che ti perdi". «Sai, nostra figlia Jackie è una psicologa e lavora al penitenziario di Jacksonville» lo informa, mentre Beltran continua con questa recita. Inclina il viso di lato, leccandosi il labbro inferiore fintamente sorpreso. «Davvero?» alza un sopracciglio. Mia madre annuisce, alzando gli occhi al cielo. «Sì, lo so è un lavoro pericoloso.» Beltran poggia il fazzoletto di lato al piatto, e so già che è pronto a farmi qualche domanda delle sue. «E dimmi, Jackie, come mai hai scelto un lavoro così tosto, sei un'amante del rischio?» Il suo tono diviene tetro, ma dalla cadenza calda e questo mi fa stringere le gambe in automatico.

«Non proprio» rispondo, sorridendo per finta.

Siccome si crea un certo tipo di silenzio, mia madre si schiarisce il tono e permette a Beltran di levarmi gli occhi di dosso. «Non ci hai detto che lavoro fai» esordisce.

Gli occhi ghiaccio di Beltran si posano su quelli di mia madre, curva le labbra in un sorriso appariscente che riesce a stordirla a dovere. «Sono una specie di cacciatore di taglie, anche se non dovrei parlarvene.» Mia madre fa finta di cucirsi la bocca, beccandosi un'occhiataccia da parte di mio padre. Questa cena continua sotto la mia desolazione, almeno Sierra è uscita e non può parlargli per porgli altre domande. Un improvviso dubbio mi fa tremare da capo a piedi, e se mia sorella avesse visto al foto segnaletica del Crocifissore? Potrebbe riconoscerlo in fretta e allarmare i miei genitori. Lui potrebbe ucciderli per difendersi o per zittirli, finirebbe tutto in un bagno di sangue. «Tesoro ti senti bene?» domanda mio padre, guardandomi con le sue iridi nocciola. Annuisco, dicendogli che ho solo bisogno di andare un attimo in bagno. Lascio il fazzoletto sul tavolo, dirigendomi verso le scale a sinistra della cucina. Salgo l'ultimo gradino, apro la prima porta ed entro. Mi sciacquo le braccia, ma non il viso poiché ho ancora l'eye-liner sulle palpebre. Inspiro, tento di darmi una calmata prima di scendere di sotto. Dopo apro la porta, fermandomi sull'uscio appena trovo davanti al muro Beltran. Ha le mani infilate dentro la tasca dei jeans, mi studia in modo severo. «Ci ho messo dieci minuti per scoprire dove vivessi, chi fossero i tuoi genitori e se avessi fratelli o sorelle» elenca, freddamente. «Ma posso impiegarcene anche cinque per ucciderli tutti quanti» abbassa le dita, facendomi pentire di averlo conosciuto.

Il Male In TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora