Jackie
Sto avendo un'allucinazione forse?
Compio un passo avanti, poi un altro ancora finché non ho davanti al mio naso il dipinto appeso al muro. Scuoto il capo, gettando una breve occhiata a Beltran per poi ritornare con gli occhi sulla tela, come se fossi calamitata da essa. «Mi hai dipinta?» mi esce spontanea la domanda, ma è ovvia la risposta. Davanti al mio viso ho un quadro enorme e il soggetto sono io. Beltran mi ha disegnata alla perfezione e, sinceramente, trovo tutto meraviglioso.
Nel dipinto sono raffigurata senza vestiti, ma non si vede alcuna nudità perché ho le ginocchia ripiegate e le braccia incrociate d'avanti, come a farmi da scudo. I miei occhi verde chiaro sono scintillanti e ho un mezzo sorriso in volto, come se fossi divertita da qualcosa.
«La risposta è ovvia» mi ridesta, rispondendomi.
Boccheggio, scuotendo il capo con il cuore a mille e uno strano calore in corpo. «Beltran, è stupendo...» soffio. Curva le labbra in un breve sorriso, mettendosi al mio fianco per osservarlo con più attenzione. Gli chiedo quando l'abbia disegnato e lui si lecca il labbro inferiore, prima di aprire bocca. «Dopo la fuga dal penitenziario mi sono rinchiuso in casa a dipingere, a malapena mettevo qualcosa sotto i denti. L'arte mi era mancata durante il mio periodo di reclusione e, quando ho ripreso in mano il pennello... tu eri fra i miei pensieri» dice, guardandomi intensamente. Si crea una sorta di bolla tra noi, non sento più suoni o voci riesco solo a percepire della tensione.
Sbatto le ciglia, tentando di aprire bocca per cancellare questo silenzio carico di tensione. A un tratto, una voce femminile sembra mettersi fra noi e io raddrizzo le spalle. «Signor Buscema, non la vedo da anni» decanta una donna più grande di me, sulla trentina probabilmente. Non mi passa inosservata la sua scollatura abbondante, neanche come guarda da capo a piedi Beltran.
«Mi scuso per la mia assenza, Eveline» si rivolge a lei.
Dunque si conoscono, lui la chiama per nome.
Non devo preoccuparmi, insomma, non stiamo neanche insieme e perché mai dovrei stare sulle mie per una donna del genere. Sì è elegante, sofisticata e ha una carnagione bianca come il latte. Non mi irritano affatto i suoi capelli rosso acceso e i suoi occhi azzurri simili a quelli di Beltran, no, sono assolutamente tranquilla. La famosa Eveline è alla mia destra, non perde occasione per toccare la spalla di Beltran e io inizio a sentirmi un po' a disagio per la vicenda. «Le sue mostre hanno come sempre un tocco di innovatività» dice la donna, guardando ora il mio quadro con occhi interessati. D'improvviso, è come se una lampadina le si fosse accesa nella mente. «Sarei disposta a pagarla per un ritratto del genere sa?» ammicca, mentre Beltran la osserva con attenzione, come se l'idea lo ispirasse.
Sono ancora qui, non sono diventata invisibile.
Arriccio le labbra, ascoltandoli parlare con questa sorta di confidenza che non comprendo. «L'idea di dipingerle un ritratto mi alletta, ma non credo che suo marito apprezzerebbe» le regala un sorriso elegante, mentre io lo osservo con occhi assottigliati.
Quindi questa donna è sposata e ci prova con Beltran come se niente fosse? Eveline si lecca il labbro inferiore, nascondendo un sorriso di circostanza per poi ritornare all'attacco. «Mio marito neanche lo saprebbe: è sempre in giro per lavoro e poi, casa mia è libera» scuote il capo, guardandolo con aria allettata mentre mi si mette davanti.
D'accordo, questo è troppo.
Raccolgo la coda del mio vestito, dando le spalle a entrambi per poi dirigermi verso il buffet di tartine e altre prelibatezze. Sto attenta a non sfiorare la spalla di nessuno al mio passaggio, presto mi fermo di fronte ai calici di champagne e ne prendo uno. A seguito del primo sorso, sento le mani tremare e il nervosismo aumentare. Sembrava abituato a quel tipo di corteggiamento, a quelle avance provocanti e questo mi ha irritata a dismisura. Giro il viso, trovandoli ancora insieme di fronte al mio dipinto. Quella donna piazza una mano sulla spalla di Beltran, gli accarezza quasi per sbaglio il petto e lui osserva la sua mano con uno scintillio divertito. Devio lo sguardo, prendendo un respiro profondo di fronte a questa scena disgustosa. Una morsa al petto mi fa fremere, presto mi scolo il bicchiere di champagne e ne prendo un altro sotto lo sguardo sbalordito del cameriere. «Scusami, non sono abituata a questo contesto» indico intorno, imbarazzata. Il ragazzo dietro il bancone credo sia più piccolo di me, probabilmente è uno studente del college e lavora per mantenersi. «Non si preoccupi, neanche io ci sono abituato» scuote il capo, arricciando le labbra in una smorfia.
«Come ti chiami?» tento di conversare.
«Mathias» pronuncia, dal nome intuisco che è europeo.
«Jackie» gli porgo la mano e lui la stringe, guardandosi intorno preoccupato. Gli chiedo se per caso lo stia mettendo nei guai mentre gli parlo e lui scuote il capo, dicendomi che per ora possiamo conversare perché il suo capo è fuori a fumare. «Vivi qui?» domando curiosa. Annuisce. «Sì, mi sono trasferito per studiare al college: ho vinto una borsa di studio alla Chicago State University» afferma sembrando particolarmente fiero.
«Buon per te» sorrido colpita.
Non so, per qualche strano motivo questo ragazzo mi ricorda mio fratello Glenn. Mathias è slanciato, ha i capelli scuri e due occhi caffè grandi e luminosi. Sicuramente avrà la fila di ragazze a fargli la corte, le studentesse impazziscono per gli europei. Chiacchiero con lui per qualche altro minuto, fin quando non mi accorgo di Beltran che sale sul palchetto per tenere un discorso pre-mostra. «Salve a tutti, vi ringrazio per essere venuti fin qui ‒ spero sia tutto di vostro gradimento» ostenta. «Mi scuso per la mia assenza prolungata ma, ho avuto altri impegni che mi hanno costretto ad allontanarmi da Chicago» afferma, fissandomi con intensità.
L'impegno era il penitenziario.
«Non voglio dilungarmi ancora, perciò vi invito a godere della serata e a svagarvi come meglio credete.» Sorride brevemente, allontanandosi dall'asta del microfono per poi scendere i gradini del palchetto sotto gli applausi. Mi getta una breve occhiata imperscrutabile, aggiustandosi i polsini delle maniche con nonchalance. Questo è il suo territorio, è lo sta dimostrando alla grande.
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Il Male In Te
Chick-LitIl penitenziario di Jacksonville appariva come un luogo austero, privo di vita. Dietro quelle sbarre di metallo si nascondevano uomini pericolosi, viziosi e condannati. Il direttore, ormai esausto e pronto alla pensione, cercava disperatamente una n...