Capitolo 06

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Melvin

Era giunta l'ora di pranzo e la mensa si era gremita di studenti affamati. Melvin e Bailee si erano seduti al loro tavolo (sì, ogni gruppo aveva un tavolo proprio) e stavano discutendo sul fatto che Jones fosse ancora in circolo per la scuola, nonostante avesse dato delle puttane a delle studentesse.

«Io veramente non capisco. Non è così bravo come insegnante quindi perché la Simone non lo vuole licenziare?», si lamentò Bailee, mangiucchiando un po' di purea di carote.

«Guarda, non lo so... L'unica cosa che posso dirti è che mi fa venire il voltastomaco quell'uomo. Una persona spregevole — per non parlare del fatto che abusa del suo potere di professore per fare e dire ciò che vuole a noi studenti. E poi com'è possibile che alla nostra preside non interessi il fatto che ferisca noi della LGBTQ+? Non è una cosa normale...», Melvin si passò entrambe le mani nei capelli e nel farlo ricevette delle occhiate strane da alcune sue compagne.

Le fissò con un sopracciglio alzato, poi tornò a guardare la sua migliore amica masticare un pezzo di carne che sembrava fatto di marmo per quanto era duro, «Perché mi hanno guardato in quel modo?», le chiese confuso.

Bailee alzò le spalle e nel mentre staccò con i denti e con forza un pezzo di carne, il restante rimase infilzato nella forchetta. «Sei bello, Mello», la bocca sporca di burro sciolto e i denti che cozzavano a fatica tra di loro per masticare quel pezzo durissimo di bistecca.

«E quindi?»

«E quindi quelle ragazze hanno occhi per guardare e quanto pare anche per mangiarti», Bailee gli fece l'occhiolino e Melvin finse un conato di vomito.

«Sono gay e ace — non ho bisogno delle loro attenzione sessuali.»

Melvin detestava quel tipo di attenzioni perché lo rendevano nervoso. Non gli piaceva la sensazione che gli si attaccava addosso. Non sapendo cosa si provava a essere attratto sessualmente da un'altra persona perché essendo asessuale quel tipo di attrazione non esisteva nel suo essere, si sentiva a disagio in quelle situazioni. Non sapeva come reagire e come comportarsi perché non tutti erano gentili nel scusarsi con lui per averlo messo a disagio (quando lui lo faceva presente), anzi molti rincaravano la dose, aggiungendo anche che doveva andare fiero nel ricevere quei commenti peccaminosi invece di starci male. E lui puntualmente si chiudeva a riccio e ci stava male, cazzo se ci stava male perché ancora una volta la sua diversità veniva messa in risalto o peggio: minimizzata.

«Lo so, Mello, ma—». La voce di Bailee le morì in gola, venendo soffocata dalle grida acute delle ragazze che esplosero all'interno dell'enorme salone.

Melvin rilasciò un sospiro sconsolato perché aveva capito che Felix e Noemi avevano appena fatto il loro ingresso in mensa e il suo pranzo in tranquillità era appena andato a farsi benedire.

Sperava solamente che Felix non provasse ad attaccare bottone con lui proprio in quel momento e davanti a tut—

«Ehi ragazza dai capelli rosa e neri, possiamo sederci vicino a voi?», strillò Noemi, sventolando una mano verso Bailee che divenne paonazza nel giro di un secondo. Passò direttamente dal rosa pallido della sua carnagione a un rosso vivo in un attimo.

Melvin, che era ancora di schiena, incassò le spalle ed emise un altro sospiro, portandosi le mani a coprirsi il viso che mostrava tutta la sua disperazione.

L'attenzione di tutti si era appena spostata sul loro tavolo.

Il tavolo degli strambi.

«Perché?», farfugliò in preda alla frustrazione, «Perché proprio noi??», continuò, spostando poi le mani, dalle dita intrecciate, davanti alla sua bocca per nascondere la sua smorfia infastidita.

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