35.

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Nicholas
Salto scuola anche oggi.
Sono ormai quattro giorni che non vado,il che non è decisamente da me.
Ho degli obbiettivi che voglio raggiungere e una borsa di studio per il college è l'unico modo per andarci.
Nemmeno i nonni sanno che vorrei diventare biologo marino un giorno.

La mia scusa per aver saltato scuola però è valida. Devo andare assolutamente a Redwood. Il mio telefono è squillato altre due volte.

Era sempre lui,ne sono certo,ma non ho risposto per entrambe le volte.
Ho bloccato il numero ma nonostante questo è come se lui mi stesse sempre osservando e giudicando anche dal carcere.

Quando entro nel palazzo di giustizia prendo l'ascensore e schiaccio il numero per il quinto piano.
Aspetto su delle poltroncine blu scuro fuori dalla porta di Ellen. Non è il giorno prestabilito in cui di solito parliamo di come vanno le cose nella mia vita,quindi aspetto finchè un termina di parlare con il cliente con cui è dentro.
<<Va bene,la ringrazio>>quando la voce di un uomo sulla quarantina si sente più forte da dietro la porta,capisco che è arrivato il mio turno.

Il signore esce e Ellen gli ricorda l'appuntamento di giovedì.
L'uomo è malconcio,con i capelli brizzolati,vestiti di qualche taglia in più e la barba non curata.
Mi raddrizzo dalla sedia  e fisso l'uomo andar via.
Quando Ellen mi vede fa una faccia stupita.
<<Oh Nicholas!>>esclama <<che ci fai qui?non hai un appuntamento.>>
Senza tante cerimonie mi alzo ed entro nel suo studio.
<<Quel barbone chi era?>> dico quasi ridendo.
Ellen si mette dietro la scrivania e sistema dei fogli e mette nella cassettiera alcuni fascicoli.
<<Quel barbone,come l'hai chiamato tu>> mi dice scocciata <<è un'ex alcolista,che viene qua tutti i giorni,per cercare di riavere la tutela dei suoi figli.>>

Ellen continua con fare disinteressato:<<Ma non dovrei neanche dirtelo,dato che c'è il segreto professionale.>>
<<Beh,li mantieni bene i segreti vedo. Me lo ricorderò>>dico ironico.
Ellen sbuffa:<<Perchè sei qui?>>

<<Mi ha chiamato El,pensavo di essere stato chiaro l'ultima volta che sono stato qua.>>
<<Ma di che stai parlando?>>
<<Di mio quella specie di padre che mi ritrovo. Mi ha chiamato qualche giorno fa.>>
<<Ma è impossibile...>>mi controbatte stupita.
<<Invece è successo.>>dico duro <<e non voglio che accada mai più.>>
<<Ma nicholas,è impossibile perchè->>
<<Cazzo ma mi ascolti?>> mi sto infuriando. Sento una scarica lungo la schiena che mi  percorre.
<<Mi ha chiamato sul mio cellulare mentre ero a scuola,e io non ho intenzione di vederlo mai più in vita mia. Lo che il lavoro di voi assistenti sociali è quello di "riunire le famiglie" e stronzate simili. Ma non è il mio caso.>>
Ellen cerca di parlarmi con calma:<<Senti non può->>ma quando la interrompo imprecando,alza il tono di voce:<<Fammi parlare!>>
Mi siedo di nuovo sulla sedia davanti alla sua scrivania. Non mi ero neanche reso conto di essermi alzato da quanto ero arrabbiato.
<<Dicevo...>>dice sospirando <<lascia che controlli su database. Non può averti chiamato,non con il numero del carcere.>> mi spiega.
<<Io di certo non ho dato il tuo numero. Se l'ha fatto..beh significa che ha fatto una chiamata con un cellulare nascosto. Deve avere qualche informatore esterno.>>

Mi sembra di stare in un film.
Ellen allunga la mano verso di me e mi accarezza la mano con fare amorevole.
<<Credimi,non ti avrei mai fatto niente del genere,sapendo la situazione>>
Faccio un bel respiro,torturandomi le labbra con i denti.
Appoggio i gomiti alle ginocchia e abbasso la testa.
Chiudo gli occhi.
È sempre così.
Quando mi arrabbio,mi sembra sempre di essere a un passo dal perdere il  controllo. E a volte è così. Lo perdo davvero e faccio cose sconsiderate e di cui mi pento subito dopo.
Mi torna in mente tutto,come dei flash che invadono la mia mente.


𝙩𝙧𝙪𝙨𝙩 𝙢𝙚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora