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In giro si è sparsa la voce che ho cantato e suonato al Garrison. Una cosa buona, direi. Più gente viene, più i guadagni saliranno alle stelle.
Il signor Shelby non si è più lamentato, non dopo aver visto quanti soldi abbiamo guadagnato.
Sto pulendo il pavimento, il signor Shelby è al bancone, da solo, a bere whisky.
Non è l'unico cliente della giornata, oltre a lui c'è anche un omaccione che non fa altro che fissarmi.
Ho come un brutto presentimento.
<<Hey, ragazzino!>>.
Come non detto.
<<Vieni qui!>>.
Mi avvicino con il mocio ancora in mano.
<<Mi è caduto il rum per terra. Pulisci>>.
Inizio a passare il mocio sul pavimento. Nel mentre pulisco sento una sua mano colpirmi il sedere.
Mi giro verso di lui con sguardo incavolato nero.
<<Perché mi guardi così? Continua a pulire!>> mi ordina.
Resto ferma dove sono e lo guardo con superiorità.
L'omaccione si alza e mi raggiunge. Sento la puzza di alcool anche sui suoi vestiti e mi da la nausea.
<<Che cazzo ti guardi? Ti ho dato un ordine e tu devi ubbidire>>.
<<Io non prendo ordini da un idiota senza cervello come te>> dico.
Metto la braccia conserte.
<<E non mi piace essere toccato>>.
L'uomo ride, mi afferra per un braccio tirandomi a sé e mi palpa il sedere.
<<Come? Così? Hai un bel viso, sembri una donna. Perché non ci diver->> gli mollo una testata sul naso, rompendoglielo.
<<Brutto bastardo figlio di puttana! Mi hai rotto il naso!>> mi urla.
<<E non sarà l'unica cosa a rompersi>>.
Nel frattempo mi si è avvicinato il signor Shelby.
<<Signor Shelby! Questo ragazzino ha->>.
<<Eugene Ford. So che hai due figli da mantenere. Una moglie. Sarebbe un vero peccato portarti a casa in un sacco di juta>> disse con la sigaretta fra le labbra.
Il tizio, Eugene, esce correndo dal pub.
Mi giro verso Thomas Shelby e lo affronto.
<<Non avevo bisogno del vostro aiuto>>.
<<Infatti non ti stavo aiutando>>.
"Si, come no" dissi mentalmente.
Sbuffa una nuvoletta di fumo, senza togliermi gli occhi di dosso.
<<Gli hai rotto il naso. Complimenti>>.
Non dico nulla.
Lo sorpasso e ritorno al mio lavoro.
<<Jasper?>> mi richiama.
Non mi giro, ma lo ascolto.
<<Sai sparare?>> mi chiede.
Un piccolo ricordo di quando ero piccola ritorna a galla nella mia mente.
Mia madre era morta e mio padre era il mio unico punto di riferimento. Almeno lo era prima di risposarsi.
Voleva che fossi una donna forte e indipendente. E questo significava insegnarmi a combattere e a usare le armi.
Avevo solo sei anni quando presi una pistola in mano.
Dopo la sua morte, oltre a leggere, mi esercitavo di nascosto con le pistole. Peccato che la mia matrigna mi scoprì e getto via l'arma.
<<Si>> dissi senza esitare.
<<Seguimi>> disse.
Mollai tutto ed entrambi uscimmo dal pub fino alla sua auto.
<<Sali>> mi ordina.
Salgo e aspetto che il signor Shelby metta in moto.
Il viaggio dura poco. Mi porta fuori città in aperta campagna.
Mi ritrovo davanti una stalla con un solo cavallo dentro. Non posso non ammirarlo. È bellissimo.
<<Si chiama Monaghan Boy>> disse.
<<È bellissimo>> dico.
<<Si, lo è>>.
Sento il signor Shelby prendere un profondo respiro, per poi allontanarsi dietro la stalla.
Lì trovo un tavolo pieno di armi e davanti a noi sei sacchi di juta con delle sagome disegnate sopra.
<<Cos'è? Mi ha portato a fare acquisti?>> chiedo.
<<Hai mai pensato di far parte dei Peaky Blinders?>> chiede.
<<No>>.
<<Hai fegato, ragazzo. Mi hai tenuto testa più di una volta, e questo lo ammiro. Ma saper rispondere per le rime e tirare una testata a qualcuno non basta. Scegli un'arma e fammi vedere cosa sai fare>>.
Mi avvicino al tavolo e prendo la prima pistola che vedo.
Non ne prendevo una in mano da anni.
<<Una cosa di giorno!>>.
Ricarico l'arma e comincio.
Prendo di mira il primo bersaglio.
Gamba destra, gamba sinistra, spalla destra, spalla sinistra, testa e cuore.
<<Ottima mira. Ma niente che non abbia già visto>>.
Mi sta mettendo alla prova.
Poso la pistola di prima in malo modo e ne prendo altre due.
Le ricarico e inizio a sparare.
Una pistola per mano.
Se questo galletto al mio fianco crede che io sia come gli altri, si sbaglia.
Infatti, gli cade la sigaretta dalle labbra appena vede il mio capolavoro.
<<Dicevate?>> chiedo con un sorrisetto.
Gli sfugge una piccola risata.
<<Diamine. Chi ti ha insegnato a farlo?>>.
<<Mio padre>>.
<<È un soldato?>>.
<<No. Non lo era>>.
Appena sente "era" chiude la bocca e non fiata.
<<Ora che sapete cosa state comprando, ecco le mie richieste: primo, voglio continuare a lavorare al Garrison. Secondo, voglio vivere in un luogo isolato da tutto. Io vorrei dormire, non sentire qualche signora urlare nel cuore della notte. Terzo, la paga. Al Garrison mi pagano bene, ma non abbastanza da potermi comprare dei vestiti nuovi. Ecco questo è il mio prezzo>>.
Il signor Shelby sogghigna.
<<Non sei nella condizione di avanzare richieste>>.
<<Bene. Come volete. Tanto, a me, non cambia molto. Non sono io quello che ci perde. Ma voi>>.
Sorrido e mi allontano da quella sottospecie di pinguino col musone.


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