GRACE
Vengo scortata in una camera da letto al piano superiore della casa. È capiente, ha le pareti dipinte di bianco con un serpente ricamato in oro al soffitto, un balcone che dà su un immenso terrazzo e un bagno personale. Il letto è matrimoniale ed è posto al centro, difronte a esso c'è un armadio a quattro ante con uno specchio. Mi guardo intorno, stupita. È una camera davvero bella. Troppo bella.
«Tu dormirai qui. Nell'armadio ci sono dei vestiti puliti, biancheria intima nel secondo cassetto del comodino e nel bagno trovi tutto ciò che ti serve per metterti in sesto come si deve», m'istruisce Jude.
Ascolto le sue parole mentre vago nella stanza; cerco di imprimere ogni dettaglio, anche il più piccolo, nella mia mente. Se voglio davvero escogitare un modo per evadere da qui, devo conoscere ogni centimetro della mia "cella".
«Nessun uomo oserà toccarti, me compreso. Odio mio fratello ma non sono un depravato. Sei libera di muoverti come meglio credi all'interno della casa, non osare uscire fuori o verrai riportata qui», assume una posizione autoritaria, portando le braccia al petto, «non garantisco in buone condizioni, però».
Mi volto nella sua direzione, stupita dalle sue parole. Mi aspettavo come minimo una banda di criminali pronta a fare di tutto pur di distruggere Jason e sentire queste parole, ora, mi spiazza.
«Come sarebbe a dire? Non ha senso», muovo due passi nella sua direzione, imitando la sua posizione.
«Vedi, Grace. Mio fratello e io siamo gli opposti ma siamo stati cresciuti comunque da due genitori di un certo tipo. Non siamo delle bestie», mi risponde autorevole, «a meno che tu non mi faccia diventare una di esse, s'intende», conclude con un ghigno che gli compare appena sul viso e uno strano luccichio negli occhi.
Ok. Forse non sfiorerà la mia pelle e non permetterà a nessun uomo di questa casa di fare lo stesso ma, non mi piacciono le vibrazioni negative che sta sprigionando ora.
Pensa, Grace. Pensa. Cazzo.
«Se mi rilasci, posso farti avere da Jason tutto ciò che vuoi. Lui mi ama, farebbe qualsiasi cosa per me», tento un approccio servizievole, sperando che possa tornare utile.
Jude scoppia a ridere rumorosamente.
«Jason non ha la più pallida idea di cosa significhi amare. Lui è come Mida, trasforma in oro tutto ciò che tocca ma contribuisce a mantenere intatta solo la facciata. Lui non ti ama. Lui ti sfrutta. E probabilmente ti scopa come se fossi la miglior puttana che gli sia capitata a tiro perché è questo che fa Jason White», scandisce le ultime parole, sputandole in modo velenoso.
Sento un fuoco improvviso pervadermi il ventre. Le gambe tremano appena e una strana elettricità fende l'aria in questo momento.
Senza timore e contegno, gli sferro uno schiaffo in pieno viso, facendolo ruotare leggermente. Jude porta una mano alla guancia arrossata e continua a osservarmi mentre, in preda all'ira, respiro in modo sconnesso.
«Hai un bel caratterino, mi piaci», mi sfida con occhi infuocati, «ma sappi che non ti perdonerò un'altra uscita simile. Tornerò in nottata, fa la brava nel frattempo», conclude rude, uscendo dalla camera.
«Fanculo!», urlo, incazzata come non mai.
Cammino nervosamente avanti e indietro sul pavimento a scacchi dorato che mi ricorda le case dei Reali. Potrei riflettermi in esso, se solo guardassi più a fondo.
«Avanti Grace, pensa», borbotto, portando una mano alla fronte.
Perché Jude tiene così tanto alla mia sanità mentale e fisica? Perché non chiudermi a chiave qui dentro? A cosa è dovuta tutta questa fiducia che lui ha riposto in me?
Sprofondo sul letto, abbandonandomi ai pensieri. La testa mi fa male a causa dei troppi drammi che la invadono e le lacrime affiorano alle mie palpebre, vogliose di uscire fuori.
Dove sei, Jason?
JASON
Slaccio il papillon, lanciandolo sulla scrivania. Jax e George mi lasciano fare mentre aspettano inermi che io dica loro di fare qualcosa. Sferro un pugno violento sul tavolino, scheggiandolo appena. La piccola crepa nel vetro pregiato finirà per diventare una voragine se non la ritrovo.
«Cos'abbiamo, Jax?», chiedo per l'ennesima volta al mio uomo.
«È stata prelevata da casa sua alle venti e trenta ed è salita su una range rover nera con targa prova», schiarisce la voce, «non rintracciabile».
«Maledizione!», scaravento gli oggetti della scrivania a terra con una mano, «vaffanculo!», urlo furioso.
George socchiude gli occhi nel momento in cui il vetro del vaso esplode in mille piccoli pezzi a contatto con il pavimento. Jax rimane impassibile, come i bravi soldati durante un addestramento. Il sangue mi ribolle nelle vene: è tutta colpa mia. Rivolgo lo sguardo verso l'ufficio di Grace e il mio cuore perde un battito; è esattamente come l'aveva lasciato, tutto al suo posto. I tulipani freschi nel vaso giallo, il computer in standby, la sua sciarpa borgogna poggiata allo schienale della poltrona e la sua cancelleria tutta allineata e perfettamente in scala. Ogni fottutissima cosa mi ricorda di lei.
«Andiamo a casa sua, vediamo se c'è qualcosa che possa aiutarci», dico, imperativo.
«Ma ho già controllato, signore», mi interrompe Jax, pentendosene subito non appena incontra il mio sguardo infuocato.
L'appartamento di Grace profuma ancora di lei. Quel dannato profumo al cocco e alla vaniglia che per mesi ha mandato in pappa il mio cervello, mi ricorda ancora una volta che lei non è più qui, non ora. Passiamo a setaccio ogni stanza; i ragazzi si concentrano in cucina e nel salone mentre io mi dirigo a passo svelto nella camera da letto.
Anche qui il profumo di Grace sembra perseguitarmi; è tutto in ordine, perfetto. Sulla poltroncina posta all'angolo ci sono una serie di vestiti sparsi, un libro lasciato a metà sul comodino e le scarpe riposte in modo maniacale.
Mi siedo sul letto, portandomi la testa tra le mani. Mi sento sconfitto, impotente. Non riesco a trovare una via d'uscita. Il mio sguardo finisce su una manica di un maglioncino che sbuca da sotto il letto. L'afferro e lo porto al naso istintivamente. È il maglione grigio che Grace dimenticò nel mio ufficio il primo giorno in cui ci conoscemmo. Lo stringo forte, rischiando quasi di sgualcirlo.
«Questo lo porto con me», bisbiglio.
«Signore, nulla», dicono Jax e George all'unisono, comparendo nella camera.
Mi alzo di scatto, asciugando una lacrima che in preda all'angoscia non ha potuto evitare di scendere lungo la guancia.
Non mostrarti debole, Jason. Non puoi permettertelo.
«Convoca i miei genitori, Jax», impartisco il primo ordine, «e tu vieni con me», continuo, alludendo a George. «Abbiamo un'intera città da battere al setaccio».
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Fate or chance? #2
RomanceSi può davvero sfuggire al destino? Grace Johnson ha sognato per tutta la vita di poter lavorare per la White Enterprise. Ha studiato molto per farlo e una volta entrata nell'azienda, ha dovuto affrontare diverse difficoltà. Una su tutte: Claire St...