Capitolo 38

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Melvin

Il campanello di casa Morgan suonò alle quattro e ventidue del pomeriggio, avvisando Melvin dell'arrivo del suo ragazzo.

Felix non si era fatto sentire per tutto il giorno e poi quando si era deciso a scrivergli, gli aveva inviato un solo messaggio che citava la seguente domanda: "Sei a casa?". Quel messaggio aveva preoccupato e non poco Melvin che aveva incominciato a chiedersi se avesse fatto qualcosa di sbagliato o se fosse successo qualcosa con la sua famiglia di cui voleva assolutamente parlargli.

Quando aprì la porta di casa, finì con il venir risucchiato dalla tristezza e dal dolore che gli occhi del suo ragazzo stavano trasmettendo. Il suo cuore iniziò ad allarmarsi per il malessere di Felix e i suoi battiti presero a rincorrersi a tutta velocità in ansia.

«Posso entrare?», domandò con un filo di voce il biondo. Melvin captò una vibrazione strana nella sua voce, come se si stesse trattenendo dallo sganciare una bomba che avrebbe messo a dura prova la loro relazione.

Era davvero così?

Il moro si spostò d'un lato e gli fece segno di entrare, «Certo amore. Andiamo nella mia stanza».

Camminarono in silenzio. Una volta nella camera, Melvin si sedette sul suo letto, continuando a osservarlo con preoccupazione mentre Felix rimase in piedi a torturarsi le dita poi prese a fare avanti e indietro con nervosismo, come se volesse creare un buco in cui nascondersi e non uscire più.

Lo stomaco di Melvin incominciò ad agitarsi e contorcersi per l'ansia. Vedere Felix in quello stato di puro nervosismo non gli stava facendo bene sia fisicamente che mentalmente, anzi l'apprensione nei suoi confronti si stava ingrandendo sempre di più perché non riusciva a capire cosa fosse successo per farlo ripiombare nella tristezza, soprattutto dopo aver visto il suo viso risplendere di luce propria quando si erano detti «ti amo».

«Felix mi vuoi dire cosa sta succedendo?! Mi stai innervosendo», Melvin riuscì a stringere le sue dita intorno ai polsi del suo ragazzo che sussultò appena sotto al suo tocco e lo tirò verso di lui, facendolo finire in mezzo alle sue gambe che poi chiuse contro le sue cosce per evitare di farlo allontanare, «Parlami. Dimmi cosa ti sta turbando a tal punto da renderti così depresso», gli parlò con un tono calmo e al contempo apprensivo.

Felix non lo guardò mai negli occhi, anche se Melvin cercò in ogni modo di avere un contatto visivo con lui. Poi si passò entrambe le mani sul viso, come a voler occultare le sue attuali emozioni, nonostante non ci fosse niente di sbagliato nel mostrarsi ferito e addolorato, e cominciò a singhiozzare incontrollabilmente.

«Io... Io...», la voce gli morì in gola, spezzata da un rantolo disperato, «D-devo partire», soffiò a fatica, stringendo subito dopo i pugni sui suoi occhi mentre le spalle venivano scosse dai forti singhiozzi che imperterriti accompagnavano il suo pianto senza freni.

Melvin percepì il cuore spezzarsi a metà, il fiato gli si troncò in fondo alla gola e la bocca gli divenne secca mentre un senso di vomito si fece spazio in lui.

Crack.

Come un bastoncino di zucchero.

Spezzato con facilità.

Spezzato dal dolore che quell'atroce notizia gli aveva procurato.

Una prima lacrima gli bagnò la guancia destra poi un'altra e un'altra ancora. Finì con il piangere disperatamente tra le braccia di Felix, il quale stava gridando con sofferenza tra le lacrime mentre gli stringeva le dita intorno alle spalle.

«Quando?», domandò con la voce incrinata, straziato al solo pensiero di dover dire addio a Felix per chissà quanto tempo.

«D-dopo domani... Mi dispiace, amore... Mio padre deve partire per altri tornei e io devo tornare a lavorare», Felix appoggiò la sua fronte contro quella di Melvin mentre quest'ultimo continuava a tenerlo stretto a lui con le braccia incrociate dietro la sua schiena, poi gli accarezzò le guance bagnate dalle lacrime e gli sfiorò le labbra con le sue, «Mi dispiace».

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