Del vento attraversava le inferriate di una finestra troppo piccola per essere oltrepassata. Un fascio di luce fredda e debole si stendeva sulla parete opposta. Ogni tanto veniva offuscata dal passaggio di un cane randagio che con le sue zampe faceva crollare un po' di terra e sassi dall'apertura.
Astrid si era raggomitolata nell'angolo più distante dall'entrata, immobile, ascoltava tutti i borbottii e i passi nei corridoi. Proseguì un silenzio frustrante per atroci lunghissimi minuti. Nel suo stomaco si era aperta una voragine: i crampi della fame non la volevano abbandonare.
-Ehilà?
Eccolo. Era Jay-Jay. Poteva fidarsi di lui? Era colpa sua se si trovava dentro quella cella. L'aveva attirata lì apposta, per portarla nelle mani di persone non raccomandabili. Tuttavia, doveva ammettere che da quando si era svegliata, il mondo aveva iniziato a implodere e prenderla di mira. Forse era lei il problema.
-Stai bene?
Stava bene? Non aveva male da nessuna parte, però si sentiva frastornata.
-Sei arrabbiata con me?
Era arrabbiata con lui? Dovette inspirare profondamente per cacciare un bocciolo di rancore che si era schiuso nel fondo della cassa toracica. Alzò gli occhi al cielo annoiata.
-Qualcuno verrà a portarti da mangiare, te lo prometto. - continuò il ragazzino. Si prese una pausa. Forse si sedette perché sentì le scarpe struciare sulla sabbiolina che copriva il pavimento. Lo sentì sospirare. - Mi dispiace. - disse Jay-Jay con una voce incupita - Ho provato a convincerli, ma loro non si fidano di te.
-Perché? - chiese Astrid stufa di non sapere niente, stufa di essere al centro di un ciclone di offese che non conosceva - Che cosa ho fatto?
-A loro non piacciono quelli con i superpoteri.
-Superpoteri. - ripeté Astrid, cercando di risalire dal suo ristrettissimo archivio a quali abilità particolare potesse riferirsi con quel termine.
-Sai... Volare, sollevare macchine, incendiare le cose con la mente, lanciare saette, diventare giganti e spaccare tutto... Cose così.
-Hanno paura? - chiese, ma quello che volle intendere era: ho fatto loro del male?
-È che non si fidano di quelli come te. Non so perché. E poi tu sei alleata con Loki.
-Loki?
-Ti ricordi quanto ti ho detto che mi sono unito ad un gruppo di tizi che si vestivano in modo fico?
Jay-Jay le raccontò che il giorno in cui Astrid si era presa una pallottola al posto suo, uno scienziato pazzo aveva raso al suolo il suo stesso laboratorio con i seguaci di Loki al loro interno. Poi aveva fatto caricare lei e il Dio su una macchina e lui si era chiuso nel cofano. Gli Avengers erano arrivati subito dopo per soccorrerla.
-Chi sono gli Avengers? - domandò lei con genuina curiosità.
-Sono i tuoi compagni di squadra. Sono i tuoi amici. Che peccato che non ti ricordi più nemmeno di loro! - rispose lui con tono ovvio.
Piena di tristezza, Astrid si rannicchiò di più nel silenzio. Pensò all'uomo biondo che l'aveva chiamata per nome nell'ospedale e si sentì ancora più piccola e abbandonata. Aveva gli occhi appiccicosi e il sonno la fece sbadigliare. Avrebbe voluto dormire e svegliarsi fuori da quell'incubo.
-Ti hanno dato un sonnifero. - informò il bambino reagendo allo sbadiglio con uno sbadiglio.
-Lo sento... - fece lei stiracchiandosi - Ne hanno ancora molto?
-Qualche cassa, credo.
Tra i due interlocutori calò il silenzio.
Perché quella gente possedeva del sonnifero? E perché ne conservava così tanto? E perché era così potente da stenderla, quando le armi della polizia che l'aveva assalita per strada non le avevano fatto un graffio?
Polizia... Polizia... Un altro bagliore nei ricordi sfocati.
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Nebbia E Tenebre | MARVEL ❷
FanfictionPer ogni conquista c'è un prezzo da pagare. L'antidoto che doveva assicurare la vita ad Astrid l'ha fatta crollare in un coma da cui si è risvegliata senza memoria e con nuovi poteri da esplorare. Nel tentativo di ristabilire i legami con i suo...