Cap.12 Die for you

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T.W: linguaggio esplicito, violenza, uso di armi, suicidio, droghe.

JASON

Irrompere in casa non è un'ottima idea. Ok, siamo armati. Ok, abbiamo i federali dalla nostra. Ma Jude è un criminale e in quanto tale, non si farebbe scrupoli nel fare male a Grace o a chiunque altro presente li. Ho incaricato Jax di risalire a uno degli uomini che l'hanno rapita, un certo Jonathan Bobby Snake. Il suo è uno pseudonimo ma tanto è bastato per rintracciarlo e scoprire anche il più piccolo particolare. È un mercenario, nessuno di così poi tanto fidato. Mi ritrovo seduto sul sedile posteriore della mia Mercedes Brabus, in attesa dell'uomo e di Grace. Ticchetto nervosamente l'indice sul ginocchio, sbottonando la camicia. Sembra di avere un cappio al collo.

«Signore, li vedo», sento Jax parlarmi nell'auricolare.

Mi precipito fuori dall'auto, appostandomi dietro l'albero che rappresenta il ritrovo concordato. Il cuore mi tamburella in petto in modo sconnesso: è lei, è lì. A due passi da me. L'ossigeno sta per tornare nei miei polmoni così come la vita sta per tornare nel mio corpo. È un mese ormai che non aspetto altro. Sto per riemergere dall'oltretomba.

Ho pensato per settimane a cosa avrei fatto una volta avuto Grace tra le braccia eppure, al momento, ho la mente vuota. Mi sembra di essere in un sogno. Un sogno bellissimo. La scorgo in lontananza, mentre cammina al fianco dell'uomo. È dimagrita molto, il suo viso è scavato e barcolla leggermente. Se le hanno toccato anche un solo centimetro di pelle, si ritroveranno a pregare in aramaico affinché io risparmi le loro vite. Lo giuro su Dio, finirò per spezzare tutte le duecent'otto ossa che si ritrovano in corpo con le mie cazzo di mani. Un moto di rabbia improvvisa attraversa il mio stomaco, portandomi a serrare le mani in due pugni.

È un attimo, è improvviso. Un rumore sordo squarcia il cielo, facendo volare via gli uccelli presenti sugli alberi. Uno sparo.

Un. Fottuto. Sparo.

Corro nella sua direzione, in preda al panico e alla paura. Non so nemmeno io con quale forza i miei piedi si stiano muovendo ora. Sento solo che ho bisogno di raggiungerla.

«Grace!», urlo in modo disumano, animalesco.

Le gambe le cedono, collassando al terreno. Cazzo. Cazzo. Cazzo.

Corro più velocemente, a perdifiato. Jax mi segue mantenendo il passo come può, le lacrime rigano il mio volto. Non ci posso credere, è tutta colpa mia. Solo mia.

«Grace, Grace», mi fiondo su di lei, abbracciandola.

Le lacrime scendono come un fiume in piena. Ha gli occhi gonfi e trema tutta.

«Potrebbero farti del male, scappa», bisbiglia, singhiozzando.

«Non vado da nessuna parte», le bacio la fronte, «dove sei ferita?», continuo, guardandola a fondo. I miei occhi umidi saettano su di lei, alla ricerca di uno squarcio da tamponare.

«Non io...», volge lo sguardo all'uomo al suo fianco, «lui».

L'uomo giace con il volto rivolto sul terreno e una pallottola conficcata nel cranio. Del sangue esce dalla sua bocca mentre gli occhi spalancati indicano che la vita ha ormai abbandonato il suo corpo. «Andiamo via da qui», sussurro al suo orecchio, stringendola maggiormente. «Torniamo a casa», l'afferro tra le braccia, portandola al petto. Grace si lascia andare, leggera. Porta le mani attorno al mio collo e poggia la testa nell'incavo tra la spalla e il collo.

«Ehi ehi», sento qualcuno urlarmi alle spalle, «dove credi di andare, topolino?»

Mi immobilizzo. Non so se sia armato o se qualcuno circonda l'area. Jax è qualche metro più in là, con la pistola stretta tra le mani.

Fate or chance? #2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora