Lauren Jauregui è una affermata pugile statunitense con origini cubane, alla soglia dei suoi 26 anni ha già acquisito numerosi titoli nella categoria pesi medi ed è riuscita a girare il mondo disputando più di 50 match. La passione per la boxe l'ha...
Lauren's Pov: Le voci provenienti dagli spalti riecheggiavano nel mio spogliatoio ,rindontanti e cariche di foga. Mi sentivo come una bestia in gabbia,sul punto di essere liberata per lottare con un gladiatore. Avvertivo ogni muscolo del mio corpo contrarsi ad ogni minimo respiro, l'adrenalina che mi scorreva nelle vene mi faceva comprendere di essere viva,viva per davvero.
Per tutta la vita avevo avvertito di essere viva per metà,come se ogni cosa che vivessi non avesse mai la giusta intensità,la giusta carica. Avvertivo come se gli eventi mi scivolassero addosso e io rimanessi inerme a guardare. Era stato così da sempre,fino a che avevo messo piede su un ring. Conoscevo bene il mio corpo oramai,sapevo esattamente come reagiva alla adrenalina e all'ansia. Avvertivo milioni di pizzichi all'altezza delle gambe,come se mi spingessero a saltare più in alto possibile. Tutto ciò era la mia benzina.
Sapevo quanto la mia avversaria fosse forte, avevo visto alcuni dei suoi match disputati l'anno precedente. Era scaltra,veloce e soprattutto molto tecnica. Portava colpi perfetti,ma ero sicura questo non le sarebbe bastato. L'avrei sconfitta in patria,nella sua casa: avrebbe subito la vergogna dei suoi concittadini. Il pubblico acclamava il mio nome dall'esterno,li sentivo,pronti a vedere in azione il giaguaro del ring. "Jaguar! Jaguar! Jaguar" strepitavano a gran voce. Uscii dallo spogliatoio e percorsi il breve corridoio,fino a posizionarmi di fronte al cancello sbarrato,sottostante gli spalti. La struttura in questione aveva la forma di un anfiteatro al cui centro era situato il ring rosso e nero,nella parte circostante gli spalti. Io e la mia avversaria saremmo apparse dalle porte sottostanti il pubblico,proprio come se fossimo nell'antica Roma e da lì a poco ci fosse un duello.
Avevo infilato il mio solito completino bianco e avevo indosso un accappatoio che mi copriva parzialmente il capo,ora chino. Era una veste di raso bianco con delle scritte argento. I guantoni bianchi erano stati stretti da Fred,il mio preparatore atletico nei match. Avvertivo l'adrenalina mangiarmi lo stomaco,divorarmi dalle punte dei piedi fino all'ultimo capello. I capelli corvini erano stati stretti in due trecce sul capo. "Apri la bocca" mi ordinò Fred, posizionandomi il paradenti trasparente tra le fauci. Lo strinsi con i denti per abituarmi alla sensazione,in pochi secondi sentii la familiarità di quell'oggetto impossessarsi di me. Scrocchiai il collo da una parte all'altra e feci scontrare tra loro i guantoni. Avvertii una voce metallica dall'esterno avvisare riguardo l'inizio del match."Che lo spettacolo abbia inizio..." sussurrai e il portone dinnanzi a me si aprì,rivelando le urla sfegatate dei tifosi.
Una luce bianca mi accecò e le voci dei presenti mi stordirono notevolmente. Urlavano a gran voce il mio nome, la tribuna era stracolma di persone con una grande J disegnata sulle guance. Era il mio simbolo,il mio marchio,era la mia gente e non li avrei delusi per nulla al mondo. Alzai lo sguardo, dopo essermi abituata alla luce, e vidi in prima fila una silhouette fin troppo nota. La latina indossava una maglietta bianca arrotolata in vita e dei pantaloni semi-eleganti rossi,ai piedi dei tacchi aperti. I capelli le ricadevano lungo la schiena,mossi e folti e le orecchie erano state impreziosite da due grandi cerchi dorati. Non riuscivo a vedere bene il suo volto da quella distanza ma la vidi scambiarmi un sorriso timido, a cui ricambiai con un semplice cenno con il capo.
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