54 . Bimbo-geco

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Natasha aveva detto il vero: qualcuno stava creando scompiglio in palestra.
Liberò un paio di sbadigli mentre camminava sul vialetto per raggiungerla e superò la tentazione di stramazzarsi sul prato, sotto il sole che martellava su qualsiasi superficie scoperta. Si spinse contro la porta d'ingresso e notò subito una macchiolina che scalava una parete da arrampicata nuova di zecca. Vedere Jay-Jay aggrappato alle sporgenze come una lucertola, sospeso a quattro metri da terra, la pietrificò sul posto. Come se non bastasse, Wanda e Sam erano proprio sotto di lui e lo incitavano a salire ancora più in alto. Sembrava un allenamento e non era sicura che le piacesse. Se Jay-Jay veniva allenato, significava che da un momento all'altro si sarebbe esposto in pubblico, avrebbe attirato l'attenzione di qualcuno e che prima o poi sarebbe venuto con loro in missione.
Quando egli la vide, iniziò a chiamarla a gran voce: "Guarda! Guarda! Sono un geco! Sono Jecko!". A quel punto scivolò con un piede e precipitò verso il pavimento. La corda lo fece rimbalzare a mezz'aria. Seguirono un urletto e una risata fragrante. Astrid, che era corsa giù dalle scale, cercò la parete liscia per riprendersi dallo spavento.
Tony apparve dietro l'angolo, logorroico come sempre. Era voltato di schiena, gesticolava, si stava pavoneggiando per un qualche merito. A suo seguito, l'agente Romanoff lo ascoltava a tratti e misurava il suo ego a spanne.
La camminava fu interrotta dallo scontro con un corpo caldo.

-Ehi...! - gli occhi maliardi fecero su e giù tra le ciglia lunghe e fitte, come a volersi saziare della figura dinanzi - Ora sì che è un buongiorno.

Astrid annusò una sferzata armonica dello stesso profumo che aveva conosciuto al Gala, accompagnato da una scia di dopobarba. Tony doveva essersi ridefinito il pizzetto da poche ore. Gli sorrise appena, la voce le si incastrò in gola, ancora travolta dalla trottola emozionale. Di sentì addosso un'occhiata torva di Samuel, subito dopo lo stupore turbato di Natasha. Wanda si voltò attirata dall'atmosfera sospesa. Tony la tratteneva dai gomiti e non intendeva lasciarla, quindi Astrid dovette scollarsi da sola e lui non sembrò nemmeno accorgersi della situazione ambigua che era venuta a crearsi. Fece segno alla sagoma che ciondolava appesa ad un elastico. Gli era bastato un attimo per inquadrare Jay-Jay. Astrid era piuttosto sicura che non stava facendo nulla per il bambino, quanto piuttosto stesse cercando di fare colpo su di lei, attraverso il bambino.

-Allora? Cosa ne pensi?

-Che non è un Avenger.

-Per ora no.

-Non incoraggiarlo.

-Non c'è bisogno, fa tutto da solo.

-Voglio uno sparapastelli! - esclamò Jay-Jay che si spingeva e si allungava sulle sporgenze colorate facendola sembrare la cosa più facile del mondo.

-Non avrà uno sparapastelli. - dichiarò Astrid.

-Certo che no! Quale razza di supereroe ha uno sparapastelli?

-Jecko ce l'ha! - rispose una vocetta grintosa scivolando verso il basso in picchiata.

Tony fece una faccia come a dire "Visto?". Sorseggiava del caffé da una tazza argentata. Si appoggiò col sedere su un paio di cassoni, passò due dita su un pannello olografico, totalmente indisturbato dall'opposizione che stava ricevendo. La linea ondulata delle sue braccia tornite era sottolineata da una maglietta dei Black Sabbath che aveva adottato la prima volta che si erano presentati.

-Sono seria.

-Riposo, Tenente. È solo un gioco.

Astrid ruminò sull'appellativo. Appuntò i pugni alle anche, ma invece di dar voce ad un rimprovero, nell'atteggiamento di un uomo vissuto e fintamente ponderato che la canzonava come fosse una bambina o una mamma ansiosa, colse un impercettibile ghigno marpione, una trappola che la distrasse fastidiosamente.

Nebbia E Tenebre | MARVEL ❷Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora