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Jackie

Non posso credere a quello che ho letto.

Non mi è mai capitato un caso simile in tutta la mia carriera. Marcio spedita verso la cella di Beltran con Nolan alle mie spalle, gli chiedo per favore di restare fuori mentre parlo con lui e, senza fare storie, mi accontenta. Giro la chiave nella serratura con dita tremolanti ma poi riesco finalmente ad aprire la porta. Tiro un grosso sospiro, sentendo addosso gli occhi di Nolan. «Ne sei sicura?»

«Sì» confermo, regalandogli un sorriso amareggiato.

Compio un passo dentro la cella d'isolamento, trovando Beltran seduto sulla sua sedia. Si rigira tra le dita la maschera di metallo a cui era stato abituato. Senza neanche guardarmi, mi saluta: «Salve signorina Hole». Deglutisco, salutandolo brevemente e a voce bassa. «Credevo non venisse più a trovarmi» alza le sue iridi ghiaccio nelle mie del colore delle foglie.

«Sono stata impegnata con le altre sedute.»

Smorza un sorrisetto, forse ha capito che ho mentito.

In questo istante rischio grosso, Beltran non ha neanche le manette addosso o la camicia di forza ed è tutta colpa mia perché ho chiesto io a Nito e Nolan di rimuovergliele. «Ha paura signorina Hole?» domanda con voce persuasiva. «Sa, sento la sua agitazione nell'aria» indica il contorno aumentando il mio nervosismo. Trovo ridicolo il fatto che mi dia del lei quando io, in realtà, gli ho sempre dato del tu.

«Ti nutri di questo non è vero Beltran?» devio.

Assottiglia gli occhi e io compio un passo in avanti, sentendo il sospiro preoccupato di Nolan di lato alla porta. Tra me e Beltran avviene un gioco di sguardi, mi fissa in modo lussurioso e pericoloso. Mi domando cosa passi nella sua mente adesso, mentre mi ha vicina. «Ti piace mettere a disagio le persone, controllarle e persuaderle.»

Sorride in modo scabroso. «Ha letto il mio dossier» non sembra stupito, solo divertito. «E sentiamo, cosa ha letto sul mio conto?» mi domanda, alzandosi pigramente.

«Ehi, resta a debita distanza Buscema» sbotta Nolan.

«Va tutto bene, sta' tranquillo» alzo una mano in sua direzione, continuando a fissare Beltran. «Non ho potuto leggere tutto, ma so cos'hai fatto e perché sei dentro il penitenziario» deglutisco mentre lui segue il movimento della mia gola per poi alzare gli occhi nei miei. «Dica all'agente di chiudere la porta, voglio confessarle una cosa» pretende.

«Scordatelo» intima Nolan.

Una parte di me vuole sapere cosa vuole confessarmi, l'altra teme di restare sola con quest'uomo così instabile. «Va bene, ma non mi tratterrò a lungo» accetto, sotto lo sguardo scioccato di Nolan.

«Sei forse impazzita?» sbotta, mentre Beltran lo minaccia con lo sguardo di tacere.

«Ti prego, fa' come ti dico» alzo il tono, esausta.

Nolan tira le labbra in una linea dura per poi staccarsi dal muro e accontentarmi. Chiude la porta in malo modo, facendomi intuire che la mia idea l'abbia fatto incazzare. Inspiro, ritornando a guardare Beltran che ora mi studia. «Ora siamo soli, parla.»

Compie un altro passo in mia direzione, e so dentro di me che dovrei scappare ma non ci riesco. Inizio a vedere la ricrescita della barba sulle sue guance. So che almeno ogni due settimane i detenuti vengono visitati in infermeria, lì hanno anche la possibilità di radersi. Beltran adesso è a un soffio dal mio viso, assottiglia gli occhi mentre con il naso sfiora la mia mandibola provocandomi uno strano calore corporeo. Annusa il mio collo, ghignando sadicamente per poi avvicinarsi al mio orecchio. «Vuole sapere se abbia avuto un movente? Se abbia ucciso quelle persone per noia e basta?» domanda mentre io mi costringo a non mostrare cedimento. Annuisco e lui si ritrae per guardarmi in viso. «Se le dicessi che l'ho fatto solo per il mio soddisfacimento personale come la prenderebbe, signorina Hole?»

«Smettila di giocare, Beltran.»

«Ma io non sto giocando» soffia, compiendo un passo indietro e poi un altro. «Ho ucciso quelle persone perché volevo farlo: la spaventa sapere che dietro i miei omicidi non ci sia una ragione?» chiede, osservando la maschera che ha gettato a terra poco prima. Stringo i pugni, ricordando le parole scritte sul documento e la diagnosi del neurologo. «Ho ucciso con lucidità, mia cara analista.»

Scuoto il capo frustrata. «Ne sei sicuro?» domando mentre lui alza un sopracciglio e mi fissa apaticamente. «Sul tuo dossier è stata riportata la diagnosi del Dottor Lionel Svakowsky, nonché uno dei migliori neurologi del paese. Carta canta, e sai cosa c'è scritto a caratteri cubitali sul tuo dossier Beltran?» compio un passo avanti, incrociando le braccia al petto come scudo.

Assottiglia gli occhi, sfidandomi a proseguire.

«C'è scritto che hai un disturbo della personalità.» Stringe i pugni, indurisce la mascella e un guizzo gli fa irrigidire i tratti del volto. «Dentro il tuo corpo vivono due persone distinte e separate – anche se ancora non ho avuto il piacere o, lo spiacere, di conoscere l'altro te» gracchio.

«E dunque?» esordisce avvicinandosi di nuovo. Arriva a un soffio dal mio viso e io sono costretta ad alzare il capo per osservarlo. «Credeva di spaventarmi forse? So bene che questo corpo non è solo mio, che lo condivido con un altro soggetto. Pensa che inizierò a redimermi solo perché soffro di un disturbo?» alza un sopracciglio, sembrando divertito. Schiocca le labbra, scuotendo il capo negativamente. «Sono a conoscenza del mio ospite, anzi, dell'altro "me"» fa le virgolette alte. «E sa una cosa?» sorride malvagiamente, sfiorandomi il naso quasi. «Mi piace da morire.» La sua confessione mi lascia stordita, disarmata. Compio un passo indietro, poi un altro. Cosa speravo di ottenere esattamente? Credevo forse che quegli omicidi li avesse svolti durante un blackout? No, certo che no. Beltran sa di avere questo disturbo e ne gode appieno. Il problema è che io trovo interessante il suo caso nonostante sia così andato di testa.

Magari sono pazza anche io.

«Mi teme, signorina Hole?» domanda, facendomi fermare. Ci penso un attimo, urlando nella mia testa un sì straziante, tuttavia mi rifiuto di dirgli la pura e onesta verità e poggio la mano sulla maniglia della porta. «Alla nostra prossima seduta Beltran» lo saluto con tono stanco, richiudendo la porta della cella alle mie spalle.

Il Male In TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora