Jackie
Sente la nostra mancanza.
Trattengo un sorrisetto, mentre l'altro me gongola. Voleva spazio, che scomparissi dalla sua vita e le sto dando esattamente quello che mi ha chiesto. È talmente accecata dai suoi ideali e dalla sua razionalità da non accettare quello che in realtà vuole con tutta sé stessa, ovvero me. Trattengo la sigaretta tra i denti, osservando la finestra della sua camera da letto da sotto il palazzo. La luce è ancora accesa, la tenda non mi permette di vedere dentro ma so per certo che è in piedi e sta gironzolando per la sua cameretta. È uscita con le sue colleghe del penitenziario, Rachel Sommers e Megan Murray. La prima è un'agente dall'animo ribelle, una afro-americana sbarcata in America all'età di dieci anni. La seconda è una semplice cittadina degli Stati Uniti d'America ‒ una cattolica, credente e brava ragazza di famiglia. Butto fuori il fumo dalla bocca, togliendo il mozzicone dalle labbra per poi guardandomi intorno. Pochi lampioni sono ancora accesi, è tarda notte d'altronde. La mia cara psichiatra è tornata da poco dal casinò: sono un predatore, è normale che studi ogni spostamento delle mie vittime.
La uccideremo.
No, non ancora.
Detesto il fatto che quella donna si rifiuti di dare sfogo ai suoi istinti, credo che abbia del potenziale per restare al mio fianco e donarmi lealtà ma lei ancora non lo ammette a sé stessa.
So tutto sul suo conto.
So che andava in un liceo privato, che da adolescente non era affatto tranquilla ma piuttosto casinista. Sono anche a conoscenza del suo ex ragazzo, Jesse: quell'uomo l'amava, ma non apprezzava l'idea di lei con in grembo suo figlio. Getto a terra il mozzicone, schiacciandolo con lo stivale per poi dare le spalle al palazzo e dirigermi verso la mia auto di vecchia data, una Ferrari Gran Turismo del 1966: era di quel vecchio scansafatiche di mio padre, se fosse stato per lui l'avrebbe bruciata, ma con qualche lavoretto dal meccanico è tornata come nuova. Apro la portiera nera dell'auto, salendo sul sedile per poi mettere la chiave nel nottolino. Do un'occhiata allo specchietto, per poi rimettermi in carreggiata.
Ho una meta da raggiungere.
Secondo le ultime informazioni di cui sono venuto a conoscenza tramite Glenn, il caro Jesse dovrebbe vivere nei pressi di Springfield, ci metterò meno del previsto per arrivarci, poiché è a nord di Jacksonville e poi a quest'ora non c'è un cane in giro. Dopo un paio di minuti, semafori e canzoni alla radio, finalmente svolto in una traversa a sinistra e inizio a guardarmi intorno. Un palazzo vecchio, di lato a un gira dischi, attira la mia attenzione.
Deve essere questo il posto.
Tiro il freno a mano dopo aver lasciato l'auto di lato al marciapiede, spegnendo poco dopo le luci. Niente telecamere all'esterno del negozio, meglio per me. Scendo dall'auto, dirigendomi verso i citofoni del portone per cercare il nome completo.
Jesse Blane.
Riuscirò a trovare il suo appartamento in un modo o nell'altro. Spingo il portone, entrando nell'atrio del palazzo. Non funziona l'ascensore, perciò salgo i gradini e cerco al primo piano il suo nome ma non lo trovo. Provo anche con il secondo ma niente, alla fine scopro che vive all'ultimo piano. Mi fermo di fronte al portone chiuso, osservo la serratura e poi frugo dentro la tasca della giacca di pelle per tirare fuori una forcina ormai ripiegata ma ancora utile. Giro, rigiro e dopo sento finalmente il click che volevo. Il portone si apre in automatico, senza che faccia alcuna pressione. Un passo in avanti, poi un altro e alla fine entro in un corridoio verticale. Scorgo la cucina in fondo a destra, uno sgabuzzino è di fronte a me e a sinistra trovo due porte. Richiudo il portone lentamente, senza fare rumore e poi mi avvio a passo lento ma misurato verso la stanza da letto. La porta socchiusa alla mia sinistra mi fa intuire che lui sia all'interno, perciò sporgo il capo e noto la sua figura distesa sulle lenzuola. Jesse dorme profondamente e russa anche, non si immagina minimamente di essere osservato da una bestia come me.
È giunto il momento.
Confermo il pensiero del mio alter-ego, entrando in camera sua con un leggero cigolio della porta. Il ragazzo ha il sonno profondo, non mi sente. Compio un passo in avanti, osservo lo schermo del suo telefono lampeggiare sul comodino e scorgo un messaggio da parte di una ragazza, una certa Linda. Alzo gli occhi sul viso del giovane, un tipo moro dalle labbra crespe e il corpo slanciato.
Uccidiamolo.
Curvo le labbra in un sorrisetto infimo, prendendo uno dei tanti cuscini sul suo materasso. Vediamo come posso usarlo, anche se un'idea già ce l'avrei. Me lo tengo stretto tra le dita, guardandolo un'ultima volta per poi coprirgli il volto con il cuscino bianco. Faccio forza, ignorando i movimenti leggeri dei suoi piedi. Si sta risvegliando, adesso capisce cosa sta succedendo e mi stringe il polso provando a ribellarsi dalla mia forte presa. Guardo con poca empatia il muro di fronte a me, mentre continuo a spingere il tessuto sul suo viso fino a rendergli difficile la respirazione. Si muove ossessivamente, con ribellione ma presto inizia a rallentare i movimenti e la presa sul mio polso si fa più leggera. Lentamente, smette di muoversi e io capisco che è morto, andato, come speravo. Il sollievo mi pervade completamente appena tolgo il cuscino e osservo il suo viso privo di vita.
Uno in meno.
Schiocco le labbra, lanciando apaticamente il cuscino sul letto per poi dare le spalle al cadavere del caro Jesse. Così come lui ha tolto la vita del figlio di Jackie, io gli tolgo la sua come se valesse meno di un centesimo. Fischietto, richiudendo la porta della camera dietro di me. Quest'omicidio è piuttosto diverso dai precedenti, non so, in qualche modo mi fa sentire un uomo perbene. Forse perché ho appena tolto la vita a della spazzatura, a un soggetto di così bassa lega. Ma d'altronde, chi sono io per giudicare? Non sono uno stinco di santo, non sono un credente ma sono ciò da cui la gente fugge, ciò che la legge recrimina e sono assolutamente fuori dalla portata di Jackie Hole.
Nonostante mi ripeta di doverle stare lontano, di doverla evitare per il suo bene non riesco a tener fede alla mia promessa. Infatti, la sera stessa della morte di Jesse, mi infiltro in casa sua, nella sua camera da letto e la guardo dormire. Ha applicato una nuova serratura al portone, peccato che non riesca comunque a tenermi fuori da casa sua. La osservo dall'alto, inclino il viso di lato e annuso il suo odore nell'aria come un segugio: sa di mandorle. Jackie è girata di profilo sul letto, le lenzuola senape coprono solo metà del suo corpo. Indossa una canotta grigia e i suoi capelli ricci sono sciolti lungo tutta la federa del cuscino.
È proprio bella.
Non farti sedurre.
Ignoro il commento dell'altro me, alzando lentamente due dita verso la guancia della psicologa. L'accarezzo dall'alto al basso, non si sveglia ma temo sia piuttosto sensibile al tatto perché le fremono le ciglia. Tolgo la mano come se fossi urtato, decidendo di compiere un passo indietro e poi un altro fin quando non me ne vado via. Esco dall'appartamento di Jackie come se dietro di me avessi il mio peggiore nemico. Quella donna mi sta rendendo poco lucido e non mi piace. Scendo gli scalini del palazzo a due a due, ho bisogno di sbollire la rabbia.
Lasciami prendere il comando.
Scuoto il capo, sapendo benissimo che il mio ospite non si darebbe un contegno se lo scorrazzassi libero: ucciderebbe chiunque lo urtasse anche per sbaglio sul marciapiede. Jackie mi ha chiesto di lasciarla in pace e io lo farò, ma le starò lontano per il mio bene, non per il suo.
Angolo Autrice:
Buongiorno a tutti, come vedete ho pubblicato altri sette capitoli.
Preparatevi, perché è in arrivo un nuovo personaggio al penitenziario la prossima domenica. Mi raccomando, seguitemi alla pagina Instagram Car_mine01 per restare aggiornati sulla storia e anche sul mio libro in vendita (Forever).
Commentate e divertitevi.
Un bacio!
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Il Male In Te
ChickLitIl penitenziario di Jacksonville appariva come un luogo austero, privo di vita. Dietro quelle sbarre di metallo si nascondevano uomini pericolosi, viziosi e condannati. Il direttore, ormai esausto e pronto alla pensione, cercava disperatamente una n...