JASON
Claire ha lasciato l'ufficio prima che io potessi effettivamente parlarle a quattr'occhi. Ho chiesto a Jax di seguirla senza attirare l'attenzione tuttavia, dubito che sia così sciocca da non aver preso le giuste precauzioni. Sa che sono una bomba a orologeria, potrei esplodere in qualsiasi momento. E Dio mi fulmini se non riverserò tutta la mia cazzo di ira su quella viscida stronza. Ho incaricato George di occuparsi un po' della gestione dell'azienda dato che con la testa ci sono ma non troppo. Mi fido di lui, ormai. E nonostante sia un po' sui generis a volte, è un ragazzo dal cuore d'oro. Non voglio rischiare di fare qualcosa di cui potrei presto o tardi pentirmi; Grace non me lo perdonerebbe mai.
Entro in casa, trascinandomi verso il bagno. Ho bisogno di una doccia e spero proprio che il getto d'acqua lavi via il senso d'angoscia e la preoccupazione che animano la mia mente. Ho perso il conto dei giorni, ormai. Quante settimane sono passate? La lunghezza della barba sembra volermi suggerire che sono troppe. Decisamente troppe. La sua mancanza mi mozza il respiro, trafiggendomi i polmoni e lasciandomi esamine al suolo. Sono vuoto, privo di qualsiasi emozione positiva. Se non fosse che devo salvarla, probabilmente, mi sarei abbandonato all'idea che vivere è forse troppo sopravvalutato. Le ho tolto tutto. Ed è solo colpa mia. Dopo questo, non avrà nessun motivo per credere nella bontà dell'essere umano, proprio come non lo facevo io prima di conoscerla. L'ho contaminata con lo sporco della mia anima. Le ho rubato la felicità, la spensieratezza, la gentilezza d'animo, la purezza. È solo colpa mia, cazzo. Jude non ci sarebbe mai arrivato se IO non gliel'avessi servita così su un piatto d'argento.
Scavo a fondo nella mia pelle, conficcando le unghie in essa. Urlo, disperato, mentre mi lascio andare in un pianto liberatorio. Non ho mai pianto prima d'ora. Mai. Rivoli di sangue si mischiano al bagnoschiuma, ricordandomi che sono umano anche io.
"You bleed just to know you're alive" cantavano i Go Go Dolls, ed è così fottutamente vero.
I piedi sono impregnati del cremisi del mio liquido. Probabilmente domani avrò i segni lungo tutta la schiena. Ed è giusto così. La sofferenza fisica rappresenta un quarto del dolore che mi sta attraversando da quando Grace mi è stata ingiustamente portata via. Più forte è il dolore del corpo, meno possibilità ha la mente di infliggerne altro. Un dolore per un dolore.
Poggio la testa alle piastrelle del bagno, sbattendo un pugno su di esse. L'acqua bollente continua a scendere lungo la mia pelle, provocandomi fitte acute e doloranti quando incontra le ferite aperte che mi sono appena provocato. Le lacrime scendono come se non potessero fare altro se non questo: non le reprimo, le accolgo, le lecco via. Scivolo sul pavimento della doccia, chiudendo gli occhi. La vedo lì, sorridente, mentre entra nell'ufficio con in mano il caffè che tanto ama, fasciata nel suo abito in lana. Posso sentire il profumo della sua pelle, il suono armonioso della sua risata, il modo buffo con cui mi saluta ogni volta. Sorrido appena. È perfetta al punto tale che potrebbe spalancare le porte del Paradiso lei stessa. Mi prostrerei ai suoi piedi, se potessi farlo; la venererei come solo un uomo devoto farebbe con la propria divinità. Berrei l'acqua da lei, solo ed esclusivamente da lei, perché è tutto ciò che mi tiene in vita.
Morirei per lei, ucciderei per lei, brucerei il mondo per lei.
La suoneria del mio telefono mi fa rinsavire, scacciando dalla mente quel ricordo troppo nitido di Grace. Chiudo l'acqua della doccia e mi fiondo fuori, arrotolandomi una tovaglia in vita. È uno sconosciuto che sta chiamando. Ho il cuore che mi si è conficcato dritto in gola.
«Pronto», rispondo deciso, pronto a qualsiasi evenienza.
Dall'altra parte non sento nulla se non dei leggeri respiri in sottofondo.
«Grace, sei tu?», chiedo con tono quasi spezzato in due.
Dio, ti prego. Fa che non le abbiano fatto nulla.
«Sì, sono io», il suo tono di voce è udibile appena, «ho rubato un telefono e non posso parlare per molto tempo», continua, tremante.
Riacquisto subito lucidità. Non posso permettermi il lusso di perdere altro tempo.
«Ti ascolto»
«Mi tengono prigioniera in una villa nascosta tra gli alberi, ha una fontana enorme posta al centro del giardino e delle guardie sorvegliano l'entrata. Loro fanno avanti e indietro, non sono sempre qui. Sto bene, non mi hanno toccata», dice tutto d'un fiato, «rintraccia Elly, è lei l'unica di cui mi fido qui dentro. Ti dirà di più».
«Grace io...»
«No, non ora. Me lo dirai di persona. Devo chiudere, stanno arrivando».
Il tu tu tu sostituisce la sua voce. Porto il telefono al petto, sconfortato ed esausto. Mi è sembrato di aver corso per tutto il minuto trascorso nell'ascoltare le sue parole. Ha confermato che si trovano nella casa vacanze, proprio come sospettavo. So che lei sa. È stata fin troppo dettagliata nella descrizione. Il mio dubbio però è uno solo: chi è Elly?
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Fate or chance? #2
RomanceSi può davvero sfuggire al destino? Grace Johnson ha sognato per tutta la vita di poter lavorare per la White Enterprise. Ha studiato molto per farlo e una volta entrata nell'azienda, ha dovuto affrontare diverse difficoltà. Una su tutte: Claire St...