Capitolo 24

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Felix

Felix venne svegliato dal suono assordante del suo cellulare. Sbatté velocemente le ciglia mentre un forte mal di testa lo colpì in pieno e gli fece desiderare di averlo spento quel dannato aggeggio.

In un primo momento pensò fosse Noemi che lo chiamava per sapere come stava, ma non appena lo afferrò e guardò con un occhio aperto e l'altro chiuso lo schermo, si mise di scatto seduto sul materasso, lasciando perdere il violento giramento di testa che gli andò a fare visita poi si passò una mano nei capelli spettinati e sgranò gli occhi.

Melvin.

Lo stava chiamando Melvin.

Rispose immediatamente alla chiamata.

"P-pronto?", la sua voce tremò per l'agitazione ― ma era un buon segno se Melvin aveva deciso di chiamarlo, giusto?

"Buongiorno Lixie. Uhm, oggi sei libero?", anche Melvin parve molto nervoso alle orecchie di Felix che sperò con tutto il cuore non volesse vederlo per dirgli che non ci sarebbe mai stato niente tra loro o che non voleva più essere suo amico.

"Sì, per te sempre."

"Mi dispiace per ieri", mormorò con rammarico mentre rilasciò un sospiro dispiaciuto.

"Se ti ho messo a disagio, scusami davvero, Mello, non è mai stata mia intenzione."

Felix stava pregando mentalmente che con quelle misere scuse, riuscisse a convincerlo a non chiudere definitivamente la loro amicizia, che era chiaro a loro come alle loro migliore amiche si fosse trasformato in qualcosa di più grande, di più profondo e con di mezzo l'amore.

"No, non è quello. Io... Io devo parlarti di me e ho paura che dopo averlo saputo non mi vorrai più", ammise e esattamente come poco prima, anche in quel momento gli tremò la voce.

"Non credo sia possibile. Cosa hai fatto di così brutto da pensare che non ti vorrò più?"

"Non ho fatto niente. Sono io... Io sono il problema."

"Melvin", esclamò con durezza, "Non sei il problema, ne sono certo. E poi voglio che tu ti senta tranquillo nel parlarmi di qualsiasi cosa perciò se ti ho dato l'impressione di non poterlo fare, perdonami. Non sono nessuno per giudicare te e le tue scelte."

Ed era sincero. Non aveva alcuna intenzione di giudicare lui e le sue scelte, primo perché non era quel tipo di persona e poi non aveva nemmeno idea di cosa lo stesse preoccupando a tal punto da riferirgli che era lui il problema e secondo perché sapeva esattamente cosa significasse quando le persone lo criticavano per ogni sua mossa, sempre e costantemente, come se lui non avesse sentimenti e non potesse venir ferito da ciò che sparavano fuori dalle loro bocche, senza neanche essersi fermati a pensarci almeno un attimo in più prima di dirle.

Melvin emise un singhiozzò che allarmò Felix. Aveva incominciato a piangere?

Poi tirò su con il naso, "Posso venire adesso?"

"Sì, certo, vieni pure. Io ti aspetto qui."

Dopo una ventina di minuti ad aspettare Melvin, Felix udì due colpi sulla porta e corse subito ad aprirla. Lo trovò con il respiro affannato e le guance arrossate.

«Hai corso fino a qui?», domandò con stupore mentre osservava l'altro riprendere lentamente fiato.

Melvin abbozzò un sorriso, il suo petto che si abbassava e alzava in modo irregolare, «Forse».

Se aveva corso fino a lì era un buon segno, giusto? O uno brutto? Del tipo che non vedeva l'ora di mettere un punto a quella strana relazione che era nata tra di loro?

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