21.

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Nicholas
Ma cosa mi è preso?
Come ogni mattina mi concesso una sigaretta sul retro della scuola,ma qua ho visto Rose il mio cuore ha perso un battito.
Lei è stupenda e sembra sempre così forte,ed è per questo che mi piace.
Nessun'altra ragazza si era mai permessa di rispondermi a tono come fa lei.
E se questa cosa fino a poco fa la odiavo,ora mi fa sentire qualcosa,il modo in cui mi sfida costantemente mi fa sentire vivo.
Ma quando l'ho vista rannicchiarsi su se stessa mentre sentivo il respiro sempre più pesante e i singhiozzi che cercava di trattenere,ho dovuto trattenermi da non andare da lei ed abbracciarla.
Vorrei non capire cosa le stesse prendendo.
Vorrei essere un ragazzo normale di quasi diciotto anni che non ha mai provato la sensazione di un'attacco di panico.
La sensazione di soffocare,di sentire il tuo cuore come se stesse per esplodere...e invece lo so,conosco quella sensazione fin troppo bene.
Odio il contatto fisico con chiunque a meno che non si tratti di sesso o di Cole.
A lui affiderei la mia stessa vita sapendo che la proteggerebbe con cura.
E io farei lo stesso per lui.
Cole non è solo un'amico,lui è un fratello,la mia anima gemella.
Eppure con Rose è diverso.
Sento qualcosa che mi spinge a volerla toccare ed esplorare quel suo corpo perfetto che si ritrova.
Non ha voluto dirmi cosa le avesse causato l'attacco di panico ma va bene così,non sempre è facile parlane e io lo so bene.
Me ne sono dovuto andare prima che potessi fare qualche stronzata delle mie.
Un secondo in più e l'avrei scopata lì su quel muro senza preoccuparmene.

Io e Cole stiamo per prendere le nostre auto e tornare a casa.
Non ho visto Rose all'uscita ma spero che stia meglio rispetto a stamattina
<<Tu vieni vero?>>
<<Venire dove?>>
<<Da Jackson,alla festa>>
<<Non me lo stai dicendo sul serio di prego Cole>>
Lui più di tutti dovrebbe sapere che tra me e Jackson non corre buon sangue.
È un arrogante presuntuoso e sono ancora convinto che nell'ultima gara di surf abbia barato per arrivare primo.
Anche a Cole non sta simpatico Jackson,mi ha aiutato in una rissa dove ero coinvolto: Io e Cole contro Jackson e i suoi tre scagnozzi,Riven,Victor e Drew.
Quindi non capisco perché ora voglia andare a una festa.
<<Sentì lo so,ma Grace ci va...>>mi dice con fare dolce e alzando le spalle.
<<Dio ancora lei!>> dico esasperato mentre apro la portiera della mia auto.
<<Ehi!>>
Mi infilo nell'auto <<Si,scusa. È che siamo stati sempre solo io e te capisci...>> davvero se per alcuni il fatto che io proprio migliore amico sia fidanzato non è un problema,per me lo è. È difficile dover condividere Cole.
Cole mi risponde brusco mentre si guarda in torno,la conversazione non gli sta piacendo <<Anche tu hai avuto della ragazze Nick>>
<<È diverso. Lo sai.Era solo sesso.>>
<<Si beh...Luo invece?>>
Richiudo la portiera dell'auto e metto in moto irritato.
Mai come ora avrei voluto tirare un pugno al mio migliore amico.
<<Non vengo,devo lavorare.>>

Accelero a più non posso non appena imbocco l'autostrada per andare a Redwood City.
Luo sembra perseguitarmi a quanto pare.
Ho mentito a Cole,non devo lavorare. Ma devo comunque occuparmi di una faccenda importante.
Vado a Redwood city circa tre volte al mese,quando ero più piccolo i miei nonni dovevano accompagnarmici una volta a settimana,ma crescendo sembra che i servizi sociali si siano placati con me.
Redwood dista circa trenta minuti,è una cittadina piuttosto tranquilla e se non fosse per i brutti ricordi,quella città sarebbe quasi carina per viverci.
Conosco ogni tribunale di quella città.
Ogni volta che mi ci portavano mi davano un orsacchiotto di peluche. All'inizio lo trovavo divertente,ma quando sono diventati diciannovenne ho iniziato ad odiarli.
Mia madre è morta.
Mio padre è in riformatorio.
Ho solo i miei nonni,Cole e la sua famiglia.
Odio mio padre con tutto me stesso.
È un mostro e ancora gli incubi a causa sua.
Solo a ripensarci mi viene la nausea e senza rendermene conto ho le nocche bianche da quanto sto stringendo il volante.
Faccio un bel respiro e cerco di calmarmi.
Non posso perdere il controllo.
Non ora che sto per andare dagli assistenti sociali.
Quando mia madre è morta e mio padre è finito in carcere,ha lasciato dietro di se quasi centomila dollari di debiti.
Debiti che sono gravati sulle spalle dei nonni che vivevano di sola pensione.
Il giorno in cui mi hanno affidato a un'altra famiglia è stato un inferno.
Io volevo la mia mamma.
Mia mamma Amanda con il suo profumo alle rose,la torta di mele che mi preparava ogni fine settimana e che mi coccolava prima di andare a dormire.
È così che voglio ricordarla,dolce e amorevole.
Non con un'occhio nero e i lividi.
Voglio la mia mamma ancora adesso...dopo quasi nove anni...mi manca ancora ogni giorno.

Arrivo puntuale alle quattro e mezzo davanti al palazzo di giustizia dove lavora Ellen,la mia assistente sociale.
È una giovane donna in carriera sulla trentina,con i capelli castani sempre raccolti e un aspetto radioso.
Quando ha preso in carico il mio caso aveva solo ventitré anni,era alle prime armi ma ha sempre fatto di tutto per svolgere bene il suo lavoro.
Rispetto il suo lavoro,probabilmente senza di lei ora sarei chissà dove,anche se un tempo la odiavo.
Odiavo il fatto che mi avesse affidato a una famiglia anche se in modo temporaneo, finché i miei nonni,con i vari aiuti del resto dei familiari,non sono riusciti a pagare il debito che mio padre aveva accumulato perdendo scommesse.
Il palazzo di giustizia è sempre uguale a quando ci sono entrato per la prima volta a otto anni.
Il grigio prevale in quell'ambiente e la gente in tailleur e in giacca e cravatta fanno pensare a un luogo quasi perfetto.
Prendo l'ascensore e mi dirigo al quinto piano da Ellie.
Arrivato al suo ufficio bussó alla porta.
<<Avanti!>>
Ellie è seduta alla scrivania mentre mette a posto delle cartellette.
<<Ciao Nicholas,prego accomodati.>> mi dice allungando la mano in direzione della sedia davanti a lei.
Mi siedo in posizione scomposta senza dire nulla. Per quando Ellie possa essere carina,questo posto mi da sempre i brividi.
Non riesco a scacciare i miei incubi,sono ancora lì che mi tormentano ogni giorno.
Riesco ancora a sentire le urla,gli schiaffi e il buio dell'armadio della mia cameretta dove mi nascondevo.
<<Allora,come stai Nicholas?>>
<<Bene.>>
Lei sorride e nel frattempo prende il mio fascicolo in mano.
<<Ne sono felice. Ti ho chiamato perché dobbiamo parlare di una cosa...>>
Il mio cuore accelera.
Non va mai bene quando inizia con questo tono.
<<Vedi,abbiamo ricevuto una chiamata>> dice soppesando meticolosamente le sue parole <<una chiamata dal carcere di San Francisco.>>
Inizia a mancarmi il respiro.
Cerco di sembrare calmo e non farmi prendere dal panico ma i miei pensieri mi stanno assalendo.
Inizio a muovere la gamba destra in modo ossessivo su e giù per cercare una valvola di sfogo.
Ma Ellie lo nota subito.
Chiudo gli occhi per circa cinque o sei secondi e continui a fare respiri profondi.

Va tutto bene Nick.
Rilassati.
Va tutto bene.
Lui non è qui.

Ellie da brava assistente sociale ha già capito il mio stato d'animo,e io suoi tono di voce diventa sempre più calmo e paziente quando pronuncia la fine delle frase.
<<Lui vorrebbe vederti. Ha chiesto di te.>>

𝙩𝙧𝙪𝙨𝙩 𝙢𝙚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora