12 . Confini sottili

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Circa un quarto del soffitto era traforato come un ricamo di pizzo. Lo scheletro di metallo dell'edificio era in bella vista come quello di un cadavere. Da esso pendevano frammenti di copertone inumiditi, cavi, tubature e liane di edere secche. Qualche uccello tardivo entrava ed usciva sbattendo le ali nel cielo livido. Nella sezione più buia della stanza, una corda di luce bucava l'oscurità dritta come una spada e andava a pungere una mattonella che un tempo sosteneva le suole degli spettatori con la sua superficie perlacea. Ora era tutt'uno con la fanghiglia e gli accumuli di foglie marce.

La polvere fluttuava nell'aria formando sciami di puntini che danzavano attorno alla luce. Riflettendola, creavano fini tende opache appese a fili invisibili. I tessuti delle poltrone erano ricoperti da una soffice patina grigia che con un dito si poteva ammassare in batuffoli. Alcune poltrone erano state sventrate, l'imbottitura disseminata sul pavimento.

L'ampio telo del palcoscenico era incollato alla parete dai quattro lembi, squarciato in mezzo come un foglio di carta e si reggeva in piedi quasi per sbaglio.

Astrid si svegliò con disappunto avvolta nella sua coperta e rannicchiata su una delle poltrone come un animale randagio. Con un sussulto, si portò la mano sul ventre: qualcosa di secco e appuntito la pungeva sotto il maglione. La sua mano corse a stringere un rametto. L'aveva inserito sotto l'elastico dei pantaloni per non perderlo e nel sonno era scivolato fuori. Se il suo spostamento dalla cella non fosse stata una testimonianza abbastanza palese, quel rametto poteva confermare che ciò che aveva fatto la notte prima era successo veramente.

Tra i tanti frammenti perduti di sé stessa, quello era il primo ad aver riconquistato.
Ora doveva decidere il da farsi. Aveva racimolato molte informazioni interessanti, ma da sola non sapeva cosa farsene. Il suo amico aveva ragione: doveva tornare a casa.
Il suo pensiero andò a Jay-Jay e a Omar. Erano stati così gentili con lei, anche se un po' bruschi. Li avrebbe salutati e ringraziati prima di andarsene. Piegò la coperta e fece per avviarsi verso il portone in cui l'avevano costretta ad entrare. Si sentì fortunata quando sentì un borbottio venirle incontro. Riconobbe la voce di Omar e preparò un sorriso. Apparve dall'altra parte dello stabile affiancato ad una donna.
Entrambi imbracciavano un fucile.
Astrid li salutò ingenuamente con la mano.

-Eccola!

Un proiettile colpì un bracciolo della poltrona vicino a lei. Si abbassò nella fila scanzandone un altro che rimbalzò con un rumore metallico e un fischio. Gattonò tra la sporcizia, ma mentre si allontanava un altro proiettile le si conficcò in mezzo alla schiena. Si alzò in piedi.

-Ahia! - esclamò lei toccandosi il punto dolorante. Adesso il maglione aveva un buco. La donna che aveva lineamenti asiatici spalancò gli occhi dal terrore, poi cominciò a sparare a raffica, una pallottola dietro l'altra. Astrid le prese tutte coprendosi il viso con un braccio, voltandosi di fianco. Quando la cartuccia fu scarica, la donna iniziò a camminare all'indietro risalendo i gradini.

-No, no, no, no! Non uccidermi come hai ucciso con quei soldati... - si gettò a terra, in ginocchio. Iniziò a piangere. - Ti prego, sono giovane, non voglio morire bruciata viva.

Astrid si sentì disorientata. Aveva capito perché tutti la temevano così tanto. Non era forse perché aveva ucciso qualcuno in modo cuento e spietato? Oh, no... Questo non era da buoni, questo non era neanche lontanamente qualcosa di ragionevole da ricondurre alla propria condotta. Ecco, nonostante le accezioni positive che aveva trovato per sé stessa in quelle poche ore in cui aveva ripreso a vivere, questo non le piaceva affatto, rovinava tutto. Inoltre, era talmente distante dalla percezione che aveva di sé stessa che dal fondo del proprio cuore si espanse una nuova e prorompente emozione di ripugnanza per il proprio nome, per il proprio corpo, per le proprie mani, per propri poteri, per l'immagine che probabilmente tutto il mondo aveva di lei. Era un'assassina. Aveva ucciso degli uomini. Li aveva bruciati vivi. Com'era stato possibile? In che circostanza? A tutti i costi trovare una motivazione alle proprie azioni, doveva esserci per forza una giustificazione. Ma quale giustificazione avrebbe potuto coprire un peccato così grande?
Sentì il terreno cederle sotto i piedi.

Nebbia E Tenebre | MARVEL ❷Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora