Cap.16 Il male

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T.W: LINGUAGGIO ESPLICITO, VIOLENZA FISICA.

JASON

Grace dorme beata al mio fianco. Mi soffermo con lo sguardo sui suoi tratti delicati; le accarezzo il viso dolcemente, curandomi di non svegliarla. Sembra una bimba. Una ciocca ribelle le sfiora le labbra, solleticandola. La soffia via delicatamente, mantenendo gli occhi chiusi e le labbra schiuse al punto giusto. Il rosa che le contorna mi ricorda lo zucchero filato. Dolce e irresistibile. Spengo il computer che ho tenuto sulle gambe per troppo tempo e mi avvicino maggiormente a lei, cingendola con un braccio. Sono esausto eppure non voglio chiudere gli occhi. Ho paura che se io lo facessi ora, lei scivolerebbe nuovamente via dalle mie mani. No, non lo voglio per nessuna ragione al mondo. Non me lo perdonerò mai; non mi perdonerò mai di aver abbassato così tanto la guardia, non mi perdonerò mai di averla corrotta con il nero della mia anima. Preferivo di gran lunga quando conosceva soltanto il grigio o il bianco. Perché ero sicuro delle mie mosse, perché ero sicuro di avere il controllo. Ora, c'è solo la paura. Paura che lei possa abbandonare il mio fianco, paura che io possa sprofondare nuovamente nella mia solitudine. Mi sono abituato. Mi sono abituato a ricevere amore. Le mie ferite si stanno pian piano chiudendo e questo è merito di Grace; lei è la mia cura. E se dovesse andare mai via, sarà anche il mio tormento e la mia malattia.

Ho intenzione di far visita a quella banda di coglioni tra qualche ora. Non sono ancora stati portati in carcere. Ho corrotto le guardie affinché venissero portati in un luogo sicuro, lontano da occhi indiscreti e a due passi da me. Sì, è sbagliato. Mi sono sempre distinto da Jude per il fatto che tra i due io preferissi la parte giusta, la legge. Tuttavia, questo non può essere il caso. L'ha fatta troppo grossa e voglio che se lo ricordi. Per fortuna, Elly darà una mano a Grace in questi giorni di convalescenza. Non voglio darle ulteriori pene ragion per cui le parlerò di quanto accaduto più in là. O forse non ne parlerò proprio. Valuterò.

IL MATTINO SEGUENTE

Scivolo via dal letto silenziosamente. Il display dell'orologio segna le cinque in punto; orario perfetto per alzarsi e per spaccare giusto due o tre facce di cazzo. Le mani prudono al solo pensiero che io possa finalmente avere la mia vendetta su Jude ma soprattutto su Ryan. Quel bastardo figlio di puttana mi deve due vite, non una. Indosso uno dei miei abiti più belli, mi sistemo proprio come se stessi per andare a lavoro e a piccoli passi raggiungo l'uscita.

«Dove scappi?», la sua voce impastata mi coglie in flagrante, costringendomi a bloccarmi sulla soglia.

«Affari, stronzetta. Torno più tardi, non preoccuparti», mi affretto a dire, cercando di risultare il più tranquillo possibile.

«Un bacio non lo merito?», i suoi occhietti faticano ad aprirsi. Ha un'espressione buffa dipinta sul volto. È così divertente vista da qui.

«Meriti tutti i baci del mondo», torno indietro, chinandomi su di lei. Le bacio la fronte delicatamente, rimbocco le coperte e le passo una mano sulla testa, accarezzandola.

«Ci vediamo dopo», mi soffermo a guardarla qualche secondo in più, «ti amo», concludo dolcemente.

Non mi risponde, si limita a sorridere soddisfatta mentre porta il lenzuolo fin sopra la testa. Che furba. Esco velocemente dalla camera e raggiungo Jax nel garage.

«Signore», china il capo in segno di saluto, aprendo la portiera della Brabus.

«Al posto, ora», sbatto la portiera energeticamente, provocando un rumore sordo che spacca i miei timpani.

Non ho le armi con me, non ne ho bisogno. Saranno ammanettati e disarmati. Sfrego le mani lungo i pantaloni, ingannando il tempo. Jax non proferisce parola consapevole forse del mio stato d'animo. Ho scelto uno degli abiti più belli che mi ritrovo nella cabina armadio. Voglio che il giorno della distruzione, per loro, equivalga al giorno più bello per me. E per farlo, ho bisogno dei miei abiti. Ho bisogno di sentirmi Jason White al cento per cento.

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