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Jackie

Sono emozionata per la mostra di stasera.

Non solo perché non ho mai partecipato a un evento del genere, ma anche perché per la prima volta vedrò le opere di Beltran e sono piuttosto curiosa del suo operato. Purtroppo è dovuto uscire prima di me perché è a capo della mostra, quindi ci incontreremo direttamente al museo per le otto. Sicuramente arriverò in ritardo, ma non sono mai stata puntuale in nulla quindi se ne farà una ragione. Mi avvicino allo specchio appeso alla parete, alzando gli occhi per guardare la mia figura ormai completata. Un sorriso sboccia sulle mie labbra di fronte al mio riflesso, non credo di essere mai stata così elegante in vita mia. Stamattina sono andata a fare shopping in un atelier, ho comprato un vestito per la serata e credo di aver fatto la scelta giusta. L'abito è blu reale, dal bustino alto e le bretelline strette. La gonna è lunga, larga ma non in modo eccessivo e il tessuto scivola sul pavimento che è una meraviglia. I sandali argento dal tacco alto sono coperti dalla gonna, ma mi slanciano più del previsto. In viso ho applicato un trucco leggero, ma sempre in tono con il vestito: ombretto argento, eye-liner e mascara. Le labbra sono color nude, quindi sembrano naturali. I capelli li ho piastrati, ricadono lisci sulla schiena. Stringo la pochette argento abbinata ai sandali, prendendo un respiro profondo per poi voltarmi verso la porta della mia camera.

Deve essere arrivato il taxi.

Mi prendo di coraggio e poi mi dirigo verso le scale. Quando apro il portone, mi sorprendo a trovare davanti al viale una limousine. Corrugo la fronte, perplessa mentre tiro su la gonna liscia per non inciampare. «Salve, lei deve essere la signorina Hole» sorride l'uomo dall'aspetto vissuto ed elegante. L'autista è un tipo dai capelli bianchi, la barba grigia è corta ma curata e ha due iridi azzurre ma non inquietanti come quelle di Beltran.

«Sì, sono io.»

«Il signor Buscema mi ha espressamente chiesto di venirla a prendere» mi informa e io ne rimango colpita. Quando ha avuto il tempo di mandarmi una limousine? «Prego da questa parte» mi apre lo sportello, davvero servizievole. Lo ringrazio, salendo sul sedile posteriore per poi mettermi comoda. Durante il viaggio mi perdo a osservare il panorama fuori dal finestrino, credo che i vetri siano oscurati perciò la gente non mi vede da fuori. Scuoto il capo, toccandomi il collarino d'argento che ho al collo ‒ un vecchio regalo di mia madre che ho messo in poche occasioni. D'un tratto, decido di gettare un'occhiata all'autista misterioso, vorrei fargli delle domande.

«Lavora per il signor Buscema?» chiedo.

«Direi di sì, ma mentirei: mi chiama esclusivamente per le mostre. Di solito lo scorto ai musei o agli eventi in hotel, ma oggi mi ha chiamato per venirla a prelevare e infatti sono rimasto sorpreso» scuote il capo con un sorriso. «Deve essere importante per lui» mi getta occhiatine, tentando di scoprire qualcosa in più. Mi scappa un sorriso di circostanza, imbarazzato e lui se ne accorge. «Non saprei» soffio, chiedendogli dopo della sua vita privata.

Scopro che il tassista si chiama George, è un uomo sposato e con una figlia di nome Luise. Mi racconta delle sue giornate in giardino, della sua passione per le moto e per gli scacchi: a quanto pare ha vinto un torneo. Presto arriviamo di fronte l'ingresso del museo, accosta di lato al marciapiede e in seguito scende dalla limousine per fare il giro e aprire lo sportello. Lo ringrazio, accettando la mano che mi porge per poi guardarmi intorno. L'edificio è in stile gotico, dalle finestre oscurate; di fronte l'ingresso ci sono due colone e, alla sommità di esse, due leoni aprono la bocca e mostrano le fauci.

Suggestivo.

«Buona serata, signorina Hole» sorride e io lo ringrazio, per poi tirare fuori dalla pochette la maschera per l'occasione. Faccio un fiocco dietro il collo in modo da seguire il dress code, in seguito mi dirigo verso l'entrata per poi salire gli scalini. Non appena entro, due uomini della sicurezza mi chiedono se io sia qui per l'evento e, ovviamente gli do conferma. «Mi chiamo Jackie Hole» pronuncio. Annuiscono, controllando i cognomi sul quadernino. Mi fanno segno di procedere, presto un uomo magro e dallo smoking amaranto mi fa segno di seguirlo lungo la hall. L'ingresso del museo è quadrato, immenso e vedo sculture e quadri ovunque ma non credo sia questa la sala giusta. Presto intraprendo un corridoio a destra, l'uomo si ferma di lato all'arco e mi fa segno di procedere. Tiro la gonna del vestito e poi entro nella sala agghindata per l'occasione: luci soffuse, vasi pregiati messi sulle colonne e lampadari incantevoli.

In giro ci sono molte persone, alcune donne d'altra borghesia mi squadrano da capo a piedi e io divento piccola sotto i loro sguardi. Camerieri vanno avanti e indietro con calici di champagne, vini e anche tartine. Sembra che sia tutto perfetto in questa sala, l'eleganza è ben radicata. Sposto gli occhi verso il fondo, scorgendo due iridi ghiaccio nascoste da una maschera nera.

Beltran.

So che è lui, lo riconoscerei tra mille.

Deglutisco, osservandolo in tutta la sua magnificenza: indossa uno smoking con camicia bianca e papillon. I capelli tirati indietro e lo sguardo da predatore stampato in volto sono un mix micidiale per la sottoscritta. Proprio lui, in questo momento, mi sta guardando come se fossi un leprotto sfizioso e in gabbia. Si scola un sorso di champagne, lasciando il calice vuoto sul vassoio di un cameriere. Decido di raggiungerlo, a passo lento e misurato mi faccio strada tra la folla di invitati. Non appena gli sono davanti, Beltran inclina il viso di lato e mi studia con intensità.

«Scusa il ritardo» soffio, imbarazzata.

«Non lo sei mai» mi adula, ma con sguardo virile.

«Stai bene in smoking» mi ritrovo a dire.

Gli scappa un sorriso impertinente e io scuoto il capo divertita. «Dovresti vedermi senza» lancia la prima frecciatina e io perdo un battito, sentendomi una stupida per cadere sempre ai suoi piedi in questo modo così fatale. Mi guardo intorno per la sala, quando a un tratto i miei occhi vengono calamitati da un quadro in particolare.

Non posso crederci.

Il Male In TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora