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Jackie

Scott è magnifico.

Non credevo potesse piacermi così tanto, ma a quanto pare mi sono ricreduta in meno di una settimana. Il mio sentimento nei suoi confronti si è sviluppato in modo onesto, puro e mi piace passare del tempo con lui. Adesso per esempio, abbiamo appena finito il turno serale e lui è venuto nel mio ufficio per darmi le sue regolari "attenzioni". Mi mordo il labbro inferiore, sentendo le sue labbra poggiarsi sull'incavo del mio collo. Sono seduta sulla poltrona, impegnata a scrivere l'ultimo resoconto al computer mentre lui fa di tutto per distrarmi. Prendo un respiro profondo, sentendo un po' di caldo dentro questa stanza. Scott mi ha praticamente intrappolato contro la scrivania, i suoi pugni chiusi sono poggiati di lato ai miei gomiti e non ho via di fuga da questa piacevole tortura. «Dovrei finire l'ultimo paragrafo» mi trema la voce.

«Oh, ti sto distraendo?» fa lo spaccone.

Alzo gli occhi al cielo, richiudendo il portatile per poi voltarmi in sua direzione con uno sguardo da "guarda che so cosa stai facendo". Sorride, gli compare una fossetta sulla guancia destra e i suoi occhi caffè mi squadrano da capo a piedi mentre mi metto in piedi poggio le mani sul suo petto. «Sai benissimo cosa stai facendo, non fare il furbetto» scuoto il capo. Mi guarda le labbra, ancora non ci siamo baciati e ho preferito non andare oltre.

O meglio, tutte le volte che mi riaccompagnava a casa tentava l'approccio ma io fingevo di non accorgermene. La verità è che averlo così vicino al mio viso mi fa ricordare ancora Beltran, non so come sia possibile ma è come se io fossi legata da un sottile filo invisibile a quell'uomo. Sento, in cuor mio, di star segnando la vita di Scott eppure non riesco a fermarmi e a essere altruista. «Hai pensato alla mia proposta?» domanda, mentre io alzo un sopracciglio confusa. «Di stare da me per il weekend.» Non vorrei correre troppo, eppure il suo entusiasmo mi mette di buon umore e in qualche modo mi rende poco lucida. «Sei sicuro sia una buona idea?» chiedo, sfiorandogli il colletto. Intanto, le mani dell'agente, si posizionano alla base della mia schiena e vanno su e giù. «Siamo adulti, consenzienti e non mi sembra che tra di noi le cose non vadano bene» reputa. Tutte le sue risposte suonano convincenti, riesce a imbambolarmi e a farmi accettare la sua proposta. «Va bene, verrò» confermo. Sorride in modo compiaciuto, lasciandomi un bacio sulla guancia molto vicino alle labbra in realtà.

«Ti accompagno?» chiede, mentre io mi allontano per iniziare a sistemare le mie cose.

«Ho la mia macchina, non preoccuparti» sorrido.

Prima di uscire dall'edificio saluto Simonette, intanto Scott mi ha aperto il portone molto elegantemente io lo ringrazio. Ci facciamo tutto il tragitto fino alle nostre auto a piedi, mi apre anche la portiera e, quando mi volto, le sue labbra si poggiano sulla mia fronte in un gesto davvero dolce. «A domani allora» mi fa l'occhiolino e io annuisco, salutandolo per poi entrare in auto.

Giro la chiave nel nottolino, do gas e poi accendo le luci. Pochi minuti dopo, sono quasi arrivata di fronte casa. Lascio l'auto in uno dei posti riservati a noi del palazzo per poi spegnere il motore. Raccolgo la tracolla, metto piede sull'asfalto e ed esco dalla vettura. Getto un'occhiata distratta allo specchietto, trovando dietro di me un'ombra. Getto un urletto d'istino ma presto mi rendo conto che è Beltran. Poggio una mano sul mio petto, tirando un sospiro di sollievo. «Dio, potresti evitare di apparire così?» sbuffo, voltandomi in sua direzione. Beltran indossa una giacca di pelle nera, una maglietta bianca e un jeans nero. Ai piedi calza i suoi soliti stivaletti in camoscio, molto simili a quelli dei cavallerizzi. Non lo vedo da una settimana, odio ammetterlo a me stessa ma rivederlo mi scuote dentro qualcosa. «Non dovresti essere qui» dico a bassa voce, guardandomi intorno per il vicinato. Sul suo volto vedo solo un'espressione apatica, severa e i suoi lineamenti sono duri. «Mi stai ascoltando?» domando, perplessa.

«Giornata impegnativa a lavoro?» cambia discorso.

«Al solito, perché?» chiedo leggermente confusa.

Si guarda intorno, leccandosi il labbro inferiore. «So che il caro Nolan è stato rimpiazzato» curva le labbra in un ghigno pigro, infimo e affatto docile. Deglutisco, sentendo i brividi e le mani sudare. «Com'è che si chiama?» si gratta il retro del collo. «Scott?» dice.

Lui sa.

Assottiglio gli occhi, sentendo il mio cuore battere a mille. «Dove vuoi andare a parare?» domando, irritata. Credevo stavolta si fosse arreso, invece è sempre pronto per minacciarmi e limitarmi.

Il cambiamento del mio tono non gli piace, marcia in mia direzione e adesso ho il suo respiro sul mio viso. Gli occhi ghiaccio di Beltran mi erano mancati, anche quando non fanno altro che mettermi a disagio. «Ti ho studiata in questi giorni, Jackie» marca con tono derisorio. «Sei uscita spesso e volentieri con Scott Emilton» mi guarda attentamente. «Appuntamenti galanti, cene da lusso e passeggiate notturne hanno dipinto le tue ultime serate» sostiene a tono basso, ma che mi fa stringere le gambe. Devio lo sguardo, mentre le sue labbra accarezzano delicatamente la mia guancia. Non mi bacia, ma mi fa sentire il tocco delicato e ciò basa a farmi fremere.

«Sì, e allora?» tengo il mento fermo.

Ci guardiamo negli occhi, ma i suoi sono molto più profondi e sporchi rispetto ai miei. «Ti fa stare bene vivere una favola che non è stata scritta per te?» ammicca, tornando brutalmente serio e sfacciato. Assottiglio gli occhi, mentre lui continua a prendermi in giro. «Sai, all'inizio credevo potesse piacerti davvero questo Scott. Ma poi mi è bastato guardarti per pochi minuti con lui per capire che non avesse speranze» scuote il capo, infilando le mani dentro le tasche dei jeans. È sempre così maledettamente sicuro di sé, mi fa salire i nervi.

«Non cantare vittoria, mi piace davvero Scott» intimo.

«Ti piace, ma non abbastanza» ostenta.

«Non sai niente Beltran, quindi non sparare sentenze.»

«Allora perché ancora non l'hai baciato?» domanda, curioso di sentire una risposta che al momento mi rifiuto di dargli. Mi lecco il labbro inferiore, schiarendomi il tono per prendere tempo.

«Voglio fare le cose con calma» mi spiego meglio.

Scoppia a ridere in modo del tutto derisorio e fasullo. Compie un passo indietro, sotto la mia occhiataccia degna di nota. «Cazzate, stai dicendo solo cazzate» nega con la testa, grattandosi il mento velocemente. «Non mi sembra che tu abbia aspettato così tanto con me per farti mettere due dita nella fica.» A questo commento implodo, compiendo un passo avanti per poi dargli uno schiaffo potente in pieno viso. Gira il capo di lato, resta fermo mentre io mi rendo conto solo adesso di aver appena provocato un mostro che, probabilmente, non aspettava che questo. «Sei proprio un verme» mormoro, offesa. Stringo la tracolla sulla spalla, dirigendomi verso il cancello per aprirlo. Metto la chiave nella serratura, scatta ma prima mi volto in sua direzione e lo trovo tremendamente serio. «Però, hai una bella mira» arriccia le labbra. Scuoto il capo, non capendo come possa fare sarcasmo persino in un momento del genere. A un tratto, mi viene in mente un'idea malsana. «Magari non l'avrò ancora baciato, ma non preoccuparti perché questo fine settimana farò molto di più» confido, decretando la fine di questo nostro gioco. Scurisce lo sguardo; se un'occhiata potesse uccidere, io a quest'ora sarei già morta. Richiudo il cancello alle mie spalle, lasciandolo imbambolato sul marciapiede mentre mi dirigo al portone. Quando mi volto, Beltran non è più sul marciapiede ed è sparito nel nulla, assolutamente silenzioso. Presumo che le mie parole abbiano avuto l'effetto desiderato. Tiro un sospiro di sollievo, ignorando la leggera fitta al petto che mi sa tanto di senso di colpa.

Il Male In TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora